Secondo alcuni, tra questi mio marito per esempio, io coltivo il culto per i miei avi al pari della civiltà etrusca.
Se mi trovo in Sardegna non lascio mai l’isola senza passare dai miei nonni. Mi perdo nelle file del cimitero a leggere nomi e a osservare foto. Cerco somiglianze tra parenti vicini, piccoli tratti del viso che custodiscono una caratteristica caratteriale, un vizio o una virtù.
Nei paesi dove faccio tappa, in Italia o all’estero, una capatina cimiteriale non manca mai. Ho sempre pensato che molto dei vivi puoi scoprirlo da come questi curano i propri morti.
Il caso vuole che mi trovo in Germania e che proprio qui ha chiuso gli occhi per sempre il babbo di mia nonna. Una storia familiare sopita, risvegliata di tanto in tanto da qualche foto d’epoca che riemerge da album raramente aperti. Particolari e racconti sbiaditi fino a quando, pochi mesi fa, un cittadino di Perdasdefogu (piccolo paese sardo) ha deciso di fare una ricerca di archivio, minuziosa e dettagliata, della vita del suo concittadino nonché mio avo, Antonio Lai.
Antonio Lai, soldato come tanti, fatto prigioniero durante la prima guerra mondiale viene portato in un campo di prigionia tedesco, dove nel novembre del 1918 una polmonite se lo porta via.
Ora, dimenticarsi degli avi, oltre i nonni, rientrerebbe nella normalità dei comuni mortali.
Ma come fai ad archiviare nella memoria uno come il mio bisnonno Antonio?
Prigioniero lontano da casa, ha la duplice sfortuna di morire a guerra conclusa. Avrebbe potuto tornarsene in paese, ricominciare a fare il pastore, godersi finalmente moglie e figli, invece no…in una notte di novembre si chiudono i suoi occhi e con loro la speranza di poter riabbracciare i propri cari a casa, in Sardegna.
Crepare a 37 anni, in un campo di prigionia, in un paese dove a novembre è già pieno inverno e la lingua di chi si rivolge a te può essere più fredda del giaciglio in cui sei costretto, è a dir poco ingiusto.
Dal bisnonno Antonio ci si va! Perché c’è anche la congiunzione astrale per cui la Germania, della mia famiglia, ora accoglie tutti: vivi e morti!
Sono arrivata al cimitero Militare Italiano d’Onore di Monaco di Baviera in una splendida giornata di sole. Ci ha condotto in quei viali alberati una gentilissima vecchietta tedesca che ha pensato che accompagnarci di persona sarebbe stato più facile che spiegarci la strada. Con discrezione e rispetto ci ha lasciati in prossimità della parte riservata ai nostri connazionali caduti e si è congedata con la nostra stessa emozione.
La vista di quella distesa di cippi, la moltitudine di pietre è un colpo al cuore. Centinaia e centinaia di corpi che riposano lontani da casa, in terra straniera, caduti per un ideale che permette a noi tutti di poter vivere meglio. Nonostante la segnalazione che portavo con me, trovare il mio bisnonno sembrava un’impresa impossibile. Con mio marito ed i bambini ci siamo messi a cercare senza successo fin quando si è proposto di aiutarci un connazionale, che si trovava come noi in quel luogo assolato e silente.
Incredibile. Un filo lungo 5 generazioni partito da un paesino in Ogliastra che ritrova capo e coda in un cimitero tedesco di dimensioni enormi.
Passare davanti ad ogni cippo, snocciolare le fila, leggere ogni nome ad alta voce, riportarlo alla memoria restituendogli rispetto ed onore fin quando il silenzio non è squarciato da un nome che mi appartiene: qui, Antonio Lai è qui!
Mio figlio, 11 anni, mi ha aiutata a “riportare” il nostro avo a casa: abbiamo affisso una foto che lo ritrae, con i suoi lunghi baffi curati; abbiamo sistemato fiori colorati, abbiamo lasciato candele.
È stata un’emozione unica; è stato straordinario poter condividere tutto questo con i miei figli, passare loro il testimone della memoria.
Mi permetto, nel congedarmi da queste poche righe, di ricordare e ringraziare chi ha reso possibile tutto questo.
Salvatore Mura, cittadino di Perdasdefogu, che con le sue ricerche storiche ha ridato “vita” al mio bisnonno.
Il Ten. Col. Arcangelo Vecchio, che mi ha confermato la posizione esatta del cippo che conserva i resti del mio avo, il cui preziosissimo lavoro, unito a quello dei suoi colleghi, presso l’Ufficio Onorcaduti rende, appunto, ancora onore a tutti i nostri connazionali che hanno perso la propria vita per quegli ideali che garantiscono le nostre vite migliori.
Il marinaio Giuseppe Malascalza, senza il cui aiuto la mia famiglia ed io avremmo vagato tra i cippi per ore; lo ringrazio di cuore, non solo per avermi indicato dove cercare. Lo ringrazio per la delicatezza e la sensibilità con cui ha offerto un lembo di stoffa per dare lucentezza alla targa. Lo ringrazio per la cura che serba ogni giorno, insieme ad altri connazionali, del Cimitero Italiano Militare di Monaco di Baviera. Lo ringrazio per aver affisso un piccolo tricolore sotto la targa del mio avo, per aver riportato le lettere della targa alla visibilità originale, per rendere vivo il ricordo, raccontando la storia di Antonio Lai a coloro che visitano i nostri caduti.
Nella foto: Marina Carta con i figli presso il cimitero italiano militare di Monaco di Baviera