Foto di ©Davide Panzavolta

Davide Panzavolta racconta la straordinaria storia del nonno Primo Malagoli, allievo di Alberto Braglia

Davide Panzavolta, nato a Modena nel 1981, è il fortunato padre di quattro ragazzi: Gaia, 22 anni; Adelaide, 18 anni; Viola, 5 anni; e Otello, 2 anni. La sua carriera nel mondo del teatro è iniziata molto presto, a soli 16 anni, come tecnico di scena al Teatro Comunale Pavarotti. Dopo una lunga gavetta, è partito in tournée come capo macchinista con una compagnia di musical per sei anni. Successivamente, ha lavorato per sei anni al Teatro Verdi di Salerno sotto la direzione artistica di Daniel Oren. Tra il 2012 e il 2016, ha partecipato a grandi eventi internazionali, ma con l’arrivo della sua terza figlia ha deciso di trovare un impiego più vicino a casa. Un infortunio alla mano destra lo ha costretto a una pausa di sei mesi, durante i quali ha riscoperto e riordinato i vecchi incartamenti di suo nonno, Primo Malagoli, rimasti a lungo dimenticati in soffitta. Oggi, Davide è deciso a raccontare la storia di suo nonno, una figura che ha segnato la storia della sua famiglia e che merita di essere ricordata.

Cosa ti ha spinto a interessarti così profondamente alla storia di tuo nonno?

Il ricordo di questa storia è sempre stato presente nella nostra famiglia. Fin da piccoli, sia io che mio fratello, e poi i nostri figli, siamo cresciuti con il manifesto dello spettacolo di nostro nonno appeso in camera: una fonte di ispirazione per dare sfogo all’immaginazione e creare giochi acrobatici, cercando di infilarci nella valigia proprio come Cirillino. Abbiamo sempre dato per scontato che tutti conoscessero questa storia. Tuttavia, recentemente, quando mia figlia Adelaide mi ha chiesto di raccontarle le avventure di mio nonno, mi sono reso conto che non ve n’è traccia da nessuna parte. Pertanto, prima che vada dimenticata, ritengo che debba essere raccontata.

Chi era Primo Malagoli, come è diventato allievo di Alberto Braglia e come ha ereditato lo spettacolo “Fortunello e Cirillino”?

Mio nonno, Primo Malagoli, nato nel 1907, nonostante provenisse da una situazione di indigenza, grazie alla sua straordinaria forza di volontà e al duro lavoro, fu scelto da Alberto Braglia come successore del suo spettacolo. Per anni fu allievo della società sportiva Panaro di Modena, dove venne allenato proprio dal tre volte oro olimpico Braglia, che lo scelse per continuare la corsa trionfale in giro per l’Europa del suo spettacolo “Fortunello e Cirillino”. Primo non disattese le aspettative del suo maestro e calcò con orgoglio quelle scene che, invece, non furono mai motivo di vanto per Braglia. Forte degli ottimi risultati di critica e pubblico ottenuti in Italia, partì per una lunga tournée europea che lo vide, negli anni più bui del ‘900, vivere ed essere testimone diretto là dove era il centro della scena europea. Infatti, nel 1940, essere a Berlino era come trovarsi a New York oggi, e calcare i suoi palcoscenici era come esibirsi ora nei migliori teatri di Broadway. Lo spettacolo di mio nonno è stato il primo in cui le arti mimiche circensi sono state coniugate con le spettacolari acrobazie ginniche, divenendo così pioniere di quello che molti anni dopo evolverà nei fantastici spettacoli del Cirque du Soleil. Alberto Braglia e Primo Malagoli furono i primi ginnasti di conclamata fama a intraprendere una carriera nel mondo dello spettacolo. Lo show traeva ispirazione dal primo fumetto apparso in Italia, pubblicato nel 1905 dal Corriere della Sera e poi dal Corriere dei Piccoli. Durante tutta la rappresentazione, Fortunello cercava di afferrare un imprendibile Cirillino che, compiendo fantastiche acrobazie, riusciva sempre a scappare. A nulla serviva rincorrerlo con la scopa, perché quel birichino ci si arrampicava sopra. Solo dopo l’ennesimo salto mortale, Fortunello riusciva a chiudere al volo Cirillino dentro a una capiente valigia a soffietto, guadagnandosi così l’uscita di scena.

Foto di ©Davide Panzavolta

Che tipo di spettacolo era “Fortunello e Cirillino”?

Lo spettacolo di mio nonno è stato il primo in cui le arti mimiche circensi sono state coniugate con le spettacolari acrobazie ginniche, divenendo così pioniere di quello che molti anni dopo evolverà nei fantastici spettacoli del Cirque du Soleil. Alberto Braglia e Primo Malagoli furono i primi ginnasti di conclamata fama a intraprendere una carriera nel mondo dello spettacolo. Lo show traeva ispirazione dal primo fumetto apparso in Italia, pubblicato nel 1905 dal Corriere della Sera e poi dal Corriere dei Piccoli. Durante tutta la rappresentazione, Fortunello cercava di afferrare un imprendibile Cirillino che, compiendo fantastiche acrobazie, riusciva sempre a scappare. A nulla serviva rincorrerlo con la scopa, perché quel birichino ci si arrampicava sopra. Solo dopo l’ennesimo salto mortale, Fortunello riusciva a chiudere al volo Cirillino dentro a una capiente valigia a soffietto, guadagnandosi così l’uscita di scena.

Chi era il ragazzino che accompagnava tuo nonno nello spettacolo?

Primo incontrò il suo Cirillino per strada, assolutamente per caso. Notando le sue attitudini fisiche, lo incoraggiò a esercitarsi nell’atletica e, da lì a pochi mesi, sotto la supervisione di Braglia, i due rimisero in piedi lo spettacolo. Erano anni duri, dove si faticava a mettere insieme il pranzo con la cena, quindi le 21 lire al giorno che guadagnava Cirillino erano un’ottima entrata per la sua famiglia. La loro avventura insieme durò per più di dieci anni, durante i quali Primo si prese cura di lui come di un figlio, e Cirillino, partito bambino, ritornò alla fine della guerra diventato uomo.

Quali erano le principali tappe europee dello spettacolo?

Questi sono i teatri in cui lo spettacolo è stato rappresentato: Theaterbetrieb Hamburg; Ufa Drehbahn a Berlino; teatro Olympia a Dortmund; teatro Apollo a Düsseldorf; teatro Apollo a Nürnberg; Lindenhof Gross Varietè a Köln; teatro Apollo a München; Deutschen Theater a Frankfurt; teatro Apollo a Augsburg; teatro Apollo a Leipzig; teatri a Dassau, Magdeburg, Vienna, Karlsbad.

Sei a conoscenza di episodi o eventi significativi durante i viaggi?

Qui la storia di mio nonno si fa nebulosa. Sembrerebbe che Primo, avuto sentore della prossima caduta del governo fascista in Italia, abbia lasciato tempestivamente la Germania il 15 luglio del ‘43, appena dieci giorni prima che Mussolini venisse sostituito da Badoglio. Qualcuno in Germania gli fornì in brevissimo tempo tutti i documenti necessari per espatriare prima a Copenhagen e poi a Göteborg. In cambio, Primo avrebbe dovuto portare con sé in salvo il figlio dell’uomo che lo stava aiutando e riportarlo a casa solo a guerra finita.

Sai in che modo ha influito il contesto storico-politico sugli spettacoli?

Mio nonno non aveva la tessera del partito fascista e, quindi, dubito sia stata una sua scelta spontanea portare il suo spettacolo in Germania. Sicuramente aveva un contratto con lo Stato tedesco che prevedeva undici mesi di spettacoli in teatro e un mese per le forze armate o per il governo. I documenti dimostrano che non contrattava né riscuoteva direttamente la paga dai teatri, ma era costretto a passare tramite l’amministrazione fiduciaria del lavoro per le professioni culturali.

Qual è stata l’esperienza di tuo nonno di esibirsi durante la Seconda Guerra Mondiale?

È una storia figlia di altri tempi e per certi aspetti quasi inconcepibile per i giorni nostri, ambientata negli anni più bui del Novecento e che lo vide essere testimone diretto là dove era il centro della scena europea. Mio nonno non ha mai raccontato in famiglia i dettagli di quegli anni, solo attraverso tutte le testimonianze scritte da lui meticolosamente raccolte e conservate e andando a intervistare i pochi testimoni ancora in vita siamo riusciti a ricomporre questa grande avventura.

Quali documenti e materiali hai a disposizione?

L’archivio è vasto e comprende sia materiale fotografico che la corrispondenza con i teatri, la rassegna stampa dell’epoca, le locandine delle località della tournée e c’è addirittura un filmato in 8 mm che mostra alcuni minuti dello spettacolo ideato dal tre volte oro olimpico Alberto Braglia. Ci sono perfino gli spartiti originali dell’epoca, quindi sarebbe possibile ricrearne la colonna sonora.

C’è qualche documento o materiale che stai cercando in particolare?

Siamo alla ricerca di qualsiasi tipo di testimonianza che possa aiutare a completare o implementare la storia. Il desiderio più grande sarebbe riuscire a individuare il bambino che mio nonno portò via dalla Germania. Avremmo bisogno che la diplomazia ci aiutasse a fare da tramite tra le varie istituzioni e organi che si occupano di preservare la memoria affinché anche questa storia possa essere raccontata in modo completo. Abbiamo modo di credere che a Berlino sia stato girato un film completo dello spettacolo e sarebbe l’unica copia esistente.

Qual è il tuo progetto con il museo di Modena?

Attualmente, con il Museo Civico di Modena, stiamo creando un comitato scientifico che si occuperà di approfondire la ricerca storica. Ci piacerebbe riuscire a creare una sinergia tra varie realtà cittadine: istituti scolastici, il conservatorio e, con l’aiuto dei teatri modenesi, poter riportare in scena lo spettacolo. Coinvolgendo così le nuove generazioni, ci assicureremmo che questa storia venga tramandata. Vorremmo poter portare una mostra a Berlino e in Svezia, paesi che per vari anni hanno ospitato mio nonno. E vorremmo trovare una sede a Modena dove poter esporre permanentemente il materiale.

Che impatto ha avuto questa storia su di te e sulla tua famiglia?

Purtroppo, non ho avuto la fortuna di conoscere mio nonno di persona, ma da quando ho scoperto il suo archivio e mi sono appassionato alla sua catalogazione, è un po’ come se avessi avuto la possibilità di riallacciare i rapporti con un vecchio amico che mi racconta la sua storia per aiutarmi a crescere e imparare dai suoi errori. Adesso trascorriamo molto tempo insieme. Sfogliando documenti, riordinando foto, cercando connessioni tra gli incartamenti, ritrovo le radici che mio nonno mi sta mostrando. Ora sta a me prendermene cura e assicurarmi che continuino a crescere salde.

Qual è l’eredità più importante che vorresti che la gente ricordasse di Primo Malagoli?

Dai racconti, mi sono fatto un’idea chiara su che tipo di persona potesse essere mio nonno e penso che l’insegnamento più importante che ci ha lasciato la sua storia sia quello di credere che, nonostante i giorni di pioggia, la vita ci regala molti più giorni di sole. Mi piace pensare che il percorso di Primo Malagoli sia stato un bagliore che ha attraversato un’epoca buia. Con l’arma del sorriso, ha combattuto la sua personale resistenza.

Quali sono i tuoi obiettivi personali nel portare avanti questo progetto?

Il mio obiettivo principale è quello di non disperdere la sua memoria; non possiamo dimenticare storie come questa. Ci sono tanti piccoli uomini e tante piccole storie da raccontare e, se sappiamo ascoltarle, ci rivelano da dove veniamo e ci mostrano la direzione verso cui ci stiamo incamminando. È vero che c’è una Storia con la “S” maiuscola, ma è altrettanto vero che sono proprio queste piccole storie a insegnarci grandi lezioni.