Presentato nella sezione “Panorama” del festival berlinese, Una femmina è il film d’esordio di Francesco Costabile, liberamente tratto dal romanzo Fimmine ribelli: come le donne salveranno il paese dalla ’ndranghetadel giornalista Lirio Abbate.
Il regista cosentino mette in scena la parabola faticosa e sofferta di Rosa (l’esordiente Lina Siciliano), una giovane ragazza calabrese la quale lotta con tutte le sue energie per ricostruire la memoria intorno alla morte della madre e per acquisire la consapevolezza di essere nata e cresciuta in una famiglia affiliata alla ’ndrangheta. Il tutto al fine di rifiutarne l’appartenenza, contrapponendo all’oblio e all’omertà la volontà di conoscere, pur essendo costretta a fare i conti con le proprie origini e a cedere un tributo alla faida sanguinosa intorno a cui gira quel mondo arcaico e fuori dal tempo.
Girato tra i monti della Calabria, il film è cupo, pieno di sangue e di vendetta. Al centro c’è senza dubbio la figura di Rosa, ragazza indomita e senza paura, che vive con la nonna e lo zio (Fabrizio Ferracane) in un paesino calabrese sperduto nel parco nazionale del Pollino. Crescendo scopre nel suo passato un’ombra da sanare, l’eliminazione violenta della propria madre, e ciò la induce a compiere una personale vendetta di sangue, anche a costo di tradire la propria famiglia e i propri valori. Per certi versi si tratta di un classico romanzo di formazione. La regia punta molto sul contrasto tra la vitalità intensa di Rosa e la gestualità lenta e rituale dei suoi parenti. A mano a manco che cresce l’impellenza di sapere da parte di Rosa, la sua figura viene messa all’angolo dalla violenza esplicita e diretta dei maschi e dalla passività delle donne.
Tra i film dedicati alla criminalità organizzata della Calabria Una femmina spicca per la sua modalità narrativa spiazzante e passionale. Ne esce un film spietato, quasi una fiaba dark, pieno di ritmo e di azione, un film in cui le asperità e la dolcezza del dialetto restituiscono le contraddizioni di una terra tormentata, recondita e ignota, eppure magnetica, che il regista ha definito in una nota di regia «territorio inconscio di qualcosa che è sommerso».
«Durante la fase di scrittura non ci siamo ispirati ad un unico fatto di cronaca – ha precisato il regista – ma il film racchiude dentro di sé tante storie, tante voci e quella di Rosa sintetizza le esperienze drammatiche di tante donne. Donne che hanno avuto il coraggio di rompere con i legami di sangue e i codici d’onore della ’ndrangheta, l’organizzazione criminale che ha saputo, più di tutte, costruire il suo impero sulle fondamenta più solide e archetipiche al mondo: la famiglia. Se la ’ndrangheta oggi è così potente è proprio grazie a questa struttura e alla sua forza. Una femmina è quindi, prima di tutto, una storia familiare. La morsa psicologica, l’oppressione e il ricatto domestico, l’ombra di un passato fatto di sangue, sono elementi centrali che caratterizzano il mondo di Rosa. Ma Una femmina, nonostante la drammaticità e la violenza degli eventi narrati, è anche un atto d’amore verso la mia terra, un monito ad un riscatto tutto femminile».