Joyce Lussu, scrittrice, partigiana, traduttrice, una protagonista del Novecento da scoprire nel libro di Giorgia Gabbolini
La memoria storica e letteraria è selettiva e trascura nel tempo personalità di grande levatura che hanno da dire molto anche oggi. Joyce Lussu (Firenze, 1912 – 1998, Roma) nata Salvadori, è una di queste personalità di notevole spessore morale: antifascista, partigiana combattente, scrittrice, traduttrice, femminista, terzomondista ha sempre vissuto e agito per la libertà. Ha scritto: “o si è liberi tutti o non si è liberi nessuno”. Giorgia Gabbolini l’ha riportata alla memoria con un libro “Joyce Lussu, una donna e la libertà” (CR Edizioni), presentato lo scorso 18 marzo presso la sala della Mci di Francoforte Centro. Il Coordinamento Donne, la sezione ANPI di Francoforte e la Deutsch-Italienische Vereinigung hanno organizzato la serata in presenza dell’autrice.
Giorgia Gabbolini, come è arrivata a scoprire Joyce Lussu?
È stato un caso perché volevo scrivere una tesi di laurea sulle donne partigiane, poi la mia relatrice mi ha proposto di fare ricerca su un libro di Joyce Lussu, perché neanche lei la conosceva bene. Su internet ho trovato il Centro Studi Joyce Lussu a Porto San Giorgio nelle Marche. Da lì sono partita e ho conosciuto le persone del centro, amici di Joyce da lunga data.
Joyce Lussu ha ricevuto la medaglia d’argento al valor militare per aver combattuto nella Resistenza contro le forze nazifasciste. È stata una delle poche donne ad aver ricevuto questo riconoscimento fra le tantissime che hanno fatto la Resistenza. Giorgia Gabbolini racconta che Joyce Lussu ci teneva a ricevere la medaglia perché rappresentava il riconoscimento pubblico del valore di una donna che ha fatto la Resistenza. Ma poi la teneva appesa in bagno. Quella medaglia aveva per lei più un valore esemplare per tutte le altre donne della Resistenza che non hanno ricevuto nessun riconoscimento.
Ci sono molte storie e aneddoti come questo nel libro di Gabbolini, raccolti da testimonianze dirette?
Il libro è il risultato degli incontri, delle emozioni e delle interviste fatte alle persone e agli amici che hanno conosciuto Joyce Lussu. Ho girato tutta Italia e ci sono voluti quasi due anni per realizzarlo. E ancora oggi ricevo mail e telefonate dove mi dicono di aver trovato nuovi carteggi di Joyce.
È come se con il libro Giorgia Gabbolini avesse messo in moto un circolo virtuoso che sta suscitando interesse intorno a questa donna, protagonista del Novecento. Tuttavia lei stessa ha distrutto molto materiale, molte lettere, per esempio il suo carteggio con il filosofo Benedetto Croce, per evitare che cadessero nelle mani della Gestapo nell’Italia occupata. I due erano legati profonda stima e amicizia.
Il libro “Joyce Lussu, una donna e la libertà” è diviso in due parti, una biografica e una dedicata alle opere. Lei parla di Joyce Lussu, chiamandola per nome, Joyce, perché?
Perché conoscerla e scrivere il libro è stato un lavoro intenso per me, un dialogo intimo fra me e lei. In lei non c’è separazione fra personaggio politico e essere donna e madre. Lei era tutto questo coerentemente, dalla sfera affettiva, intima, a quella pubblica e politica. Essere così, sempre coerente a se stessa le ha permesso di fare tutto quello che ha fatto. La vita di Joyce Lussu ci aiuta anche in questo, a riscoprire personaggi femminili non per contrapporli alle figure maschili, ma perché abbiano peso nella nostra società, perché ci deve essere l’apporto di entrambi.
Joyce Lussu era sposata al più noto Emilio Lussu, politico, militare, antifascista e scrittore sardo da cui ha avuto un figlio, Giovanni. In Sardegna Joyce Lussu si avvicinò al mondo ancestrale di quella che allora era la regione più povera d’Italia, soprattutto conoscerà le donne sarde che le ispireranno molti versi raccolti in “L’olivastro e l’innesto”. Poetessa e traduttrice, Joyce Lussu, ha anche tradotto dal turco il poeta Nazim Hikmet, uno dei più grandi del Novecento, senza conoscerne la lingua. L’empatia, i dialoghi con il poeta attraverso la mediazione di altre lingue hanno reso possibile questo lavoro di straordinaria originalità e fedeltà all’ispirazione poetica di Hikmet.
Qual è l’eredità di Joyce Lussu oggi per una giovane donna come Lei, per noi tutti, uomini e donne?
La possibilità di fare domande. Nelle interviste che ho fatto per il libro tutti mi raccontavano che Joyce chiedeva sempre due cose alle persone che incontrava: „Chi sei?“, e poi „Che cosa fai per cambiare il mondo?“. Ognuno deve sapere qual è il suo passo per cambiare il mondo, ci si interroga, poi una volta che si sa, si parte.
Quali sono i suoi prossimi progetti?
Una parte degli introiti del libro andranno al Centro Studi Joyce Lussu, per continuare la ricerca su di lei e per farla conoscere anche all’estero con la traduzione dei suoi libri e portarla in più posti possibili. Da poco è uscito un suo libro in tedesco “Weite Wege in die Freiheit” (Fronti e frontiere). Poiché lei è stata anche una bravissima traduttrice, dovremmo fare lo stesso anche con lei. Adesso sono qui, ma mi vedo a fare ricerca, aprire nuove porte, che si aprono con Joyce, compagna di viaggio.