Intervista a Sandro Mattioli giornalista e presidente di mafianeindanke e. V.
Quando senti il nome di Giovanni Falcone, cosa ti viene in mente?
Mi occupo di “mafia” soltanto dal 2008. Prima, si può dire che la grande memoria collettiva dell’antimafia che si è formata in Italia soprattutto dopo gli attentati degli anni ’90 non mi apparteneva. Sono approdato in Italia da giovane giornalista dopo un tirocinio svolto a Stoccarda. Sono rimasto particolarmente colpito da un evento tenutosi in via D’Amelio, a Palermo, quando molti giovani dell’associazione “Agenda Rossa” hanno ricordato con grande passione e impegno il sanguinoso attentato ai danni di Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta. In quella commemorazione era presente come relatore anche il noto procuratore antimafia Nino Di Matteo. Per me gli omicidi di Falcone e Borsellino rappresentano l’intollerabile intreccio tra Stato e criminalità organizzata, legame che ancora oggi non è stato chiarito del tutto. Il fatto che ci sia una “zona grigia” tra politica e mafia, si scontra con la mia personale idea di integrità dello Stato. In quegli anni pensavo ancora che una cosa del genere non sarebbe mai potuta accadere in Germania. Pochi anni dopo, tuttavia, la vicenda attorno il gruppo eversivo di destra NSU (che in pochi anni ha assassinato nove persone), mi ha fatto capire che anche in Germania esistono intrecci simili.
Leonardo Sciascia ha più volte sottolineato l’aspetto culturale della mafia. In Italia ne abbiamo tratto la conclusione che per contrastare la mafia occorre soprattutto un movimento culturale di legalità, un movimento antimafia. In Germania è anche necessario un movimento antimafia?
Sì e no. È chiaro che quando una società subisce una forte infiltrazione mafiosa, come è successo in Italia, deve nascere un movimento culturale che va in direzione opposta. Ma non si può dire che la mafia sia solo una conseguenza di strutture determinate culturalmente. Altrimenti, se così fosse, non si potrebbe spiegare come mai anche in Germania le mafie hanno creato strutture criminali ormai ben radicate nel territorio. In Germania, inoltre, non abbiamo una memoria collettiva relativa alla mafia dovuta soprattutto alle stragi, come invece esiste in Italia, per cui proprio per questo è difficile che si formi un vero e proprio movimento antimafia. Ecco perché noi di “Mafianeindanke”, facendo parte della società civile, vogliamo fare qualcosa per contrastare le mafie. Difficilmente potrà diventare un movimento di massa come in Italia, anche perché qui le persone non sono informate per quanto riguarda la mafia. Quindi difficilmente sarà possibile formare una cultura antimafia tedesca. In questo paese esistono strutture di criminalità organizzata in molti settori, sono strutture pressoché invisibili, come ha mostrato chiaramente lo scandalo Cum-Ex (una truffa plurimiliardaria da parte di imprenditori ai danni dello Stato, grazie ad un gap nel sistema fiscale tedesco). Sono strutture criminali che hanno un background tedesco o comunque internazionale. In Germania quando si parla di “mafia” o “clan” sono bravi a puntare il dito contro gli altri, specie contro persone di origine araba o anche italiani. Ecco perché noi di “Mafianeindanke” vogliamo puntare l’attenzione verso tutti i tipi di strutture illegali che hanno a che fare con la criminalità organizzata in Germania. È innegabile, tuttavia, che siamo particolarmente competenti per quanto riguarda i clan mafiosi italiani.
Come si può costruire anche in Germania un ponte verso una vera e propria volontà politica indirizzata a combattere la mafia?
Ciò presuppone, in realtà, che una parte della società civile si interessi di questo argomento. Soprattutto abbiamo bisogno di informare l’opinione pubblica. Il punto di partenza dev’essere la consapevolezza del fatto che la criminalità organizzata italiana in Germania preferisce non apparire e, dunque, spesso non è soggetta a indagini. Inoltre, la Germania, non dispone degli strumenti necessari per combattere in maniera efficace questa forma di criminalità. Dobbiamo, per difenderci, fare luce nel buio. Ecco un esempio: il governo federale sostiene che attualmente in Germania siano attivi circa 770 mafiosi. Solo grazie all’attività di mafianeindanke è stato possibile venire a conoscenza di questo dato. Vogliamo, inoltre, attirare l’attenzione sulla questione mafiosa attraverso conferenze alle quali partecipano anche politici e pubblici ministeri. Da alcune di queste conferenze è nata una richiesta formale al parlamento tedesco, al Bundestag, sulla mafia italiana in Germania. Seguirono, poi, altre richieste. Passo dopo passo otteniamo più trasparenza e, con essa, esercitiamo pressioni per raggiungere una lotta antimafia più efficace. Purtroppo incontriamo resistenze perché la mafia viene sempre considerata un fenomeno folcloristico. Il nostro compito è quello di far capire alle persone che il problema “mafia” riguarda noi tutti.
Com’è possibile che i politici sottovalutino la grande quantità di denaro sporco che viene riciclato in Germania ogni anno?
Già a partire dalla fine degli anni ‘60, la ‘ndrangheta si è configurata in modo tale da agire in maniera unitaria, con istituzioni che nel tempo si sono sviluppate ulteriormente. È lì che è nata la mafia imprenditoriale: i clan hanno capito che non si possono fare soldi solo con gli affari criminali. Devi investire in maniera trasversale, anche all’estero. Quella decisione degli anni ‘60 ha ancora oggi un forte impatto sulla Germania: qui la mafia appare in una veste diversa; la strage di Duisburg nel 2007 è stata un’eccezione. La sottovalutazione del riciclaggio di denaro ha a che fare con il fatto che è mal tracciato, soprattutto quando viene effettuato su larga scala e utilizzando i flussi finanziari globali. È molto probabile che la ‘ndrangheta ne approfitti. Alle autorità responsabili spesso manca l’istinto inquisitorio, gli inquirenti vengono spesso frenati, anche per (una falsa) paura di danneggiare l’economia. E questo nonostante una ricerca del Ministero federale delle finanze abbia stimato che in Germania vengono riciclati circa 100 miliardi di euro ogni anno. È un dato questo, che dovrebbe allarmare tutti. A volte mi chiedo perché non si faccia di più per contrastare il capitale delle organizzazioni mafiose. Eppure dopo le conferenze di “Mafianeindanke”, noto che le persone sono molto interessate all’argomento. Fanno domande, commentano i nostri post e sono curiosi.
Quale passo nella giusta direzione si dovrebbe fare?
Una misura opportuna sarebbe l’istituzione di una Procura nazionale anti-criminalità-organizzata, che non sia soggetta a direttive politiche – analogamente al modello italiano. Siamo ancora troppo lenti, qualcosa deve cambiare rapidamente. I clan mafiosi si adattano rapidamente alle nuove circostanze e le autorità investigative devono fare altrettanto. Tuttavia, questa misura non sarebbe sufficiente: in futuro dobbiamo pensare alla criminalità organizzata a tutti i livelli e creare di conseguenza nuovi strumenti investigativi e leggi adeguate.