Nella foto: Gianrico Carofiglio. ©DM

Speciale Fiera del libro Francoforte 2024 – Intervista a Gianrico Carofiglio

Abbiamo incontrato lo scrittore barese Gianrico Carofiglio presso lo stand del suo editore tedesco alla Fiera del Libro di Francoforte e abbiamo avuto l’opportunità di una piacevole conversazione.

I personaggi principali dei suoi romanzi non sono affatto refrattari alla cultura, frequentano le librerie notturne, però vi trovo anche critiche molto negative rispetto a certe forme di cultura. Lo si vede bene, ad esempio, nel Suo romanzo „La misura del tempo“ con il personaggio di Lorenza Delle Foglie. Può darmi qualche chiarimento su questo?

Non sarà molto facile, ma ci provo. Intanto grazie per l’apprezzamento al personaggio di Lorenza, a cui sono affezionato; è il personaggio tragico delle promesse mancate, è una ragazza bella, intelligente, colta, che sembra avere il futuro spalancato davanti, e che poi finisce da un’altra parte. Non nella tragedia, ma semplicemente in una vita di promesse non mantenute. Detto questo, la conversazione fra Guido Guerrieri e Lorenza è un modo di fare ironia su certa cultura ostentata, sull’atteggiamento d’ingiustificata superiorità che molti presunti, sedicenti intellettuali hanno, alla ricerca della parola difficile, del discorso incomprensibile, dei concetti apparentemente profondi ma in realtà sostanzialmente vuoti. È esattamente l’opposto di quella che per me è la cultura. Per me è la capacità di comprendere continuamente, nella consapevolezza che non c’è un momento in cui hai compreso tutto, ed è tutto finito, ma si tratta d’un percorso continuo, è capacità di cogliere, accettare, riconoscere punti di vista diversi, è chiarezza e semplicità, che non vuol dire che si tratti di roba facile. Feynman, grandissimo fisico, grande genio del secolo scorso, diceva: se non sei capace di spiegarlo a un bambino di nove anni, vuol dire che non l’hai capito. Ecco, questo si avvicina molto al mio ideale di cultura.

Questo discorso mi richiama il Suo saggio sulla manomissione delle parole, in cui stigmatizza la capacità di certa gente di mistificare i concetti a proprio piacimento facendosene come dei cassetti in cui inscatolare le persone.

Questo libro che ha citato è un tentativo di riflessione sull’uso improprio della lingua, sull’uso abusivo, sulla manipolazione dell’uso pubblico del discorso politico, ma non solo anche sull’inclinazione, come ha detto Lei, a categorizzare, in quanto la realtà è molto più complessa di quanto vorrebbe farci credere chi usa quelle categorie. Tenere il linguaggio in buona salute, il che significa tenerlo pronto ad adattarsi al reale, è una funzione fondamentale non solo per i cosiddetti intellettuali, ma per chi si occupa di vita civile e di politica.

Può anticiparci qualcosa sul suo libro che ha detto, sta per uscire?

Sì, il 29 ottobre esce questo mio breve saggio: io tendo ad alternare romanzi e saggi, con prevalenza dei romanzi ovviamente, e questo saggio s’intitolerà in modo provocatorio „Elogio dell’ignoranza e dell’errore“ ed è una riflessione su quanto sia importante riconoscere i nostri errori, quanto sia importante anche essere capaci di sbagliare con eleganza, nella consapevolezza che è inevitabile farlo, e dunque è meglio farlo bene che farlo male, e allo stesso modo sull’importanza dell’ignoranza consapevole. Tutti noi ignoriamo molte, molte, molte, molte più cose di quante non ne sappiamo, essere consapevoli di questo, non essere intrappolati da un’idea di conoscenza che è illusoria e narcisistica, intanto è una premessa per godersi lo spettacolo del mondo, a imparare continuamente, per permetterci di decifrare la realtà senza etichettarla prima del tempo, come dicevamo prima.

Conosco un po’ superficialmente la Sua regione, la Puglia; ci sono passato pure quest’anno, ed ho avuto l’impressione che ci sia un pullulare di vivacità culturale anche in piccoli centri.

Dappertutto, la Puglia negli ultimi 25-30 anni ha avuto un’incredibile, sto per dire rinascita culturale che per tanti aspetti non c’era stata prima. Trent’anni fa, se Lei avesse cercato un romanzo ambientato a Bari, ne avrebbe trovato uno solo. E scrittori pugliesi ce n’erano forse due in tutta la regione. Ora ce ne sono tantissimi, come sono tantissimi quelli che si occupano di cinema. La puglia è il territorio più utilizzato dalle produzioni internazionali, e il teatro, e la musica, è un bel tempo per stare là. E noi siamo contenti.