Intervista a Tony Màzzaro, da 46 anni collaboratore del Corriere d’Italia
Tony Màzzaro ha iniziato la sua avventura in Germania circa 50 anni fa. Per oltre 40 anni ogni sera ha moderato sulla Süddeutsche Rundfunk un programma radiofonico fornendo notizie importanti agli italiani sugli avvenimenti sia dall’Italia, sia dalla Germania e dal 1976 è diventato un collaboratore attivo del Corriere d’Italia. In tutti questi anni Màzzaro ha scritto per il nostro giornale molti articoli su temi di politica, sport, musica, scuola, lavoro cultura e società. La sua attività non si è fermata solo al giornalismo, ma si è impegnato molto anche per gli italiani del Baden Württemberg e in generale per gli italiani in Germania, proponendo tramite l’Istituto Ial-Cisl, corsi di recupero per le licenze elementare e media, promovendo l’inserimento scolastico in Germania e favorendo l’integrazione. Inoltre si è occupato dei problemi dei detenuti così come anche della diffusione dell’apprendimento della lingua e cultura italiana nelle scuole tedesche. Dal 2015 è stato eletto membro del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (Cgie) presso il Ministero degli Affari Esteri e per la Cooperazione internazionale.
Sono ormai 46 anni che fai parte del nostro giornale. Come è iniziata la tua avventura al Corriere d’Italia?
Se non fosse stato per l’insistenza di Padre Corrado Mosna, recentemente scomparso, forse non avrei mai lasciato traccia scritta del molteplice impegno della collettività italiana nel Baden-Württemberg. Le Missioni cattoliche, associazioni nazionali (ACLI, Filef, Faieg, Unaie, Fernando Santi, Comitato Tricolore nel mondo), partiti politici italiani (PCI, DC, PSI, MSI), associazioni genitori, patronati, enti professionali e squadre di calcio costituivano un crogiuolo di attività e di incontri settimanali. Secondo Padre Corrado, questa ricchezza di attori e di iniziative doveva trovare assolutamente spazio nel Corriere. Per cui accolsi la sua insistente richiesta, limitando inizialmente la mia collaborazione allo sport.
I primi articoli scritti per il Corriere d’Italia riguardavano lo sport e un tema importante per molti italiani allora era il calcio. Se non erro all’epoca c’erano circa un centinaio di squadre di calcio italiane nei diversi Länder, e tu con la tua bravura informavi sia tramite radio sia tramite il nostro giornale, settimanalmente gli italiani sui risultati delle varie partite. Cosa ricordi di quei tempi?
Allora l’emigrazione italiana era costituita prevalentemente da uomini. La passione innata era il calcio, sia attivo che passivo. Nella sola circoscrizione consolare di Stoccarda si contavano ben 117 squadre di calcio regolarmente affiliate alla Württembergische Fußballverband. Esse erano ripartite in 8 gironi: 2 di Serie A e 6 di B. Il Campionato iniziava in settembre e terminava in giugno. L’attività di campionato era integrata dalle partite di qualificazione della Coppa Italia, disputate nella sosta del campionato (Defunti e pausa invernale gennaio/febbraio). La finale, veramente una grande festa italiana, si disputava allo Stadio Festwiese dei Kickers di Stoccarda. Alla compagine vincitrice andava la Coppa del Presidente e alla perdente quella del Console Generale, nonché palloni e medaglie ricordo. Veramente una bella festa all’insegna dell’italianità. Il calcio nostrano era dunque veramente competitivo sia sul piano della qualità tecnica dei giocatori che della dirigenza delle singole squadre. Ogni domenica si disputavano 55/56 partite su altrettanti campi, in località anche molte lontane. Tutto ciò era possibile grazie ai soci e a qualche sponsorizzazione di banche e di concessionarie automobilistiche. Per fare cassa, a Natale e a Capodanno si organizzavano feste; e a Pentecoste si facevano tornei che, per il nostro numeroso pubblico, erano occasione d’incontro di parenti ed amici, residenti in altre località tedesche. Vi era un vero senso di appartenenza. Avversari in campo ma amici e parenti fuori.
All’infuori dei temi riguardanti lo sport ti sei occupato anche delle problematiche dei detenuti italiani nelle carceri tedesche. Quali erano i problemi dei detenuti e cosa è cambiato in tutti questi anni?
All’inizio del mio interessamento della realtà dei detenuti italiani in Germania i problemi più acuti erano: il basso grado di scolarità e la scarsa conoscenza della lingua tedesca. A questo, grazie ai contributi del nostro Ministero degli Esteri e alla sensibilità delle autorità italiane e tedesche, si è potuto intervenire in modo capillare organizzando corsi di recupero della licenza elementare e media con tedesco come lingua straniera nonché laboratorio per l’apprendimento dell’uso del computer. Una seconda questione importante era il fenomeno delle espulsioni. Ai detenuti, cui venivano comminate pene detentive superiori ai tre anni, si offriva la possibilità dell’espulsione dal territorio tedesco con un abbuono della metà pena subordinata all’obbligo di non metter più piede sul suolo tedesco per almeno 5 anni. Pur di non fare una sola ora in più in cella, quasi tutti accettavano. Purtroppo, dopo qualche mese di permanenza in Italia, la maggior parte faceva ritorno illegalmente in Germania. Per cui venivano riarrestati perché illegali e alla metà pena abbonata il giudice aggiungeva altri 12 mesi per violazione del divieto d’accesso in Germania. Questa prassi tedesca cozzava però contro il principio europeo del trattamento egualitario. Dal 2009 (cito a memoria) le espulsioni si sono ridotte ad uno sparuto numero (circa 50 all’anno) ed ovviamente le pene comminate vengono scontate regolarmente con gli stessi benefici o malefici riservati ai cittadini di passaporto tedesco.
Ti sei occupato anche dell’istruzione degli italiani emigrati che spesso in quegli anni arrivavano in Germania privi di formazione scolastica. In che modo hai potuto aiutare questi italiani?
La situazione di disagio scolastico descritta per i reclusi era lo specchio di quella registrata in fabbrica e nei cantieri. Di connazionali impiegati nel settore terziario ve ne erano pochi. Gli ostacoli erano la non conoscenza della lingua locale e il basso livello di istruzione di base. Per loro grazie all’Istituto IAL-CISL Germania si è riusciti ad organizzare corsi di recupero e, nei dintorni di Stoccarda, quando non si trovavano insegnanti, ho insegnato io stesso anche tedesco tecnico ai fini di un inserimento in corsi di formazione professionale locale, propedeutici al Gesellenbrief.
Secondo te l’emigrato di oggi ha ancora le stesse problematiche di allora?
No. Ovviamente nel corso del tempo le situazioni sono evolute. Oggi, a parte quei nuclei familiari che si spostano per estrema necessità, abbiamo un quadro meglio definito: una terza generazione tutto sommato tedescofona e una nuova generazione con un substrato scolastico più elevato. Infatti, la presenza di alunni italiani nelle scuole speciali (Förderschule) è sensibilmente diminuita. Di contro non si registra ancora quell’auspicato salto di qualità nelle cosiddette scuole più qualificanti Gymnasien e Realschulen. Di conseguenza questa carenza si riflette poi nelle Fachhochschulen e Università. Un altro aspetto insoddisfacente è il calo dell’apprendimento e studio dell’italiano. Nel Baden-Württemberg la domanda dell’italiano come terza lingua è ferma ad una 70ina di Gymnasien ed i corsi per figli di italiani sono poco più di 600, la metà di quelli attivi negli anni ’70 – ’90. Allora vi era però la forte prospettiva del rientro in Italia che oggi non c’è più. È invece in aumento l’offerta dell’italiano come materia opzionale in prescuola e scuola primaria.
Nel 2015 sei stato eletto membro del Cgie e come consigliere hai affrontato le varie problematiche degli italiani in Germania, tipo scuola, consolati, voto all’estero ecc… Che risultato hai ottenuto?
L’esperienza come Consigliere ha due facce. Si è lavorato moltissimo nelle Commissioni, ma i risultati messi a segno sono scarsi. Nel 2017 è stato depositato un Disegno di legge di riforma di Comites e Cgie, ma tutto è rimasto nei cassetti della politica con la P maiuscola; mentre a dicembre 2021 è stata celebrata in ibrido la IV Conferenza Permanente Stati-Regioni-Province Autonome e Cgie che non si celebrava da quasi 12 anni. La grande delusione, almeno mia, è stato il passaggio di gestione dei corsi per gli italiani all’estero dalla Direzione Generale dell’“Emigrazione” a quella del Sistema Paese che il 31 luglio 2020 in piena pandemia ha prodotto una nuova Circolare che ha creato molti problemi applicativi agli enti gestori/promotori. Ora questo importante capitolo di spesa di circa 14 milioni di euro è passato alla Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale, istituita nello scorso mese di gennaio che ha sì riveduto in parte ruolo, funzioni e amministrazione finanziaria ma ancora ricca di insidie tant’è che ha incassato il parere negativo del Cgie. Infine, a nulla sono valse le pressioni fatte sul parlamento per evitare l’opzione inversa per il rinnovo dei Comites, avvenuto il 3 dicembre scorso. Il risultato conseguito ha il sapore di una Caporetto. L’affluenza alle urne è stata dell’1,3%. Mi auguro che i neoeletti abbiano maggiore determinazione, ascolto e più fortuna di noi uscenti.
Cosa bisognerebbe fare ancora per migliorare la situazione degli italiani in Germania?
Aggregare quelle molteplici eccellenze nascoste. Noi italiani dovremmo imparare un po’ dagli amici turchi che stanno occupando ruoli anche di prestigio nella società ospitante. Un esempio per tutti è Cem Öezdemir dei Verdi (figlio di emigrati turchi residenti a Bad Cannstatt/Stoccarda). In questo governo federale guidato dal cancelliere Scholz, Öezdemir è Ministro federale dell’Agricoltura. Per conseguire maggiore visibilità anche la nostra terza generazione dovrebbe impegnarsi di più in tutti gli snodi scolastici, culturali, sociali e politici di questo grande paese che è la Germania. Se si vuol co-decidere è importante iniziare a scuola dalle rappresentanze di classe e dei genitori.
Hai qualche sogno nel cassetto?
Credo che ognuno di noi abbia un sogno nel cassetto non necessariamente legato alla propria persona. Innanzitutto, pace, salute, prosperità e democrazia. Sul piano sociale mi augurerei più Direttori di design, come Bruno Sacco alla Mercedes, più conduttori radio-televisivi alla Ingo Zamperoni, più allenatori di Prima Bundesliga come Bruno Labbadia e Rino Matarazzo,più calciatori come Daniel Caligiuri e Roberto Massimo, più politici alla Mario Capezzuto (Lorch/Schwäbisch Gmünd), Toni Vetrano (OB in Kehl/Strasburgo), Alfonso Fazio (capogruppo dei Verdi al Comune e Provincia di Waiblingen), più ballerini alla Roberta Di Laura (Stoccarda) ed Emanuele Corsiani (Berlino), più giudici come Alessandro Bellardita, medici, infermieri, avvocati, assistenti sociali, sindacalisti, ingegneri, attori ma anche imprenditori, gelatieri, ristoratori, ricercatori. Creare con loro una rete di collegamento. Un primo tentativo l’ha fatto Tommaso Conte, già Presidente Comites di Stoccarda, dando vita al Premio delle Eccellenze italiane operanti nel Baden-Württemberg, una manifestazione annuale organizzata col Consolato di Stoccarda. Chissà che un giorno si possa non solo cantare, mangiare e vestire all’italiana ma anche essere orgogliosi di conquiste sociali, economiche, politiche e culturali generate all’impegno delle nostre attuali e future generazioni in terra tedesca? Mi auguro che questo sogno, senza dubbio non solo mio, si avveri.