Luigi Mosciano, tra i più anziani dei nostri collaboratori, racconta il suo percorso
Dopo 60 anni di giornalismo (non sono divenuto ricco), nel mettere ordine nelle mie cose, trovo appunti riguardanti la stampa teatina e la sua nascita. Una nascita che negli anni 50 aveva luogo in una cartoleria sita sul Corso Marrucino.
In una cartoleria?
Il suo spassoso “signore di casa” era Ettorino Leccese che oltre alla normale merce, teneva ogni mattino le copie fresche dei quotidiani, che metteva a disposizione dei giornalisti che controllavano la pubblicazione di articoli e si intrattenevano per qualche scambio di opinioni. Ettorino riceveva poi notizie e messaggi da parte di lettori, passando il tutto quasi giornalmente, ai corrispondenti, i quali erano grati non solo per tanto, ma per l’atmosfera amichevole che Ettorino sapeva creare, divertendo Carlo Travaglini, Marino Solfanelli, Giannino Giannini, Mario Zuccarini, Pierottone Celestini ed altri. Qualcuno della squadra non risponde più all’appello. E poi successe che io divenni un collaboratore assiduo della squadra.
Il giornalismo come professione?
Mio padre non lo voleva proprio. Feci il mio diploma, continuando a scrivere. Era il tempo in cui tenni una conferenza nella biblioteca A. De Meis, sui “Movimenti culturali in Europa”, accettando dal Corriere della Sera il tesserino di corrispondente da Chieti (1954-1960) Volli pubblicare il foglio la “Fionda”. Mia madre dovette firmare presso la questura per me minorenne.
Tra gli avvenimenti importanti ci fu il mio viaggio verso Monaco di Baviera. La sua enorme stazione ferroviaria era il punto di incontro per la massa degli immigrati dal Sud Italia. Una scena deprimente di lavoratori richiesti da una Germania che pagava con carbone per migliaia e migliaia di braccia lavorative.
Perché non andare a vedere e sentire tra le baracche di accoglienza tedesca?
Avevo studiato la lingua tedesca e non potevo non meravigliarmi nel leggere quanto avvisava un foglio affisso sulla porta di locande, nelle vicinanze delle baracche “Stranieri non desiderati”.
Nelle fabbriche e sui cantieri stradali quasi 2 milioni di volenterosi conterranei si rompevano le ossa, senza conoscenza del tedesco, senza il calore del sole e senza una spaghettata. Lo Stato italiano li aveva “forniti” alla Germania che per ogni lavoratore aveva fornito carbone. Il miracolo economico tedesco doveva simboleggiare la locomotiva trainante per tutta l’Europa. Nel momento del mio viaggio verso la Germania, dove conobbi mia moglie Brigitte, lasciavo a Chieti un piccolo archivio, 6 contenitori pieni di 85 articoli pubblicati da il Giornale D’Italia, il Tempo, Il Giornale d’Abruzzo e da il Messaggero, pertinenti problemi cittadini e regionali.
Altri 90 articoli di recensioni di mostre di Arte avutesi nella Bottega teatina e nella Galleria Verrocchio di Pescara arricchiscono il mio piccolo archivio.
Naturalmente la mia attività giornalistica in Germania si è svolta per il Corriere d’Italia, La voce dell’emigrazione e l’agenzia stampa Orbis. Inoltre ci sono le registrazioni per Radio Dortmund e Radio Colonia. Molti i riconoscimenti sia dalla Germania sia dall’Italia.
Il riconoscimento di valore: la registrazione del mio nome nel dizionario degli Autori attivi nella regione della Westfalia.