A distanza di dieci anni dal suo ultimo film, il regista romano Dario Argento, all’età di 81 anni, è tornato a girare un film.
Occhiali neri, presentato nella sezione “Special” della Berlinale 2022, rientra nel genere che gli è più congeniale, ovvero il thriller, di cui è stato per decenni l’esponente di punta non solo nel contesto cinematografico italiano ma di tutto il mondo.
La vicenda è ambientata nella Roma di oggi nel contesto di un’eclissi di sole in una torrida giornata d’estate. È il presagio del buio che avvolgerà Diana (Ilenia Pastorelli,), escort d’alto bordo che bazzica gli hotel della capitale, quando un serial killer alla guida di un furgoncino bianco la sceglie come preda. La giovane donna, infatti, per sfuggire al suo aggressore, finisce con lo schiantarsi contro una macchina perdendo la vista. Dallo choc Diana riemerge decisa a combattere per la sua sopravvivenza, ma non è più sola. A difenderla e a vedere per lei adesso ci sono Nerea, il suo cane lupo tedesco, e il piccolo Chin (Xyniu Zhang), sopravvissuto all’incidente. Il bambino cinese con i suoi grandi occhi, la voce dolce dall’accento straniero, il carattere di un ragazzino indipendente e al tempo stesso indifeso, la accompagnerà nella fuga. Ossessionati dal sangue che li circonda, i due saranno uniti dalla paura e dalla disperata ricerca di una via di scampo, perché l’assassino non vuole rinunciare alle sue prede.
Nel film recita anche Asia Argento, figlia di Dario, nella parte di Rita, la donna che istruisce Diana muoversi per la città con il bastone da ciechi e il cane guida. Certo, lo smalto e freschezza di pellicole giovanili quali Profondo rosso e Suspiria sono perduti da un bel pezzo, ma in Occhiali neri Dario Argento rinverdisce i fast del passato usando tutti i trucchi del mestiere e i tratti stilistici che hanno reso indimenticabili certe sue pellicole. Funziona molto bene, per esempio, la colonna sonora, caratterizzata da una base elettronica martellante che scandisce perfettamente la tensione crescente della vicenda. Inoltre, è apprezzabile la modalità con cui viene resa davanti agli occhi del pubblico la catena di omicidi e la violenza truculenta, che alle volte paiono vere e proprie “autocitazioni” dei suoi precedenti. Non ricorre al 3D, come aveva fatto nel film Dracula 3D (2012), ma ritorna ad effetti costruiti in maniera più artigianale senza il ricorso a tecnologie complesse.
Nell’insieme il film riesce a rendere molto bene le tipiche atmosfere dei film di Dario Argento: paura e orrore che conducono i protagonisti, anzi le protagoniste, a ritrovarsi improvvisamente sfasate rispetto alle altre persone e alla realtà circostante, come se entrassero in una realtà parallela, onirica e impalpabile.