Essere genitore all’estero, dove non si è nati, non è facile, inutile farsi illusioni.
Bisogna fare i conti con una lingua non familiare, con la lontananza dalle nostre figure di riferimento e dai nostri punti fissi.
Viene meno l’imitazione dei nostri stessi genitori, quando ci portavano dal panettiere o dal gelataio che li avevano e che ci avevano visti crescere. All’estero anche le pomate per i bambini o i pannolini hanno nomi esotici.
Ci si trova a volte soli e spaesati in balia degli eventi e senza trovare la forza per reagire. Per fortuna non per tutti è così, ma spesso lo è.
Questa fotografia non la vediamo solo all’estero ma anche in Italia. Nel 2024 è difficile trovare qualcuno che cresca dove è nato anche perché sempre più spesso il lavoro ti porta lontano.
Una cara amica mi chiese: “una volta ci voleva un villaggio per crescere un bambino Dove è il villaggio oggi?”. Non esiste più e siamo anche meno propensi a condividere e aiutare, ci siamo come inariditi.
Questo diventa un grosso problema per le mamme lavoratrici, le quali devono sacrificare la loro carriera per l’amore o diventare equilibriste del tempo per riuscire a dimostrare di essere indispensabili, brave nel proprio ruolo, mamme presenti e attente.
Ci si ritrova a girare il sugo mentre si è in una call e si dondola il passeggino del più piccolo. Non solo le mamme, anche i papà ma le statistiche ci confermano che le donne sono più penalizzate.
Tornare al lavoro è difficile a livello organizzativo. Non si può prevedere quando un figlio sta male, anzi quasi sicuramente, e quando hai una riunione importantissima. Le vacanze che non coincidono con le tue. Gli sport, la recita di classe, le visite mediche, i compiti dell’ultimo minuto e tutto questo inserito nel tuo tempo, che è sempre di 24h.
Piccolo spoiler: se facciamo figli e continuiamo a farli è perché quello che essi ci donano va oltre il lavoro, la stanchezza e il dolore.
Io penso sempre a quando sarò vecchia: le persone con cui ho lavorato non si ricorderanno dei miei straordinari o se non mi sono mai assentata ma i miei figli si, per questo è giusto parlarne e sensibilizzare chi non può capire la situazione semplicemente perché non la vive.
Ho deciso di iniziare questa intervista a Marta Novella con il mio punto di vista, perché questo mese, oltre a essere una giornalista sono una mamma e ho voluto che fosse quest’ultima a scrivere oggi.
Ciao Marta, tu vivi a Monaco di Baviera, lavori in Europa e sei italiana e mamma. Ovviamente come ogni persona sei molto di più di questo; mi dicono una splendida moglie, figlia, donna e un’amica eccezionale. Ma partiamo dall’essere mamma dato che questo mese si festeggia questa ricorrenza.
Ciao Valentina, innanzitutto grazie mille per le meravigliose parole! Sono davvero onorata di essere qui. Sei una fonte d’ispirazione per me. Sono quindi molto grata di condividere le esperienze di donne, madri ed expat.
Come è cambiata la tua vita a livello lavorativo da quando sei diventata mamma” E essere un’expat ha avuto un’influenza?
La mia vita lavorativa è stata profondamente trasformata dall’essere diventata mamma e dall’essere un’expat che ha sicuramente influito su questo cambiamento. Essere madre è stata la più grande svolta della mia vita, nonostante avessi vissuto in cinque Paesi diversi prima di stabilirmi a Monaco di Baviera. Viola (mia figlia) ha rivoluzionato tutti i miei piani, i miei equilibri e la mia identità. Prima di lei, dopo anni trascorsi all’estero, pensavo di aver compreso chi ero veramente. Tuttavia, la nascita di Viola è stata un punto di svolta totale. Ha rallentato e fermato la mia corsa incalzante nella vita. Viola mi ha fatto riscoprire il valore del momento presente, con le sue piccole scoperte quotidiane. I suoi sorrisi rivolti agli uccelli e ai cani, il desiderio di avermi al suo fianco mentre toccava la sabbia scivolandole tra le dita, mi hanno ricordato che, nonostante la società ci spinga verso standard rigidi e ritmi frenetici, l’essenziale è vivere il momento presente. Al momento di tornare al lavoro dopo la maternità, ho sentito l’impossibilità di semplicemente “adattarmi a un lavoro” e reprimere la mia nuova identità entro i confini di una descrizione lavorativa standard. Mi sono posta domande profonde: cosa mi ha insegnato il mio percorso di vita e cosa posso offrire al mondo con le mie conoscenze e competenze acquisite? Trovare una risposta non è stato semplice. Ci sono voluti lunghi brainstorming estivi, scambi di idee e lavagne piene di pensieri come “chi sono”, “cosa posso offrire” e “cosa mi piace fare” prima di trovare la mia strada. Ero alla ricerca di ciò che i giapponesi chiamano “Ikigai”: la perfetta intersezione tra ciò che ami, ciò in cui sei bravo, ciò per cui puoi essere pagato e ciò di cui il mondo ha bisogno. Non era una risposta facile da trovare, specialmente considerando il poco tempo libero di cui disponevo come neomamma. Dopo molta pazienza, introspezione e conversazioni, ho deciso di ricominciare da zero, seguendo la mia vera essenza. Ho integrato tutti gli insegnamenti, i valori e le capacità che volevo condividere con gli altri e ho deciso di lanciare la mia attività di coach, formatore e consulente per le risorse umane. Oggi lavoro forse un po’ meno a livello di quantità, ma con maggiore qualità, gestendo autonomamente i miei orari, i miei clienti e i miei collaboratori. È stato facile? Assolutamente no. Tuttavia, sento di aver trovato un lavoro che mi dà una vera ragione di esistere.
Abbiamo letto che stai organizzando un evento per mamme “let it bloom” insieme ad Alessandra Azzolin. Come vi è nata questa idea e in cosa consiste?
Con Alessandra ci siamo incontrate grazie al suo interessantissimo blog “The Italian Pot”, dedicato alle genitorialità a Monaco di Baviera. È stato tutto un caso: abbiamo scoperto di provenire da due piccole città del Veneto, distanti solo pochi chilometri. Oltre alla nostra origine comune, condividiamo molti altri elementi: entrambe facciamo parte di coppie miste (il marito di Alessandra è spagnolo, il mio tedesco), amiamo l’ironia e affrontiamo la vita con uno spirito critico. Nel corso del tempo abbiamo condiviso pensieri, idee e, soprattutto dopo che sono diventata madre, anche le sfide della maternità, qui a Monaco di Baviera. Ci siamo rese conto di quanto possa essere difficile, talvolta, sentirsi smarrite e sole quando si è lontane dal proprio contesto abituale e senza sapere a chi rivolgersi per chiedere aiuto. Questa situazione però non è tipica solo della maternità. Tutte noi abbiamo vissuto momenti altamente difficili, tra lavoro e vita privata, che ci hanno disorientate e che abbiamo bisogno di rileggere per trovare, possibilmente non da sole, una nuova direzione. Da qui nasce l’idea di “Let it Bloom”: vogliamo creare uno spazio di condivisione tra donne che stanno affrontando periodi di cambiamento nella loro vita, che sia una nuova carriera, il ritorno al lavoro dopo la maternità o un trasferimento all’estero. Questo evento è pensato per aiutare ognuna a riscoprire il proprio potenziale, ma non da sole. Desideriamo riattivare questo potenziale insieme. L’obiettivo di “Let it Bloom” è creare un ambiente sicuro e inclusivo in cui: • A livello individuale: offriamo strumenti concreti di coaching per aiutare ogni partecipante a riscoprire sé stessa e a integrare nuove pratiche nel proprio quotidiano. • A livello di gruppo: vogliamo che le partecipanti siano protagoniste. Oltre alla teoria, incoraggeremo le donne a confrontarsi tra loro e a trarre ispirazione e forza dagli altri partecipanti, scoprendo nuovi punti di forza e prospettive. • A livello comunitario: miriamo a creare le basi per una comunità di supporto tra donne, in cui possiamo sostenere e ispirare reciprocamente. Crediamo molto nella potenzialità di questo evento nel creare uno spazio sicuro, rispettoso, solidale e di vera fioritura tra donne con situazioni di vita diverse ma non per questo necessariamente distanti.
Ci hai detto che hai cambiato lavoro dopo la gravidanza. Ora di cosa ti occupi?
Dopo la gravidanza, ho preso una decisione importante: concentrarmi su ciò che veramente conta per me, ovvero creare un vero impatto con le persone, tenendo conto del fatto che il mio tempo a disposizione non era più lo stesso. Nonostante avessi avuto esperienze gratificanti sia in ambito corporate che in start-up, la nascita di mia figlia Viola è stata una svolta significativa. Questo evento mi ha portato a molte realizzazioni e, volente o nolente, mi ha spinto a costruire ciò che in realtà era il mio sogno nel cassetto: la mia attività di coaching, training e consulenza per le risorse umane. Il coaching è per me un’opportunità di aiutare le persone ad allineare le proprie azioni alle proprie aspirazioni. Lo vedo come un processo che aiuta a riconoscere le proprie abilità e a integrarle nella propria realtà quotidiana, andando oltre le sessioni di coaching stesse. Il cambiamento è graduale ma costante, come un’onda che prende forza: trasforma la frustrazione in azione. Il coaching, se praticato con impegno, può ridurre l’ansia e aumentare la fiducia in sé stessi poiché spinge all’azione in modo sostenibile e graduale. La stagnazione iniziale si trasforma in entusiasmo. Man mano che cresco e fiorisco nel mio lavoro, non posso fare a meno di influenzare gli altri, incoraggiandoli a compiere cambiamenti personali. Non cerco la perfezione, ma voglio essere me stessa al cento per cento e cercare di avere un impatto positivo nella vita degli altri. Attraverso il coaching e il confronto attivo con persone provenienti da diversi contesti, mi sono resa conto che ognuno di noi ha un enorme potenziale, spesso limitato da strutture sociali, credenze familiari e bagagli di esperienze passate. È sempre emozionante per me ricevere i feedback dei miei coachee, specialmente quando mi raccontano che i percorsi di coaching che offro sono veri “game changer” e che possono affrontare la vita con maggiore consapevolezza e forza. Questa è la soddisfazione più grande per me. Sentire che il mio lavoro ha un impatto positivo sulla vita degli altri e li aiuta a crescere e a superare sfide è incredibilmente gratificante. È una conferma che il coaching può veramente fare la differenza nel modo in cui le persone affrontano i loro obiettivi e le loro sfide personali. Sono grata di poter contribuire al cambiamento positivo nella vita delle persone attraverso il mio lavoro di coaching.
Essere genitore lavoratore è molto duro soprattutto se tutta la tua famiglia non è vicina. Hai un consiglio da dare o una parola da spendere per le nostre lettrici?
Essere genitore lavoratore può essere estremamente impegnativo, soprattutto quando la famiglia non è vicina per offrire supporto. Vorrei condividere con voi una parola di incoraggiamento. Cercate sempre di essere protagoniste della vostra vita. Viviamo in un’epoca in cui siamo bombardati da confronti e giudizi esterni, il che può essere scoraggiante. In una società che ci spinge ad affrontare ritmi frenetici e superficiali, è difficile trovare il tempo per ascoltare ciò che è veramente importante per noi, i nostri valori e i nostri desideri. Trovare il modo di ascoltarsi, comprendere i propri sogni e progredire verso di essi è ciò che dà un senso di realizzazione alle nostre giornate. Anche se è difficile e le sfide di essere genitori all’estero sono reali, lavorare su te stessa per raggiungere i tuoi obiettivi è una delle soddisfazioni più grandi che puoi provare, perché dà un senso di scopo al tuo mondo. Una persona felice contribuisce a rendere il mondo intorno più felice, e questo è il mondo in cui crescerà anche tua figlia. So che non è facile, ma abbiamo una sola vita. Prepariamoci a decollare e a prendere il volo verso ciò che desideriamo realizzare. Siate protagoniste della vostra storia e fate in modo che sia una storia di forza, determinazione e realizzazione personale.
Mi unisco alle parole di Marta per ricordare alle nostre lettrici mamme, che siete magnifiche come siete! Ricordate che per i vostri figli siete delle eroine e non guardano il capello fuori posto o le stoviglie nel lavandino. Loro guardano voi che siete la sintesi perfetta dell’amore.
Buona festa della mamma a tutte.