Quando al talento si uniscono la tenacia e la determinazione del nostro Sud
Il primo dicembre 2019, nella splendida cornice dell’Herkulessaal della Residenza di Monaco di Baviera, la Münchner Kammerphilharmonie dacapo sotto la direzione di Franz Schottky ha eseguito il Concerto per pianoforte n. 1 di Frédéric Chopin, capolavoro virtuoso dell’era della musica romantica interpretato magistralmente da Alberto Ferro. È in quella occasione che abbiamo conosciuto il giovane pianista siciliano, già noto a livello internazionale. Di seguito l’intervista che ci ha rilasciato.
Signor Ferro, quello del dicembre scorso non è stato il Suo primo concerto a Monaco…
È stato il mio settimo concerto. Dal 2015 ad ora ho tenuto cinque concerti all’Herkulessaal der Residenz, preceduti da altri due alla Künstlerhaus am Lenbachplatz.
Quando ha conosciuto Franz Schottky, direttore e fondatore della Münchner Kammerphilarmonie dacapo?
Ho conosciuto Franz Schottky nel dicembre del 2014, in occasione del Verona International Piano Competition, il mio primo concorso internazionale a cui partecipai e dove vinsi il secondo premio. Franz era uno dei membri della giuria e subito dopo la premiazione dei finalisti mi invitò a debuttare l’anno dopo a Monaco con la sua orchestra. Accettai con entusiasmo, anche perché si trattava della prima volta in Germania.
A Monaco ha interpretato Frédéric Chopin. C’è un compositore con cui ha una “affinità elettiva”?
Farei cenno a numerosi compositori rispondendo a questa domanda. Da un lato preferisco il “tardo” Beethoven per la sua riflessione intellettuale e per le innovazioni che ha apportato nelle forme musicali, mentre dall’altro lato Rachmaninov per il “romanticismo russo”. L’affinità con quest’ultimo compositore mi ha portato ad incidere un CD sui suoi Études-Tableaux, pubblicato dall’etichetta francese Muso il 10 aprile 2020.
Quando ha scoperto di avere la passione per il pianoforte e quali sono state le principali tappe del Suo percorso artistico?
Mia madre è insegnante di pianoforte, quindi l’approccio allo studio del pianoforte è nato naturalmente. Ho iniziato a fare musica all’età di tre anni, per gioco, ma ho intrapreso lo studio serio del pianoforte a nove anni, quando sono stato ammesso a studiare presso il Conservatorio “Vincenzo Bellini” di Catania. Ho ottenuto il diploma nel 2014 e in seguito mi sono dedicato ai concorsi nazionali ed internazionali, che mi hanno proiettato alla carriera concertistica.
Ci può dire quanti anni ha?
Ventiquattro.
Nonostante la giovane età si è già esibito in numerose città europee. C’è un concerto che ricorda con particolare piacere?
Ricordo con particolare piacere il Recital che ho tenuto presso il Palazzo del Quirinale a Roma, il 5 marzo 2017. Il concerto è stato trasmesso in diretta su Rai Radio 3 e attraverso i collegamenti Euroradio in molti paesi d’Europa. Giusto cinque minuti prima di iniziare è arrivato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per assistere al mio concerto ed è stato ancora più emozionante esibirmi davanti a lui, anche perché non era prevista la sua presenza. Quando ho finito di suonare, si è alzato ed è venuto a complimentarsi, ringraziandomi per il concerto che avevo donato a lui e al pubblico.
Una grande emozione, visto che Mattarella è siciliano come Lei. Che vuol dire essere siciliano e vivere a Gela?
Significa gioire dei colori, profumi e sapori della mia terra di cui sono innamorato. Gela mi ha dato i natali e, già oltre 2700 anni fa, fu una delle prime colonie greche in Italia. Magari la Sicilia può non offrire la stessa formazione artistica e culturale che è presente in altre regioni, ma io personalmente non ho avuto alcuna difficoltà a completare gli studi musicali in questa terra, anzi ritengo di essere un privilegiato per aver conosciuto un grande maestro, Epifanio Comis, che mi ha aiutato e continua ad aiutarmi a conseguire importanti risultati nei concorsi pianistici. In Sicilia sono presenti tre Conservatori e tantissimi Istituti Musicali, quindi penso che l’offerta di studio sia molto ricca. Inoltre vi sono tante strutture teatrali, come il Teatro Massimo “Vittorio Emanuele” e il Teatro Politeama di Palermo, nonché il Teatro Massimo “Vincenzo Bellini” di Catania, le cui stagioni sinfoniche e liriche sono tra le più prestigiose a livello nazionale.
Come trascorre la Sua giornata tipo?
In larga parte studiando. Quando ho un po’ di tempo libero leggo tanti libri, guardo documentari, fotografo tramonti e mi piace anche effettuare simulazioni di volo.
In che modo lo studio della musica ha influenzato la Sua personalità?
Per me la musica è una fusione tra cervello, cuore e passione. Tutte e tre sono fasi che conosco bene perché fanno parte della mia vita e l’intreccio tra loro è fortissimo. La passione per il pianoforte è nata probabilmente con me, e per sostenerla c’è voluto un cuore grande nell’accogliere e gestirne le complessità. Pertanto lo studio della musica e la conoscenza dello strumento oltre che la tecnica pianistica si alimentano di tanta riflessione, condizione necessaria per la mia crescita umana e culturale.
Come si fa a eseguire a memoria concerti che durano quasi un’ora?
Si tratta di un normale metodo di studio: prima di lavorare sulla partitura, solitamente ascolto varie interpretazioni per analizzare meglio il brano e in seguito ripeto tante volte ogni singolo passaggio per memorizzare.
Il primo dicembre a Monaco c’erano anche i Suoi genitori e nella loro espressione abbiamo colto la felicità e l’orgoglio di avere un figlio come Lei. Quanto ha contribuito la Sua famiglia nella Sua formazione artistica?
I miei genitori mi hanno sempre stimolato e seguito sin da bambino. Sono molto grato a loro per tutti i sacrifici che hanno fatto per me e, in occasione del mio concerto a Monaco, ammetto che ero molto emozionato anche per loro.
Negli ultimi decenni la musica classica in Italia ha ceduto il passo e non pochi sono i teatri che hanno ridotto le rappresentazioni operistiche e concertistiche. Gli stessi conservatori di musica vivono da anni un periodo di forte crisi. Cosa non sta funzionando in Italia?
A parer mio, l’Italia per tradizione mantiene sempre viva la diffusione della cultura musicale. Ma senza dubbio nei paesi dell’Europa centrale le associazioni, le società concertistiche, le fondazioni lirico-sinfoniche, i teatri e le sale da concerto hanno maggiori occasioni per promuovere la musica classica. Occorrerebbe sensibilizzare maggiormente la classe politica del nostro paese a valorizzare appieno questo patrimonio artistico. In questo periodo tanti giovani concertisti come me si stanno avvicinando al mestiere dell’insegnamento e i conservatori sono delle garanzie lavorative. Da due mesi ricopro la cattedra di Pianoforte presso il prestigioso Conservatorio “Umberto Giordano” di Foggia e non nascondo il mio entusiasmo per questa esperienza magnifica.
Dalla Sicilia alla Puglia, dunque comunque nel Sud. Peraltro il caso vuole che Gela sia stata rifondata nel XIII secolo da Federico II di Svevia che a Foggia stabilì la sua sede imperiale costruendo un Palazzo, purtroppo scomparso, che sorgeva proprio a pochi metri di distanza dall’attuale conservatorio. Oltre al Suo talento come pianista, cosa porterà a Foggia come docente?
Cercherò di insegnare ai miei allievi tutto quello che ho ereditato dal mio mentore, in particolare: trattare il pianoforte con una visione musicale globale, ovvero come una grande orchestra sinfonica ricca di varietà timbrica senza però trascurare l’aspetto prettamente strumentale e il rispetto della partitura.
Cosa significa per un musicista l’emergenza Coronavirus?
Ad oggi non riesco ad immaginare come si potrà lavorare con lo stesso ritmo di qualche mese fa. Immagino incassi ridotti sia per gli organizzatori sia per gli artisti e non escludo che ci potrebbe essere una maggiore selezione sull’interprete da proporre nelle stagioni concertistiche, con una ricaduta negativa sull’offerta. Tuttavia bisogna farsi trovare sempre pronti a ripartire perché la musica è meravigliosa e ha bisogno di noi musicisti. Con la musica si potranno superare tante difficoltà.
Dopo l’emergenza quale sarà il Suo prossimo appuntamento?
Adesso diventa difficile programmare il futuro. Un mio auspicio è che io possa recuperare tutti i concerti che sono stati annullati in questi mesi, come il mio debutto in America con il Concerto n. 3 di Rachmaninov, programmato a fine marzo presso l’Auditorio Nacional del Sodre di Montevideo. Tuttavia mi attendono altri concerti importanti a partire da agosto: Genova, Pescara, Pordenone, Bonn. Tornerò presto a Monaco: suonerò il Concerto n. 2 di Chopin, nuovamente con Franz Schottky e la sua orchestra, all’Herkulessaal il 28 marzo 2021.
Ha un sogno nel cassetto di cui può metterci al corrente?
Sono tanti i sogni. Spero di riuscire a debuttare alla Carnegie Hall di New York e al Teatro alla Scala di Milano.