Intervista al giudice Alessandro Bellardita per l’uscita del suo primo romanzo
Il romanzo “Der Zeugenmacher”, appena uscito presso il Klotz Verlag, narra di un magistrato italo-tedesco, Francesco De Benedetti, coinvolto in uno strano caso: la giovane studentessa Jessica Morelli ammette in lacrime di aver denunciato per stupro il suo ex amante, in realtà innocente. Ma quando De Benedetti inizia ad indagare contro la Morelli, scopre che la condanna del suo ex amante non sarebbe stata possibile senza il contributo di un testimone, un testimone che, evidentemente, aveva mentito.
Come mai hai scelto di scrivere un giallo? Cosa ti attrae di questo genere letterario?
Il giallo è un genere letterario che ci accompagna fin dall’inizio della storia della letteratura. Potremmo dire addirittura che per certi aspetti anche l’Edipo Re di Sofocle, in fondo, è un giallo, un enigma da risolvere che mette a nudo tutti i difetti della natura dell’uomo. Il romanzo giallo mi affascina per un motivo semplice: tenta l’impossibile, vale a dire di far capire al lettore come mai un uomo possa essere capace di commettere il reato più grave che si possa immaginare, quello di uccidere.
Dove hai trovato l’ispirazione per il tuo libro e come è nata l’idea?
L’ispirazione di scrivere me l’hanno data i grandi maestri dei romanzi gialli, partendo da Georges Simenon, passando per Giorgio Scerbanenco fino ad arrivare ad Andrea Camilleri. L’idea di questo romanzo in particolare l’ho avuta prendendo spunto dal mio lavoro come magistrato presso la procura di Heidelberg e giudice penale al tribunale di Karlsruhe. La realtà, in fondo, supera sempre l’immaginazione.
Come ti sei organizzato per scrivere?
Ho rinunciato a molte cose, creandomi degli spazi di tempo libero. Poi, con molta disciplina, mi sono detto di dover scrivere almeno cinque pagine al giorno e, volente o nolente, ci sono riuscito, quasi di getto.
“Der Zeugenmacher” racconta la storia di un magistrato italo-tedesco, Francesco De Benedetti che è coinvolto in uno strano caso di false testimonianze. Parlaci un po’ del tuo romanzo…
Tutto parte da Jessika Morelli, una donna giovane, affascinante, una studentessa. La Morelli si reca in procura e, tra le lacrime, ammette nei confronti del procuratore De Benedetti di aver denunciato un anno prima il suo ex amante per stupro, pur essendo costui, invece, totalmente innocente. La denuncia portò a suo tempo l’indagato direttamente in carcere, ma durante il processo i giudici sembravano sempre più convinti che in realtà l’imputato non avesse commesso il reato. Poi, però, tutto cambiò quando, improvvisamente, spuntò dal nulla un testimone: grazie alla sua perfetta testimonianza l’ex amante, pur essendo innocente, fu condannato. Per il procuratore De Benedetti, dunque, si tratta di trovare il falso teste e capire perché abbia fatto questo. Il caso, poi, si fa ancor più ingarbugliato quando De Benedetti, grazie alla collaborazione della Morelli, scopre che il “falso testimone” ha testimoniato in altri processi di stupro – sempre a favore delle donne e a discapito degli imputati. Per De Benedetti inizia così la caccia al “Zeugenmacher”, per evitare che altri processi vengano manipolati. Il tema, dunque, è quello della verità: esiste una verità nella Giustizia? Oppure è possibile mentire dicendo la verità o, al contrario, dire la verità mentendo? In fondo l’aula di un tribunale è come un teatro: ognuno gioca la sua parte, tutti abbiamo un ruolo predefinito, il ruolo che prevede la macchina processuale. E, immedesimandoci in questo ruolo, forse, dimentichiamo il vero motivo di un processo: quello, appunto, di scoprire come sono andate veramente le cose.
Dove è ambientato il romanzo?
In tre città a me care: Mannheim, dove ho studiato e vissuto per diciassette anni, Heidelberg, dove ho iniziato la mia professione da magistrato e giudice e, infine, Karlsruhe, la città dove vivo attualmente.
La storia narrata nel libro è basata su un caso vero o è pura fantasia?
Lo spunto l’ho avuto grazie ad un’indagine presso la procura di Heidelberg, un’indagine che mi ha fatto capire che i testimoni sono la prova più insicura e per certi aspetti più “pericolosa” sulla quale basare un’inchiesta.
Il protagonista Francesco De Benedetti che cosa rispecchia di te?
Sicuramente la sua professione, poi la sua sfrenata passione per il caffè, per la musica dei cantautori italiani, il suo divertente rapporto con la mamma siciliana che cucina divinamente e l’ambiente dove si svolgono le indagini.
Che significato ha per te questo libro?
È un sogno che si avvera. Le mie origini sono umili, i miei genitori sono – come si chiamavano una volta – “Gastarbeiter” e a casa mia, dunque, non si respirava aria di letteratura. I miei genitori, però, hanno sempre ben visto la mia passione per i libri, lasciandomi gli spazi che mi servivano per coltivarla.
Hai ancora qualche sogno nel cassetto da realizzare?
Tanti, fin troppi. Il prossimo riguarda un saggio su Giovanni Falcone e poi, ovviamente, il secondo caso che dovrà risolvere De Benedetti.
Dove può essere acquistato il tuo libro?
In tutte le librerie (se non si trova tra gli scaffali basta prenotarlo) e su Amazon.