L’arte musicale è stata la più antica forma di mercato, in questa dimensione si può descrivere come “illusione” la possibilità per il singolo di sottrarsi al dominio sociale. Nell’opera dei due scrittori francofortesi della scuola di Francoforte cioè: Theodor Adorno ed Horkheimer apprendiamo nel libro la “Dialettica dell’illuminismo” un processo di riflessione profondo, sullo stato dell’industria culturale, quella possibilità di connotare il mondo della cultura nella società a capitalismo avanzato. Coerentemente a questa critica, ogni singola manifestazione umana è comprensibile solo in funzione della sua integrazione nel sistema. Assicurando che spontaneità , individualità e soggettività non hanno alcun valore autonomo nel mondo concepito come dominio. “L’arte negativa” vende più di quella “positiva”. Nella Dialettica dell’illuminismo di Horkheimer ed Adorno , loro spiegano la genesi e funzione del termine “industria culturale”. La parola “industria” non va intesa, in questo caso, come riferimento al processo di produzione, infatti ogni prodotto dell’industria culturale è caratterizzato da “forme individuali di produzione”.
Nella loro analisi sia Adorno che Horkheimer convergono nella tesi come la presenza della cultura di massa nella società si configuri come uno dei campi in cui si esercita il dominio sociale. Adorno, crede che in ogni opera d’arte lo stile costituisce la possibilità di “fondare la verità “mediante l’inserimento dell’immagine nelle forme socialmente tramandate. Su questa tesi che si costituirà anche il pensiero del filosofo italiano contemporaneo Gianni Vattimo, nel suo libro; “Oltre l’intrepetazione”, giusto ricordare per dovere di cronaca, che Gianni Vattimo è stato “Cattedratico” all’ Università degli Studi di Torino, insegnava ermeneutica filosofica, è ha avuto la possibilità di studiare molti filosofi tedeschi tra cui Heidegger e Gadamer. Secondo Gianni Vattimo, emerito di ermeneutica, l’ermeneutica avrebbe un significato per l’estetica musicale, un recupero dell’attenzione per l’arte come esperienza di verità, contro quella tradizione kantiana e, soprattutto neokantiana che aveva concepito l’arte musicale come teoria specifica dell’esperienza. Ritornando nei pressi di Adorno, si esprime in questi termini, “fondare la verità” mette in atto un processo inevitabile nella misura in cui solo nel confronto con la tradizione che si deposita nello stile l’arte può trovare espressione per la sofferenza.
Nel capitolo del libro “Dialettica dell’illuminismo” dedicato all’industria culturale si dice questo, che lo stile dell’arte amministrata è costruito in modo tale da alimentare nei governanti l’illusione che non ci sono alternative al sistema e che, analogamente alla dottrina classica del liberalismo, la realtà dell’individuale si misura soltanto in funzione della sua integrazione nel sistema: “ciò che oppone resistenza può sopravvivere solo nella misura in cui si inserisce”. Più esplicitamente verrà tradotto nel concetto di “pseudo-individualità”. L’individuale si riduce alla capacità dell’universale di segnare l’accidentale senz’altro identificabile come quello. La “pseudo-individualità”, diventa la premessa indispensabile del controllo e della neutralizzazione del tragico. Ancora più pregnante si fa il pensiero nelle seguenti pagine dedicate all’industri culturale, quando Adorno parla: “Il carattere di feticcio in musica”.
L’uomo sacrifica l’individualità, inserendosi nella regolarità di ciò che ha successo, e fa quel che tutti fanno per il fatto fondamentale che dovunque e in tutta la produzione standardizzata dei beni di consumo si offre all’individuo sempre la stessa cosa. La necessità che ha il mercato di occultare questa uguaglianza conduce alla manipolazione del gusto e a quella apparenza di individualità della cultura ufficiale. Uno degli aspetti più interessanti della figura di Adorno, consiste nella capacità del filosofo di inserire all’interno delle sue considerazioni, un gran numero di riferimenti ai singoli aspetti dell’arte di massa, ricavati in gran parte dal periodo dell’esilio negli Stati Uniti.
Caso emblematico è, in quest’ottica il rapporto di Adorno con il jazz, genere musicale al quale il pensatore francofortese dedicò molti saggi che si aggirano dal 1933 al 1953, in generale il jazz insieme al cinema, ricevono dal parte del filosofo tedesco la critica più aspra, nella descrizione della sezione dedicata al “Carattere di feticcio in musica”.
Il giudizio di Adorno su questa musica non lascia spazio a nessun fraintendimento, molto netto , secondo il pensatore francofortese nello jazz si verificherebbe una serie di false promesse, un messaggio pseudo-liberatorio. Per questa posizione cosi chiara, Adorno verrà in seguito accusato dagli storici delle jazz, come “uno snob elitario” un mandarino arrogante.
Nel pensiero musicale di Adorno è presente una netta divisione tra “industria culturale” e “arte musicale”. La dialettica di soggetto –oggetto, con le implicazioni che la accompagnano, agisce conseguemente in questi due settori in maniera diversa, nel primo caso si passa attraverso l’elaborazione del concetto di “feticcio musicale”, mentre nel secondo è direttamente implicata nel complesso concetto di “materiale musicale”, in realtà il legame tra queste due implicazioni è molto complesso. Secondo uno studioso susseguitosi ad filosofo francofortese, Alessandro Arbo, nel suo libro Dialettica della musica sostiene che in Adorno ci sia una dicotomia tra “nuovo” e “moderno”, sostiene che l’orientamento generale della filosofia della musica del pensatore tedesco fosse condizionato dalla sua valutazione della musica contemporanea, esplicherebbe: “nella storia della musica di Adorno la tradizione si illumina solo dall’alto, a partire dal presente”. Dalla ricostruzione storica che presenta Arbo, ricava la particolarità del concetto adorniano di “moderno” in musica sorse in contrapposizione all’uso di associazioni e critici di considerare la musica dell’epoca come un blocco unico in quanto “contemporanea” Per il filosofo il termine “contemporary music”, allora molto in voga, “era neutrale, incapace di rendere l’esatto scarto qualitativo suggerito dall’aggettivo tedesco (neu) Infine Adorno ritiene il concetto di moderno necessario ad introdurre nella musica contemporanea una dicotomia che nel suo libro sull’argomento ha come estremi Schonberg e Strawinsky.