Nelle foto: Milan Club Fellbach.Foto di ©MCF

La passione calcistica non conosce confini. Essa nasce con i primi calci che si tirano da bambino. Con la crescita si accende la fiamma dell’appartenenza a colori sociali e ai propri idoli ai quali non si fanno sconti quando, per convenienza economico-finanziaria, cambiano casacca.

Questo fenomeno è stato molto forte fino agli inizi del XXI secolo. Chi non ricorda il rossonero Gianni Rivera, il neroazzurro Sandro Mazzola, il rossoblù Gigi Riva, il giallorosso Francesco Totti, il bianconero Alessandro Del Piero, il biancoceleste Beppe Signori, l’azzurro Diego Maradona e tanti altri compagni e successori sia di questi che di altri colori sociali. Tutte le società però restano in vita grazie ai propri sostenitori che, nel bene e nel male, sono il palpitante cuore di una associazione sportiva.

Che tristezza però quando per risse e invasioni di campo delle tifoserie i giocatori sono poi costretti a rientrare anzitempo negli spogliatoi e le volte successive a dover giocare magari a porte chiuse ovvero in uno stadio vuoto senza pubblico.

Purtroppo anche queste brutte esperienze fanno parte della vita del tifoso onesto che vuol veramente bene alla propria squadra. Fortunatamente esiste però anche una parte sana del tifo, fatta di trepidazione, incitamento, sostegno, applausi, cori e abbracci, dentro e fuori dallo stadio.

Un esempio è il Milan Club di Fellbach, cittadina di 40.000 abitanti, situata alle porte di Stoccarda.

Qui i 2.400 italiani hanno praticato fin dagli inizi degli Anni ’70 una sana competizione prima con la costituzione di ben tre squadre: Azzurri, Etna e Sud Italia che nell’allora campionato italiano locale erano considerate tre “squadroni”, e poi, strizzando un occhio alla Seria A, hanno fondato tre club: Milan, Inter e Juventus.

Mentre i nerazzurri e i bianconeri qualche anno fa hanno dovuto sacrificare le loro sedi di ritrovo per motivi finanziari, il Milan Club ha chiesto ed ottenuto ospitalità presso il Centro Culturale italiano che nella Schorndorfer Strasse 33 dispone di una grande sala, di una cucina, di un bar, due salette e di uno schermo gigante per seguire sia le partite del Milan che della Squadra Azzurra. È in questa location che nei giorni scorsi il Milan Club ha festeggiato il suo ventesimo anno di vita. Per questa straordinaria ricorrenza è giunto da Milano il Presidente degli 80 Milan Club, attivi in Italia e nel mondo. Con sé il presidente Giuseppe Munafò ha portato la grande Coppa dei Campioni conquistata nella finale tutta italiana a Old Trafford (Manchester) dal Milan di Carlo Ancelotti grazie al 3-2 ai rigori contro la Juventus di Marcello Lippi. Nella bacheca del Club rossonero figurano, come noto, ben 7 Coppe dei Campioni, 2 Coppe delle Coppe, 5 Supercoppe europee, 3 Coppe Intercontinentali (record) e una Coppa del mondo per club.

A queste Coppe internazionali si aggiungono 19 Scudetti e 5 Coppe Italia.

Questo ventesimo anno di vita del Milan Club di Fellbach per il presidente-fondatore Franco Santoro e per gli 80 soci è stata una serata indimenticabile.

Commozione c’è stata quando sullo schermo gigante sono state proiettate le sequenze dei momenti più salienti delle competizioni vinte dal Milan. Negli occhi si leggeva la passione e l’amore per la propria squadra del cuore. Il tutto nasce dalla voglia di recarsi in gruppo a San Siro. Così Santoro, milanista fin dall’età di 8 anni, convince i fratelli Maggiulli, Giovanni Cristaldi, Guglielmo Scandale, Giuseppe Serpa, i fratelli Ercole e Luigi Vergari, Antonio Gentile, Leonardo Pantisano e Vincenzo De Giovanni ad aggregarsi agli sfegatati rossoneri Biagio Baratta e al compianto Ezio Spallaccia, presidente-fondatore degli Azzurri Fellbach.

Ed è proprio grazie a Spallaccia che Santoro, per lunghi anni capitano degli Azzurri, riesce, per la prima volta nella sua vita, a varcare i cancelli di San Siro, tempio del grande calcio milanese. L’emozione – ci racconta – si trasformò in una delusione perché il suo Milan perse il derby per 1-0 con rete di Oriali. Era il 2 marzo del 1980.

Ma a parte questa prima esperienza, Santoro e compagni hanno vissuto e vivono tuttora momenti di gioia ma anche di rabbia e delusione. Tuttavia questo spiccato senso di aggregazione serve molto ancora oggi quando si tratta di aiutare i bisognosi. Grazie ad un gruppo di fedelissimi nel recente passato hanno raccolto e portato in zone terremotate furgoni stracolmi di beni di prima necessità; e ogni anno organizzano momenti d’incontro con la popolazione autoctona e mostre fotografiche volte a far conoscere usi e costumi della Calabria ed in particolare di Cariati, cittadina jonica della provincia di Cosenza da cui proviene una buona parte dei 2.400 connazionali di Fellbach.

Anche questa è promozione che s’inserisce a pieno titolo nel Turismo delle Radici, fortemente voluto dal nostro Ministero degli Affari Esteri e per la Cooperazione internazionale (MAECI).