Cogli l’attimo! Celebre locuzione del poeta latino Orazio che invita al Carpe diem; così come nei versi di Walt Whitman e in tutti i poeti affiliati alla Setta dei Poeti Estinti, Dead Poets Society, la quale ispirò la sceneggiatura e la realizzazione del film omonimo.
“Cogli l’attimo, cogli la rosa quand’è il momento, perché, strano a dirsi, ognuno di noi in questa stanza un giorno smetterà di respirare, diventerà freddo e morirà.” John Keating
“A volte non c’è passato, non c’è futuro. C’è solo questo istante. In ogni spazio percorso, ho cercato di cogliere, non sempre in modo giusto, l’istante, inesorabilmente fuggevole.” È così che Salvatore Gurrado esprime il suo personale malessere del vivere che nel mio ricordo accomuno ad una poesia di Eugenio Montale nella raccolta “Ossi di Seppia”, eppure è un giovane autore che avverte incombente il peso dell’esistenza, vuoi per un cattivo rapporto con la madre, sorda alle sue invocazioni “il bambino che parlava d’amore tra i giardini di Avalon, aspettando di essere desiderato, voluto, amato dalla madre”, vuoi per un senso di inadeguatezza che maschera con l’insegnamento della scrittura persuasiva per le aziende con siti web. Salvatore Gurrado incontra la filosofia di Ludwig Wittgenstein, ne rimane affascinato e legge l’opera “Con un Cuore Caldo Colpito da una Lama d’Acciaio”, designa l’autore come suo maestro, una guida che lo accompagnerà nei percorsi della conoscenza. “Mi occupo delle recensioni dei testi di poesie, correzioni bozze, grafica come libero professionista, web, scrittura testi persuasivi per le aziende…”, così si presenta nel web Salvatore Gurrado; segue la sua formazione: “laurea in filosofia, scrittore e filosofo, poeta, due libri di poesie, Cieli di terra e Sotto la superficie, editi da Rupe mutevole edizioni”. Salvatore Gurrado non è solo questo, il risvolto politico, moderatore Segretario Giovanile PCI, comunista non marxista, e filosofo della politica, determina le sue scelte di vita: “Il potere come la peste aggredisce la volontà, l’impotenza si trasforma nel lasciarsi andare, lasciarsi vivere, inseguire qualche nuova sensazione…” La nuova silloge di Salvatore Gurrado “Sotto la superficie”, edita da Rupe Mutevole, impatta con la materialità dell’essere vivente fatta di pelle, carne, muscoli, ossa, liquami vari, oltre la parte sublime del ricordo, dei sensi, dell’anima: “Ora, mentre penso, ogni singolo evento della mia esistenza confluisce nell’istante, l’odore delle case, il sapore della merenda. Tutti i tramonti. La testa delle medusa quel potere che mi ostacola tutta la vita. La paura. La porta delle case invisibili. L’altra roccia quella roccia dolorosa di Andalucia, il mare, e ferite, i giardini perduti in un letto d’ospedale, le cicatrici.” Qui le “cicatrici” non riguardano solo la fisicità ma intaccano l’anima, disegnando nuovi percorsi di vita.
“Quella passeggiata. Ogni lacrima, s’una spiaggia deserta, le notti nel dolore, notti bianche travolte dal nero che ti vede, ti guarda la tua sofferenza ma non ti lascia respirare. Cosi la pietra serena cosi sicura. Danzare sopra le nuvole mentre siamo seduti in un bar, i doni, le grazie, l’ignoto Nulla è stato perso.” È certo che Salvatore Gurrado, a più riprese, ha coscienza che l’esperienza vissuta intensamente è maestra di vita ma, tanto vale, errare nuovamente poiché “Questo mio fare, nelle diverse forme d’un unico cammino, nella continua ricerca di questo misterioso disegno, nell’esplorare ed esprimere la potenzialità ricevuta malgrado ogni tempesta, persino in mezzo ai dolori più atroci, e con tutte le mancanze di ogni bambino. Con tutti i disincanti. Le perdite, le fratture. Questo far mio… questo è il mio fare… il modo che trovo per onorare la VITA, e lo faccio semplicemente perché posso, in ogni tratto della mia vita ogni situazione è presente e nessuno è stato dissolto nell’oblio.”
Il potere che distoglie dal libero arbitrio poiché, afferma Salvatore Gurrado, “Ogni mio pensiero-lavoro, scaturisce da un movimento gestuale, intuitivo, quasi caotico che si sviluppa via via, nella configurazione delle forme s-formate, o sarà semplicemente una mia mancanza stilistica? Io do al mio pensiero il nome organicità”. È più che certo che i suoi studi filosofici si scontrano con la psicologia dell’essere, scendere a più miti consigli stravolge la sua personale visione dell’esistenza: “Io sono già un classico perché vivo nell’eternità, sono eternamente vivo”. Affermazioni forti, molto lontane da una spiritualità francescana, segnata dall’umiltà dell’esistenza, le sue si avvicinano a deduzioni filosofiche camusiane riscontrate nel “Caligola” ma giustificate dalla spada di Damocle che dondola sulla sua esistenza. Ecco Salvatore Gurrado che si descrive con poche pennellate “Sono un cristallo di morte perché ho osato collocarmi al di la del desiderare, tentazione d’amore tesa a eludere il vincolo tra Eros e Thanatos”.
Dalla poetica dell’autore si individua la regione di nascita, è nel sud del sud d’Italia, in un piccolo paese, Altamura di Puglia, il paese del pane, il paese della vita! Il suo destino gli assegna, una gravissima malattia diagnosticata alla nascita: Leucemia Linfoblastica Acuta. In seguito Salvatore contrae un’otite cronica che si rivelerà essere una massa tumorale asportata con un’operazione lunga e molto pericolosa. Il destino continua ad imperversare su Salvatore, dopo l’operazione subentra il rischio di coma per reazione allergica ad un farmaco. Salvatore Gurrado, conosce solo stanze di ospedali, dove deve farsi curare ma a causa di una iniezione intramuscolare, rischia un nuovo shock anafilattico. Esce dall’ospedale ma un pericoloso scontro automobilistico lo riconduce tra le pareti asettiche. Gli viene diagnosticata la frattura all’astragalo e altre di minore complessità. L’autore ha di nuovo un crollo psicologico, ma ancora una volta cicatrizza le ferite, si rimette in piedi e prosegue per la sua vita. È un’anima afflitta da un dolore immenso, segnato da una sorte ingrata che lo metterà in rapporto con la scrittura, quella scrittura-ponte tra il mondo interiore e l’universo oggettuale. Una tra le sue citazioni preferite è: “Un attimo prima di morire ero in vita”, ma subito dopo avverte la necessità d’essere amato e di amare: “Ho sognato di amare era un sogno d’amore. L’essenza di ogni nostro attimo è governato dall’amore, sempre.” Resta “…l’amore, la triste eredità che uccide l’anima…con i Graffi d’anima, ti fa bruciar nella valle del pianto…”.