“Casa Arbore” è il nome dell’esposizione permanente di oggetti e capi d’abbigliamento di Renzo Arbore che verrà realizzata a Foggia a Palazzo Dogana. La scelta della sede nello storico edificio legato alla Transumanza è tuttavia controversa
Palazzo Dogana è certamente l’edificio storico più bello e rappresentativo di Foggia. In un prossimo futuro ospiterà la collezione di “cianfrusaglie” di Renzo Arbore – la parola è sua – raccolte durante la lunga e fortunata carriera. Lo showman, oggi 85enne, ha avuto i natali a Foggia e intende donare alla città la sua collezione di cimeli. L’annuncio è stato dato, alcuni mesi fa, sulla pagina Facebook di Nicola Gatta presidente della Provincia di Foggia che ha sede proprio a Palazzo Dogana. La notizia è stata poi confermata dalla stampa (“Nasce a Foggia «Casa Arbore», museo con le «manie» del genio musicale” – Gazzetta del Mezzogiorno del 25.05.2022). Nei giorni successivi il Consiglio provinciale ha approvato la costituzione di uno “spazio espositivo permanente museale” dedicato ad Arbore mediante la “costituzione di uno schema di convenzione tra Provincia di Foggia, la Regione Puglia e il Teatro Pubblico Pugliese”. Illustre assente il Comune di Foggia sciolto per infiltrazioni mafiose e sottoposto a commissariamento prefettizio. Alla collezione saranno destinati 600 mq di Palazzo Dogana resisi disponibili da quando, dopo la riforma delle Province dell’ex-ministro Delrio, sono state dismesse funzioni che venivano svolte nell’edificio.
Ma che cosa conterrà esattamente Casa Arbore?
Gli oggetti della collezione sono già stati esposti alcuni anni fa in due diverse mostre allestite per celebrare i 50 anni di carriera di Arbore. La prima, che ha avuto luogo nel 2016 a Roma al Macro Testaccio – La Pelanda, aveva titolo “Videos, and Cianfrusaglies”. La seconda, col titolo “Neapolitan Memories and Songs by Renzo Arbore and his tv shows and absolute inutilities” ha avuto luogo nel 2018 a Napoli nella Sala Dorica del Palazzo Reale. In entrambe le mostre i visitatori insieme a spezzoni di trasmissioni storiche (tra le altre, citiamo “L’altra domenica” 1976-1979; “Quelli della notte” 1985; “Indietro tutta” 1987-1988) hanno potuto vedere le ricche collezioni di oggetti di plastica (borse, occhiali, oggetti cult, bigiotteria, etc.) e di capi dell’eccentrico abbigliamento (costumi, gilet, cappelli, cravatte, etc.) che hanno caratterizzato i programmi di Arbore rendendolo famoso.
Sui social molti foggiani hanno approvato la decisione del loro illustre concittadino di donare alla città la sua collezione di cimeli. Tuttavia accanto alle manifestazioni a favore ce ne sono state numerose di segno contrario. Non per la donazione in sé, ma per sede destinata accoglierla, Palazzo Dogana, strettamente legato alla Transumanza e dunque alla storia della città e del suo territorio.
La pratica della Transumanza delle greggi in Capitanata è attestata fin dall’epoca romana repubblicana (II Sec. a.C.). Fu certamente in uso in epoca normanna, sveva e angioina. La Regia Dogana della “Mena delle pecore” di Foggia ebbe il suo atto di fondazione in un Privilegio di Re Alfonso d’Aragona del 1447. Con esso la rete di sentieri percorsi dai pastori assurse a struttura demaniale vitale per lo sviluppo dell’economia in ben cinque regioni meridionali, Abruzzo, Molise, Puglia, Campania e Basilicata. Per secoli pastorizia e agricoltura hanno rappresentato l’identità di queste regioni e la Capitanata con il Tavoliere, seconda pianura d’Italia, fungeva da cerniera grazie alla vastità dei suoi latifondi. Per secoli Foggia è stata crocevia di “tratturi, tratturelli, bracci e riposi” che formavano una fitta rete di 3000 chilometri ed oltre. Milioni di pecore svernavano in pianura per poi ritornare sui monti in primavera. La Transumanza fu spesso causa di contenziosi tra pastori e agricoltori (che venivano discussi nel tribunale di Palazzo Dogana), cionondimeno favorì la crescita e lo sviluppo. Secondo Saverio Russo, professore di storia moderna dell’Università di Foggia, la Dogana fu espressione di “buon governo di interessi al tempo stesso concorrenti e complementari tra loro all’interno della medesima nicchia ecologica”. Fin qui la storia.
In considerazione della necessità di “creare una maggiore consapevolezza, soprattutto fra le generazioni più giovani”, l’Unesco (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura) nel 2003 ha ratificato la Convenzione per la salvaguardia del “patrimonio culturale immateriale”. In essa ha sollecitato gli Stati a favorire la “più ampia partecipazione di comunità, gruppi e individui” (art. 15) per l’individuazione dei beni suscettibili di diventare patrimonio immateriale e ha istituito una “Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità” (art. 16). In diversi paesi europei (Austria, Germania, Grecia, Italia, Svezia) la Transumanza è stata individuata fin da subito come possibile candidata all’iscrizione nella Lista. Grazie all’impegno del Club Unesco di Foggia nel 2013 Palazzo Dogana è stato riconosciuto come “Monumento e sito messaggero di una Cultura di Pace”. L’11 dicembre 2019 il Comitato intergovernativo Unesco riunitosi a Bogotà, con voto unanime ha iscritto la Transumanza nella Lista dei patrimoni culturali immateriali. Artefice del risultato è stato il prof. Pier Luigi Petrillo, autore del dossier a supporto della candidatura, allora Capo di Gabinetto del Ministero dell’Ambiente. Nel marzo 2021 il riconoscimento è stato al centro di un incontro organizzato dal Club Unesco di Foggia al quale anche Petrillo ha partecipato sostenendo l’idea di un Museo della Transumanza da realizzare a Palazzo Dogana. Il professore ha rimarcato l’importanza del mantenimento del riconoscimento Unesco della Transumanza quale patrimonio immateriale culturale italiano: “il mantenimento non è scontato e va manutenuto; il riconoscimento è sottoposto a revisione ogni 5 anni e può essere confermato oppure revocato”. E’ evidente che la realizzazione del museo contribuirebbe a garantire il mantenimento del riconoscimento.
Nel luglio 2022 l’ex-Ministro dei Beni culturali Dario Franceschini nell’ambito del Piano Strategico Grandi Progetti Culturali ha annunciato la realizzazione a Foggia di un Museo Nazionale archeologico. Il nuovo museo custodirà e valorizzerà i reperti archeologici trafugati nel territorio della Capitanata e recuperati dai Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale. Il progetto è stato concepito dall’architetto Anita Guarnieri, responsabile della Soprintendenza di Foggia, che ha rimarcato che l’obiettivo è quello di “restituire beni che lo scavo clandestino aveva sottratto alle comunità e di raccontare una nuova storia, di legalità, di identità, di tutela e soprattutto di educazione al patrimonio culturale dell’antica Daunia”. In una città che è stata sciolta per mafia, queste parole sono di monito e buon auspicio al tempo stesso. Il nuovo museo avrà la sua sede a Palazzo Filiasi Galiani e il caso vuole che questo palazzo settecentesco sia ubicato, nella stessa piazza, proprio di fronte a Palazzo Dogana. Superfluo aggiungere che la coesistenza sulla stessa piazza di un museo archeologico nazionale e di Casa Arbore appaia quantomeno stridente. Auspicabilmente per le “cianfrusaglie” di Arbore verrà individuata un’altra sede lasciando l’antico palazzo sede della Regia Dogana della “Mena delle pecore” a utilizzi più consoni con la storia di Foggia.