Quando una famiglia va in crisi, i parroci di un tempo suggerivano di andare a rivedere le foto del loro matrimonio. E‘ cosa che invitiamo a fare a coloro che si dimostrano scettici sul futuro dell’Europa che conosciamo. Uno sguardo ed un ricordo a chi concepiva l’idea unitaria d’Europa, non solo è un dovere di rispetto per coloro che vi credettero (tanti!) e che oggi vi credono ancora (pochi!); ma è anche un obbligo morale per capire il perché di quella scelta, nata in un luogo non comune, l’isola di Ventotene, a largo delle coste laziali, sede di confino per molti oppositori del regime fascista già dal 1926. E per ironia della storia,proprio da un manipolo di esclusi di quel momento storico, emerse un seme che oggi potrebbe diventare pane per tutti, se altre contingenze storiche non ne avessero limitato lo sviluppo, forze legate a quella zizzania che il Vangelo individua nella natura diabolica che alberga nel cuore dell’Uomo.
Capo di quel manipolo, o meglio suo divulgatore, fu un giovane lombardo, Eugenio Colorni, che insieme a due più maturi intellettuali di formazione politica diversa – il liberale Ernesto Rossi ed il socialista Altiero Spinelli – elaborò la Magna Charta dell’idea di Europa, il cd. Manifesto di Ventotene, per un’Europa libera ed unita, un sottotitolo esplicativo che oggi suona un po‘ ipocritamente quando vediamo certi atteggiamenti degli attuali governanti delle istituzioni europee che pontificano di mercati, P.I.L. deficit, ecc. ecc., dove i concetti di libertà e di unità, ci sembrano eguali a quelli che Manzoni metteva in bocca ai tiranni spagnoli nella Milano del’600…Eugenio, invece,di famiglia ebraica media, legata al fior fiore dell’ebraismo integrato in Italia di fine ottocento – i Pontecorvo, gli Ascarerelli, i Sereni – curò da giovane i classici della filosofia, con Leibnitz in testa, alternandosi anche nella letteratura e nella poesia espressionista, come ci attestò uno dei suoi primi maestri, il siciliano Giuseppe Antonio Borgese.
E sotto la direzione del neokantiano Piero Martinetti, si lanciò in filosofia nel 1930, non senza aver bazzicato i circoli universitari lombardi accanto a Lelio Basso e Rodolfo Morandi, fino a frequentare il movimento segreto di Giustizia e Libertà di Torino, conoscendo Leone Ginzburg e Vittorio Foa, che apprezzò per la loro fede comunista, ma mai abbandonando lo spirito democratico antitotalitario che lo portava mantenere cordiali rapporti epistolari con Croce. Fu però altrettanto essenziale l’ulteriore tappa quella di passare un triennio di studi in Germania. Qui ebbe tre esperienze fondamentali: a Berlino nel 1931, incontrò la giovane ebrea Ursula Hirschmann che sposò qualche anno dopo e dalla quale ebbe tre figlie, esperienza che fra poco riprenderemo. Dal 1931 al 1934, sempre dalla Germania, inviò diversi scritti di approfondimento a varie riviste di filosofia, specialmente alla rivista di Martinetti, tentando di costruire un ponte fra la concezione morale di Kant del suo maestro ed il pensiero estetico del Croce.
Infine, frequentò l’università di Marburgo, dove ascoltò Heidegger, Jaspers e la Arendt, rimanendo turbato per le tragiche vicende di quei pensatori che l’avvento del Nazismo – siamo nel 1933 – aveva colpito, decidendo altresì di ritornare in Italia, anche per riprendere la lotta antifascista. Fino al 1939, viaggiò tra Italia e Francia facendo da messaggero con gli intellettuali antifascisti a Parigi. Scattate nel 1938 le leggi antiebraiche, ne fu vittima perché perse la cattedra alle scuole medie superiori e perché la moglie tedesca subì persecuzioni su segnalazione del governo nazista. Al fine di salvaguardarla, Eugenio si addossò la falsa responsabilità di un presunto complotto ebraico e quindi venne confinato a Ventotene per cinque anni. E qui Eugenio ha diretti rapporti con gli antifascisti di scuole diverse, Rossi e Spinelli, nonché col meridionalista Rossi Doria.
I quattro elaborano dunque la Magna Charta del futuro, fondata su tre pilastri: il rifiuto del nazionalismo, che esasperava i rapporti gli stati sovrani e che per tre secoli aveva prodotto una serie infinita di guerra sul suolo europeo: l’accettazione del federalismo, con la cessione di poteri nazionali ad un organismo sovranazionale, dotato di poteri alla stregua di un singolo Stato. Soprattutto, l’ideale fattosi più pratico col secondo conflitto mondiale, di un salutare rimescolamento dei popoli europei dopo la brutale invasione nazista e ben al di là del principio marxista di internazionalismo già soffocato nel primo dopoguerra dal mondialismo capitalista. In sostanza all’elemento espansivo del Capitale – libera circolazione di merci e servizi – Eugenio affiancava la libera circolazione delle persone e dei lavoratori. Di qui, non solo auspicava la creazione democratica e parlamentare di un Governo unitario, ma anche di un esercito federale e l’unità monetaria.
Solo in un secondo momento pensava all’abolizione delle barriere doganali e delle limitazioni all’emigrazione fra gli appartenenti ai singoli Stati, la rappresentanza diretta dei cittadini ai consessi federali, la politica estera unica. Ma riprendiamo dal gennaio del 1944. Colorni continuava la sua detenzione romana dove era finalmente tornato dopo tre anni fra Ventotene e Melfi in Puglia da sorvegliato speciale. Non cessava del pari la sua attività scientifica di filosofo con la moglie e nella attività di resistenza, visto che il Manifesto fungeva da oggetto aggregante fra tutte le forze antifasciste liberali, cattoliche e socialiste, dirigendo però il partito socialista nel quale finì per militare accanto a Sandro Pertini, direttore dall’Avanti clandestino, lavorando perché quel foglio uscisse regolarmente.
A fine ’44 la sua vita cessò bruscamente: era il 28 maggio, a meno di una settimana dalla liberazione americana, venne catturato da una banda di repubblichini, è ferito a morte e morrà poco dopo. Per il suo ruolo di mediatore e divulgatore di questa nuova idea di Europa – peraltro già presente in Cattaneo e Gioberti – Colorni da una parte attribuiva un ruolo primario agli Stati Nazionali in forma di Stati Uniti d’Europa, alternativa allo Stato Liberista Americano ed allo Stato Totalitario Sovietico.
Una terza forza profondamente democratica e partecipata, sia sul piano culturale che sul piano politico, in nome della democrazia diretta. Un’Europa dei popoli verrebbe a dire, non certamente quell’Europa globalizzata attuale, dominata dal capitale finanziario, dove l’unico motore è la moneta senz’anima e per di più governata in modo tirannico dalle istituzioni bancarie. Impegno intellettuale democratico che gli fu indottrinato – e non non poteva non esserlo! – da una rara figura femminile, della stessa stoffa di Hannah Arendt, che però gode ancora oggi di maggiore pubblicità per il suo controverso rapporto non solo culturale col filosofo Martin Heidegger.
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Ed infatti la moglie di Eugenio, Ursula, a 19 anni incontrò l’amore della sua vita, Eugenio a Berlino alla biblioteca di Stato. Con lui, e col fratello di questa Albert, diffonde vari fogli antinazisti, stampati nella stessa stanza d’albergo di Eugenio, immune dalle persecuzioni della Gestapo. Ursula poi fuggirà a Parigi a ritroverà Eugenio, ambedue messaggeri dei rispettivi partiti socialisti clandestini. In patria Ursula lo raggiungerà a Trieste nel 1935, dove Eugenio insegnava, luogo in cui il loro amore si coronerà in matrimonio. Non solo d’amore, ma anche di interessi culturali e politici. Poi ci sarà l’arresto e l’esilio. Ursula non demorderà dal seguirlo nella sperduta isoletta del Tirreno, dove egli fa da mediatore fra le varie correnti di pensiero liberali e socialiste di Spinelli e Rossi; tanto che a lei si deve la loro definizione di Trinità e di Spirito Santo dato al marito. Sarà Ursula a tradurre gli scritti dei federalisti inglesi ed americani che spedì a Rossi, e sarà lei stessa a fornire a Spinelli le linee guida di Adams e Hamilton alle origini degli Stati Uniti d’America.
Dietro le parole di Colorni, va letta l’opera di Ursula, che faceva da staffetta col continente appunto con Einaudi, Croce e con gli ambienti antinazisti in Germania, consegnando il Manifesto ancora in bozza perfino agli studenti di Berlino appartenenti alla Rosa Bianca, la famosa prima associazione di studenti antinazisti che nel 1943 sarà sterminata dalla SS. Qui la prassi mazziniana della coppia si compie in ogni suo effetto. Il pensiero era elaborato dalla Trinità ed Ursula lo portava da porta a porta, da Olivetti ai fratelli Spinelli, da La Malfa a Basso, fino a ripassare dai grandi vecchi come Calamandrei e Salvemini, a Milano, Firenze, Parigi e Berlino. Ecco come andò a diffondersi fra gli intellettuali il Movimento Federalista Europeo, un moto di pensatori di diverse fedi politiche che in modo organizzato diffondevano la loro azione politica sia dentro che fuori d’Italia.
Poi dopo la tragica morte di Eugenio, l’attività di propaganda del Nuovo Movimento Federalista Europeo non cesserà più. In Svizzera con Spinelli – che nel nel 1945 sposerà – a Berlino, sua città natale, a Parigi in ricordo di Eugenio; fino alla sua personale creazione: le donne per l’Europa, braccio non solo culturale dal Movimento. Sezione che dal 1975 si concentrerà sulla promozione per la partecipazione paritaria della donna ai processi di formazione per la famiglia, di cui quella personale rappresenterà l’icona della futura Unione Europea. Ma anche lotterà per una disciplina, paritaria nel lavoro femminile, non sottovalutando il problema del miglioramento delle condizioni di vita anche delle donne immigrate dai paesi in via di sviluppo, tema che mise spesso nell’agenda delle iniziative del Movimento.
Convinta dalle già evidenti distorsioni della politica politica europea fin dagli anni ’70 gestita soltanto da uomini, pensava che si sarebbero tramutate in carenze irreversibili e foriere di soluzioni nazionaliste e sovraniste che avrebbero dissolto i passi avanti comuni. Diceva che se tutte le donne e gli uomini considerassero l’Europa come una famiglia in formazione, senza indugiare sul fattore economico, o sul fattore politico, per l’Unione era cosa fatta. Purtroppo, come tutte le profezie, questa di Ursula è ancora inascoltata, stante la minaccia di protezionismo economico nordamericano che per di più non promette nulla di buono per la Pace.