Nella foto: Alessandro Bellardita.

Il percorso letterario di Alessandro Bellardita

Alessandro Bellardita è uno scrittore e giurista italo-tedesco con una carriera poliedrica e appassionante. Nato a Modica, una città incantevole nella valle del barocco siciliano, Bellardita ha vissuto un’infanzia influenzata dalle radici culturali siciliane dei suoi genitori, che negli anni ‘80 emigrarono in Germania, stabilendosi a Karlsruhe.

Dopo aver completato gli studi presso la scuola europea di Karlsruhe nel 1999, Bellardita si è dedicato alla giurisprudenza, conseguendo lauree a Mannheim e Heidelberg. Dopo la laurea, ha intrapreso una prolifica carriera accademica come assistente universitario e ricercatore nelle stesse università, specializzandosi nel diritto commerciale e ottenendo il dottorato di ricerca nel 2010.

Successivamente, Bellardita ha accumulato preziose esperienze nella giurisprudenza, lavorando come avvocato, prima di entrare nella magistratura nel 2012. È stato pubblico ministero ad Heidelberg, concentrando la sua attenzione sulla criminalità organizzata. Attualmente, è giudice presso la Corte d’Assise di Karlsruhe dal settembre 2023.

Oltre alla sua carriera come legale, Bellardita è un giornalista prolifico, collaborando con testate giornalistiche e riviste. Dal 2007 cura una rubrica legale per il Corriere d’Italia scrivendo principalmente su politica tedesca e argomenti giuridici.

Come autore, Bellardita ha un vasto repertorio letterario che spazia da saggi come “Fabrizio De André e l’essenza della libertà” (2020) a opere informative come “I vostri diritti in Germania” (2021). Il suo romanzo d’esordio, “Der Zeugenmacher” (Klotz Verlagshaus), introduce il personaggio del procuratore De Benedetti in un avvincente giallo legato alla criminalità organizzata.

Il suo ultimo romanzo, “Die Sizilianische Akte” (edito da Akres Istolé nel 2024), continua la serie e offre uno sguardo appassionante sulle indagini e i dilemmi del procuratore De Benedetti. La sua vasta esperienza legale e la sua profonda conoscenza della realtà della mafia italiana e tedesca si riflettono nelle trame avvincenti e nelle ambientazioni ricche dei suoi romanzi.

Qual è stata la tua principale fonte di ispirazione per creare il personaggio del procuratore De Benedetti?

Questo romanzo, in realtà, nasce tanti anni fa, verso la fine degli anni ’90, quando appresi dalla lettura di un libro di Nando Dalla Chiesa la storia di Rosario Livatino, il “giudice ragazzino”, assassinato il 21 settembre 1990 da killer provenienti dalla Germania. Quella “pista della morte”, che ci porta a Mannheim, Colonia, Wuppertal e altre città tedesche, quella storia di quel coraggioso giudice che sfidò la Stidda, una cosca dell’agrigentino che nascondeva i sicari in Germania, fa germogliare in me l’idea di un romanzo. Nasce così “Die Sizilianische Akte”, il secondo caso di Francesco De Benedetti, il magistrato italo-tedesco di Heidelberg.

Come hai affrontato la sfida di integrare elementi storici delle indagini sulla mafia degli anni ‘90 con una trama contemporanea ambientata a Heidelberg negli anni 2010 in poi?

La mafia, in fondo, è rimasta sempre quella. Cosa Nostra, la Stidda, la ‘Ndrangheta e la Camorra sono molto attive sul territorio tedesco. La polizia federale tedesca stima che siano oltre 1000 gli esponenti di queste cosche che vivono in Germania. Secondo me sono almeno il triplo. Quel che è cambiato, invece, è il modus operandi: mentre prima le mafie si concentravano di più sul racket e il narcotraffico, oggi le cosche in Germania investono ingenti somme di denaro. Il business di cui parlo nel romanzo è quello forse più sciagurato: quello riguardante i centri di accoglienza per i profughi. Ormai sappiamo dai fatti di cronaca e dalle indagini che in alcuni casi le mafie hanno gestito direttamente o indirettamente questi centri, approfittando degli incentivi dello Stato italiano e dei fondi europei, ovviamente a discapito di noi cittadini e dei profughi stessi, costretti a vivere in condizioni a dir poco disagiate. Il mio romanzo parte, dunque, da un omicidio: un politico siciliano viene ucciso proprio per aver fatto luce su questi fatti. La sua morte catapulta gli investigatori in Germania, dove – nel carcere di Mannheim – si trova un pentito disposto a “parlare”. Quel che succede dopo ha dell’incredibile.

Puoi condividere qualche aneddoto o episodio significativo dalla tua esperienza come procuratore nella lotta contro la criminalità organizzata, che ti abbia influenzato nello scrivere questo romanzo?

Qualche anno fa, quando ero giudice per le indagini preliminari, fu arrestato un esponente della Camorra nel mio distretto. Il suo arresto suscitò scalpore tra le cattedre dei colleghi e delle colleghe. Mafia a Karlsruhe? Quando mai! Gli addetti ai lavori, soprattutto i poliziotti e le guardie carcerarie, erano molto sorpresi da un fatto specifico: in carcere, una volta che l’imputato fu portato nella sua cella, tutti gli altri detenuti sapevano già chi fosse. Avevano un rispetto enorme nei confronti di una persona che apparentemente, con i suoi occhialoni e il fisico non proprio da atleta, sembrava un “uomo comune”. Insomma, le tipiche gerarchie nel carcere per lui sembravano non valere. Fu in quell’occasione che un poliziotto della polizia criminale mi disse: “è proprio vero, le mafie italiane comandano”.

Quali sono gli aspetti più sorprendenti o poco conosciuti della connessione tra la mafia italiana e il territorio tedesco, che hai voluto portare alla luce attraverso il tuo romanzo?

Sicuramente il fatto che le mafie italiane in Germania non si limitano più a utilizzare il territorio tedesco come “Rückzugsort”, vale a dire come un luogo dove ritirarsi. La Germania è un territorio d’azione, specialmente per investire le somme di denaro che provengono dal traffico internazionale di stupefacenti. E purtroppo l’operazione Eureka, che è andata in porto l’anno scorso, lo ha dimostrato: pare che il gruppo “tedesco” di ‘ndranghetisti arrestati in Germania, abbia spostato in meno di un anno qualcosa come una tonnellata di cocaina. Il profitto che deriva dal narcotraffico è da capogiro: oltre 80 miliardi di euro l’anno. E dove c’è denaro, c’è potere.

Parli del “metodo Falcone” nel tuo libro. In che modo questa metodologia di indagine ha influenzato il modo in cui i tuoi personaggi affrontano le sfide investigative nel romanzo?

Il “metodo Falcone” è stato un metodo rivoluzionario, che ha dato via alle indagini finanziarie, che tutt’oggi rappresentano una colonna portante delle indagini contro la criminalità organizzata. Ma il metodo di Giovanni Falcone era figlio di quei tempi, quando ancora nel mondo della finanza si usava la “carta”. Oggi la finanza è completamente digitalizzata. Seguire le scie del denaro è, ormai, un metodo superato, poco efficace e ha trasformato il settore bancario in una palude burocratica. Quel che, invece, si dovrebbe fare è il passo contrario: seguire le persone che gestiscono dall’alto le cosche. I nomi si conoscono, i volti anche. Dovremmo, dunque, smetterla di nasconderci dietro l’alibi della non-trasparenza del mercato finanziario e iniziare a rendere la vita difficile ai mafiosi, seguendo ogni loro passo. In Germania, dunque, servirebbe una norma più severa nei loro confronti: un 416 bis all’italiana – per intenderci. Questa norma serve per indagare in maniera più efficace e diretta.

Come hai bilanciato gli elementi di intrattenimento del tuo romanzo con il tuo desiderio di sollevare questioni serie e importanti sulla lotta contro la criminalità organizzata?

Ho usato il “metodo Kundera”. Milan Kundera era un genio: aveva questa grande capacità di inserire nei suoi romanzi anche dei brevi saggi. Ecco, ho cercato di fare la stessa cosa. Spero che, almeno in parte, ci sia riuscito.

Hai intenzione di esplorare ulteriormente la figura del procuratore De Benedetti in futuri libri della serie? Puoi anticipare qualcosa sulle sue prossime sfide o evoluzioni come personaggio?

La serie attorno a De Benedetti continua. Il prossimo libro della serie, che sto scrivendo, ci riporta in Germania, esattamente ad Heidelberg, Mannheim e Karlsruhe. Non voglio anticipare la trama, ma i fatti che accadono portano ad una vera e propria “ribellione”, ad una sommossa che costringerà la gente a scendere in piazza. Ne vedremo di tutti i colori.

Quali sono i prossimi progetti letterari che hai in mente?

Attualmente, oltre al terzo caso De Benedetti, sto lavorando su un saggio che riguarda la Costituzione tedesca, in particolare il concetto di dignità umana.

Dove può essere acquistato il libro?

In tutte le librerie, anche su Amazon e ovviamente anche direttamente dal mio editore Christian Leek (AKRES publishing) di Wuppertal, che ringrazio per aver creduto in questo progetto (ecco il link: https://www.akres-publishing.com/products/die-sizilianische-akte).