Nella foto: Copertina del libro

Il libro di Luigi Moncalvo «Agnelli: The Italian Royal Family» svela i retroscena più oscuri e controversi di una delle dinastie più potenti d’Italia. Moncalvo, con la sua consueta maestria nel giornalismo investigativo, ci conduce in un viaggio affascinante e sconvolgente all’interno dell’impero Agnelli.

Attraverso un’accurata ricerca e l’analisi di documenti inediti, l’autore ci mostra un ritratto inedito del „Senatore“ Giovanni Agnelli, svelando le sue manovre per impossessarsi della Fiat, i suoi rapporti ambigui con il fascismo e le sue strategie per accumulare un’enorme fortuna.

Ma il libro non si limita al passato. Moncalvo racconta anche la turbolenta storia dell’eredità Agnelli, con la guerra fratricida che ha opposto i membri della famiglia per il controllo del colossale patrimonio.

Abbiamo intervistato l’autore del libro che ha scosso l’opinione pubblica e che ci ha rivelato aspetti inattesi di una delle famiglie più influenti d’Italia.

Nel libro si parla di „pagine nere“ inedite conservate all’Archivio Centrale dello Stato. Può descrivere più nel dettaglio la natura di questi documenti e come è riuscito ad accedervi?

Si tratta di una parte dei rapporti della Polizia politica, cioè l’OVRA, sui componenti della Famiglia Agnelli e in particolare su Virginia Bourbon del Monte, mamma dei sette fratelli Agnelli. Ma, soprattutto, delle carte su Giovanni Agnelli senior e su Vittorio Valletta. Sono gli atti inediti dell’Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il fascismo e del CLN del Piemonte che ordina la confisca e l’esproprio della FIAT e dei beni personali dei tre indagati dato che tra di essi c’era anche Carlo Camerana, rappresentante dell’altro ramo (oltre a quello del figlio Edoardo) della Famiglia del sen. Agnelli, quello della figlia Aniceta (“Tina”, andata in sposa al Barone Nasi). L’Archivio Centrale dello Stato conta su ottimi operatori che sanno districarsi con grande maestrìa fra migliaia di documenti ancor oggi preziosi e sanno mettere in relazione i vari argomenti e personaggi arrivando a completare al massimo grado l’oggetto delle ricerche.   

Oltre ai memoriali di Giovanni Agnelli e Vittorio Valletta, quali altre fonti primarie ha consultato per ricostruire la storia della famiglia e le vicende legate alla Fiat?

Per la verità alcune fonti considerate “primarie”, in particolare certi storiografi che si sono occupati del passato della Famiglia, hanno per lo più operato sulla base dei “desideri” dei “committenti”, cioè gli stessi esponenti della Famiglia, arrivando ad omettere e cancellare certi misfatti sorvolando sui momenti più sgradevoli, negativi e poco commendevoli. Lo scopo di Gianni Agnelli è sempre stato quello di far rifulgere la figura del Nonno e quindi di “condizionare” o “mettere sotto contratto” scrittori che praticassero l’auto-censura e che, agendo su commissione, garantissero una visione parziale della storia e della realtà, specie per quanto riguardava le complicità col fascismo. Il ripetersi di libri o studi, sponsorizzati dagli Agnelli e miranti solo alla creazione del “mito” degli Agnelli, del Nonno e del Nipote, hanno impedito per molto tempo l’emersione delle verità più scomode e hanno diffuso una coltre di unanimità, e silenzio sulle pagine più nere, una sorta di “mainstream” che per anni ha condizionato la storia del vecchio Agnelli solo a senso unico.   

Come ha gestito la mole di informazioni e la necessità di distinguere tra fatti accertati, testimonianze e interpretazioni, soprattutto in vicende così complesse e delicate?

Proprio grazie ai documenti contenuti dell’Archivio Centrale dello Stato. Anche se alcuni di essi andavano vagliati con attenzione, specie i rapporti dell’OVRA, il cui Capo – dal 1926 Capo della Polizia, Prefetto Arturo Bocchini, il “viceduce”, agiva non solo agli ordini di Mussolini ma faceva prevalere i desideri di Giovanni Agnelli sr. Mettendogli a disposizione agenti, spie, informatori e quindi mezzi e risorse. Bocchino, da uomo di mondo, a un certo punto aveva previsto che il fascismo non sarebbe durato a lungo e per garantirsi il futuro e ottenere la gratitudine del Sen. Agnelli preferì mettersi al suo servizio e puntare su di lui, ritenendolo più potente anche di Mussolini. La morte nel novembre 1940 impedì al Capo dell’OVRA di realizzare questo suo intento.   

Il libro dipinge un ritratto controverso di Giovanni Agnelli senior. Quale aspetto della sua personalità o del suo operato ritiene sia stato più frainteso o trascurato dalla storiografia tradizionale?

La menzogna, l’opportunismo, la volontà di nascondere a tutti i costi le sue responsabilità e connivenze col fascismo. Tutto questo emerge in maniera lampante nei suoi memoriali difensivi, nelle istanze dei suoi avvocati (scritte sotto dettatura dello stesso Agnelli), nel cumulo di capovolgimenti e stravolgimenti della realtà che il potente industriale lascia scritti in centinaia di pagine supplichevoli e lacrimevoli nel momento in cui viene espropriato dal CLN di Torino dei suoi beni e corre un pericolo che non aveva previsto: la possibilità che gli venga portato via tutto, a cominciare dalle fabbriche. Dopo l’8 settembre, Agnelli cambia registro: non è più arrogante, protervo, sicuro di sé, certo dell’impunità ma diventa consapevole del rischio che gli portino via la “roba”. E quindi indossa addirittura la maschera del partigiano, occultando e respingendo le proprie collusioni, i finanziamenti, l’appoggio, il sostegno a Mussolini nascondendo e capovolgendo episodi e circostanze gravissime che dimostrano tutto il contrario.    

Lei parla di un „capitalismo di rapina“ in riferimento all’ascesa di Agnelli alla guida della Fiat. Può spiegare meglio questa definizione e fornire esempi concreti tratti dal libro?

Il modo in cui Giovanni Agnelli senior porta via il controllo della FIAT ai suoi soci e ne diventa padrone assoluto è da manuale per quanto riguarda il “capitalismo di rapina”. Lo dimostrano le imputazioni con cui la magistratura torinese lo manda a processo: ripetuti falsi in bilancio, aggiotaggio in Borsa, false comunicazioni ai soci e agli organi societari, diffusione di notizie false per alterare i corsi del mercato. In sostanza Agnelli dà vita a una serie di giochi e artifici finanziari tali da prospettare una falsa realtà ai suoi soci e agli azionisti.

Come interpreta il „doppio gioco“ di Agnelli con il fascismo, descritto nel libro? Era una strategia puramente opportunistica o c’erano altre motivazioni?

Si trattava di una condotta che aveva un solo scopo: l’opportunismo e il desiderio di massimizzare i profitti servendosi di qualsiasi mezzo, lecito o meno. Quando Agnelli diceva “sono antifascista a Torino e fascista a Roma” sintetizzava alla perfezione il suo modo di essere. “Antifascista a Torino” poiché aveva la necessità di “tenersi buoni” il PCI e i sindacati timoroso com’era di scioperi e boicottaggi. “Fascista a Roma” poiché nella capitale c’erano il Duce e i ministri che firmavano le commesse di guerra a favore della FIAT e gli ordinativi per le gigantesche e redditizie forniture belliche.

 I memoriali inediti di Agnelli lo mostrano sotto una luce diversa. Quali sono le principali differenze tra l’immagine pubblica del Senatore e quella che emerge da questi documenti?

Curzio Malaparte il giorno in cui venne licenziato da Agnelli su ordine di Mussolini dalla direzione de “La Stampa”, prima di andarsene parlò ai giornalisti e pronunciò la famosa frase: “Meglio vivere un giorno da leone che cent’anni da Agnelli”, con la A maiuscola. Aveva ragione: il potente, tracotante, fiero e indistruttibile senatore Agnelli aveva anche la capacità di trasformarsi in “pecora” nel momento del bisogno: di fronte alla concreta prospettiva di vedere andare in fumo tutto il suo ingente patrimonio, non esitò infatti a farsi davvero pecora o agnello. Ad affermare e scrivere il falso pur di salvare se stesso e i suoi beni.  

Il libro accenna alla „guerra ventennale“ per l’eredità di Gianni e Marella Agnelli. Quali sono stati i momenti chiave di questa disputa e quali le principali motivazioni delle parti coinvolte?

Lo schema appare lo stesso adottato dal Nonno, anzi dal trisnonno di John Elkann: cercare sempre di mettere le mani sul “malloppo” e mettere in atto ogni iniziativa pur di tenerlo tutto per sé e non dividerlo con nessuno, anche se si tratta della propria madre, per di più – in quanto figlia – legittima erede del patrimonio di Gianni Agnelli. Pe ottenere questo risultato non ci si deve fermare di fronte a nulla né avere timori o tentennamenti. Non importa se ci potrebbero essere violazioni di legge o documenti di difficile credibilità o prove inconfutabili; non importa se la Magistratura scopre “pistole fumanti”: bisogna andare avanti a tutti i costi, anche a scapito della propria credibilità personale, dell’etica, dell’immagine e di quell’aura di rispettabilità che un imprenditore o un finanziere dovrebbe comunque sempre avere. Solo che questa volta avviene qualcosa di impensabile, che in Casa Agnelli non era mai stata considerata: che sia addirittura una Agnelli a consegnare agli inquirenti tutti i documenti e, di fronte a questo, la determinazione dei magistrati di andare avanti nell’inchiesta, senza alcun timore reverenziale o forme di sudditanza che in passato avevano garantito l’impunità alla Royal Family. Tutti elementi che sono venuti e stanno venendo meno. Sarà interessante vedere se e quanto dureranno o se ci sarà qualche intervento inatteso e, al momento, imprevedibile….  

 Come si collega la gestione dell’eredità di Gianni Agnelli con le strategie e gli insegnamenti del nonno, Giovanni senior?

Non ti devi fermare di fronte a nessun ostacolo. Poco importa della legge, delle carte, dei documenti, degli impegni presi, dell’etica, dei legami di sangue, dei diritti: bisogna sempre andare avanti verso l’obiettivo di accumulare, accumulare, accumulare, Passando sopra tutto e tutti. Anche la verità, anche la propria madre.

Il libro dedica spazio anche ad altre figure della famiglia Agnelli. Quale di queste storie secondarie ritiene particolarmente significativa o rivelatrice del contesto familiare?

Ho cercato di comporre il quadro di Casa Agnelli nella sua interezza. Spesso ci si concentra solo sui nomi più noti e ci si dimentica di tutti quei rami famigliari che vantano giovani e meno giovani esponenti di grande rispettabilità, che tengono fede al loro pedigree e onorano il cognome che portano. Molte di queste persone sono rimaste colpite dalla scoperta di quanto fosse immenso il patrimonio nascosto di Gianni Agnelli e si sono chieste: “Se le dimensioni erano così vaste e redditizie, per caso anche noi, così come Margherita, siamo stati privati di una fetta di ciò che ci spettava?”. Dietro la facciata perbene di John Elkann c’è un mondo di parenti che gli è grata per i dividendi che egli ogni anno distribuisce, ma che è al tempo stesso tormentata da un dubbio atroce: “Gianni aveva fatto le cose per bene a proprio favore e nel suo interesse, ma per caso non ha distribuito anche a noi ciò che per intero ci spettava di diritto e se n’è appropriato?”.

Qual è stato l’aspetto più sorprendente o inaspettato che ha scoperto durante la ricerca per questo libro?

Proprio questa sorta di malcontento parentale, condito da molti sospetti, per ora sotterraneo e inespresso ma pronto a venire a galla nel momento in cui le azioni giudiziarie delle due parti in lotta dovessero portare alla luce “soprusi” o illegalità commesse non solo a danno di Margherita ma anche degli altri esponenti dei vari rami famigliari.

Cosa si propone di comunicare al lettore con questo libro? Qual è il messaggio principale che vorrebbe trasmettere?

Per chi vuole arricchirsi facilmente c’è una via breve come quella che Gianni Agnelli confidava: “Tutto quello che ho, l’ho ottenuto grazie all’eredità che mi ha lasciato mio nonno”. Per chi, invece, non ha un’eredità cui attingere, ora o in futuro, c’è solo un modo: continuare a lavorare onestamente e guardarsi allo specchio ogni mattina senza vergognarsi delle nefandezze che si sono per caso compiute a danno di qualcuno.

Questo libro si inserisce in una serie di sue pubblicazioni sulla famiglia Agnelli. Come si differenzia questo volume dai precedenti? Quali nuove informazioni o prospettive offre?

Mentre i precedenti (l’introvabile “Agnelli Segreti”, “I Lupi e gli Agnelli”, “Agnelli Coltelli” e “I Caracciolo”) cercavano di “preparare” il lettore per entrare nella intricatissima Saga, quest’ultimo – che ne precede altri due in preparazione – va a toccare aspetti più specifici: come è stato possibile accumulare una ricchezza così grande, quali metodi sono stati usati, come è possibile arrivare ad “accoltellare” i propri parenti, sangue del proprio sangue, come sta avvenendo per la guerra tra Marella e sua figlia, tra John e sua madre, e viceversa.    

Lei ha una lunga esperienza come giornalista. Come ha influenzato il suo approccio giornalistico la scrittura di questo libro di storia?

La grande curiosità da una parte, e poi la possibilità di scoprire gli “scheletri nell’armadio” – grazie alla imponente mole di documenti depositata dai diretti interessati nelle cancellerie dei tribunali – ma soprattutto la vasta e inesplorata prateria che si è aperta davanti a me grazie al silenzio e all’omertà ultra cinquantennale della stampa italiana che ha badato soltanto a creare il mito di Gianni Agnelli dimenticando, nel suo caso, che “dietro ogni grande fortuna si nasconde un delitto”, in senso metaforico ovviamente….

Il libro ha già avuto una prima e seconda ristampa in breve tempo. Come interpreta questo grande interesse del pubblico per la storia della famiglia Agnelli?

Proprio per il silenzio che per anni ha sempre circondato la Royal o ex-Royal Family. Ciò ha accresciuto nel pubblico il desiderio di sapere e di scoprire finalmente che tutto il denaro che usciva dalle nostre tasche sotto forma di contributi pubblici per sostenere e arricchire la Fiat non veniva reinvestito per creare posti di lavoro e nemmeno utilizzato per pagare le tasse: ma serviva solo per arricchire e aumentare a dismisura il patrimonio del cosiddetto Avvocato (poiché tale non era). Un chiaro esempio di socializzazione delle perdite (pubbliche) e di massimizzazione dei profitti (privati).