Inaugurazione ufficiale del Centro Italiano della Goethe-Universität
L’11 dicembre scorso si è svolta nella lobby dell’Università di Francoforte la solenne inaugurazione del suo Italienzentrum alla presenza delle autorità accademiche, professori e studenti che riempivano interamente la grande sala. L’Italia era rappresentata dal nuovo console generale Andrea Esteban Samà. L’iniziativa di alto livello accademico è affidata a Christine Otte, professoressa di letteratura italiana all’Università di Francoforte e Christoph Corneließen, direttore dell’Istituto Storico Italo-Germanico di Trento. L’Italienzentrum viene così a costituire un tetto comune per un gran seguito di discipline che in un modo o nell’altro coinvolgono il nostro paese: Lingua e Letteratura, Storia, Architettura, Storia dell’Arte, Musicologia, Politologia, Cinematografia, ecc. che in tal modo possono meglio cooperare in sinergia, aumentando i contatti interdisciplinari. I partecipanti al nuovo centro potranno meglio mettere in comune le loro relazioni in Italia, chi a Firenze, chi a Trento, chi a Roma ecc. Viene offerto anche un corso di studi binazionale, in modo tale che gli studenti possano ricevere al termine sia una doppia laurea, sia tedesca che italiana. Tre volte l’anno, inoltre, organizzerà delle conferenze pubbliche ad alto livello a cui ognuno potrà assistere.
L’evento inaugurale del dicembre scorso aveva il titolo ufficiale: “Il formaggio e i vermi nel 2019. Che cosa ci insegna la microstoria oggi?”. Ospite d’onore era l’illustre storico italiano Carlo Ginzburg, professore alla Scuola Normale Superiore di Pisa ed alla University of California, nonché ad Harvard, Yale, Princeton ecc., ed autore di numerosi libri e pubblicazioni, di cui il più famoso s’intitola appunto „Il formaggio e i vermi“, e fu pubblicato originariamente da Einaudi nel 1976 e riedito ultimamente da Adelphi. È uno di quei libri che non sono difficili da leggere malgrado l’alto livello scientifico e che non dovrebbe mancare in ogni biblioteca di classe. È stato già tradotto in 26 lingue, e fra pochi mesi comparirà una riedizione tedesca intitolata „Die Käse und die Würmer“.
Durante la sua prolusione Carlo Ginzburg ha pure ricordato suo padre assassinato a Roma dalle SS: “Mio padre è nato in Russia in una famiglia ebrea, diventò italiano e morì da europeo”.
Figlio dei due illustri intellettuali antifascisti Leone e Natalia Ginzburg, l’illustre ospite è considerato il creatore di un nuovo indirizzo della storiografia da lui chiamato „microstoria“ perché, invece di essere centrata su grandi personaggi (Napoleone, ecc.) indaga la sorte dei personaggi minori, delle classi subalterne, che subirono gli eventi piuttosto che crearli. D’altro canto, Napoleone da solo non avrebbe potuto fare nulla, senza le migliaia e migliaia i di soldati che lo seguivano. Carlo Ginzburg è stato il primo a fare il punto sull’analisi del metodo, dell’importanza e della finalità di questo indirizzo storico, e l’analisi del rapporto fra la cultura ufficiale delle classi dominanti e la cultura popolare. Nella sua relazione si è soffermato sulla sua defininizione di microstoria ed ha ribadito che la contrapposizione di una massa anonima con un individuo eccezionale (come in certa storiografia francese) riduce arbitrariamente. la ricerca storica. Questa è detta la „storia dal basso“. E cosa c’entra con lo strano titolo del suo libro? In esso Carlo Ginzburg analizza la vicenda d’un mugnaio friulano vissuto alla fine del ‘500, di nome Domenico Scandella detto Menocchio, e l’impatto che ebbe la diffusione del libro stampato sulla cultura contadina. Menocchio sapeva leggere e scrivere, ed era un soggetto assai curioso, un autodidatta assetato di cultura che proprio in quel secolo in cui si diffondeva la stampa trovava accesso a tanti testi prima irraggiungibili. Di nascosto e in maniera disordinata si lesse non solo la traduzione della Bibbia, che era proibita, ma anche il Corano, che era proibitissimo, e poi il Decamerone del Boccaccio, il Principe di Machiavelli, e tanta altra letteratura, cercando di capirla dal suo punto di vista di campagnolo friulano. Dopo aver letto il racconto della Creazione, ad esempio, si immaginò che la „massa informe e tenebrosa“ da cui parte il sacro testo, fosse qualcosa di simile al formaggio andato a male, in cui gli angeli erano come dei vermi… Queste cose lui andava raccontando in giro, proprio nel tardo ‘500, periodo di massima fioritura della Santa Inquisizione. Finì come tutti si possono immaginare. Analizzando i verbali del processo che gli fu fatto a Portogruaro, Carlo Ginzburg dimostra come gli inquisitori rimanessero sconcertati davanti all’incredibile guazzabuglio delle asserzioni dottrinali più ingenuamente blasfeme, che non sapevano ricondurre né a Lutero, né a Calvino, né agli Utraquisti o ai Felibristi, agli Ugonotti o ai Catari, o agli Gnostici, o a qualunque altra eresia ad essi nota. La condanna quale eretico, eresiarca e blasfemo fu inevitabile. Dagli anni del dopoguerra ad oggi, la microstoria è diventata un indirizzo di ricerca affermato e diffuso in tutto il mondo che è complementare e non alternativo alla grande storia.