Quanta Italia alla Berlinale di quest’anno! La presenza del Belpaese al Festival del cinema, che avrà luogo nella capitale tedesca dal 20 febbraio al primo marzo, non era così significativa da parecchi anni, almeno sul piano quantitativo. Innanzi tutto c’è un italiano alla testa della kermesse. Si tratta di Carlo Chatrian, 48 anni, nato a Torino ma cresciuto in Valle d’Aosta, e nuovo direttore artistico del Festival con un contratto di cinque anni. Avrà il compito non facile di non far rimpiangere il predecessore Dieter Kosslick, in sella per quasi un ventennio. E a giudicare dagli esordi si può ben dire che Chatrian è partito col piede giusto predisponendo un programma di proiezioni fitto e intrigante come e più che in passato.
Un direttore italiano, dunque, e poi due film nella sezione “Wettbewerb”, pronti a giocarsi la partita dell’Orso d’oro. Il primo è Volevo nascondermi, di Giorgio Diritti, interpretato da un attore di eccezionale bravura come Elio Germano che torna a sorprenderci (dopo avere interpretato Giacomo Leopardi nel film di Mario Marone Il giovane favoloso) dando corpo e anima a un personaggio tormentato e più volte rappresentato come il pittore Ligabue. Giorgio Diritti ci racconta una storia sulla diversità e il dono, inaspettato, che si può ricevere proprio da chi è molto diverso da noi. Il secondo è Favolacce dei giovani fratelli D’Innocenzo, alla loro seconda prova dopo il bell’esordio sempre alla Berlinale 2018 con La terra dell’Abbastanza. Il loro cinema ci propone uno sguardo profondo sulle vite di periferia, una favola nera che racconta senza filtri le dinamiche che legano i rapporti umani all’interno di una comunità di famiglie, in un mondo apparentemente normale dove la rabbia e la disperazione sono pronte ad esplodere.
Nelle altre sezioni del Festival sarà presentato il Pinocchio di Matteo Garrone con Roberto Benigni (di cui abbiamo parlato sul Corriere d’Italia di gennaio), proiettato nell’ambito di una serata speciale (“Berlinale Special Gala”). Nella sezione “Panorama” avremo Semina il vento di Danilo Caputo, ambientato tra gli olivi e gli scenari industriali del tarantino in cui si esplora il conflitto tra due modi di pensare e sentire la natura, mentre Palazzo di giustizia, film d’esordio di Chiara Bellosi, correrà nella sezione “Generation 14 Plus”: racconta una giornata di ordinaria giustizia in un grande tribunale italiano. Il documentario Faith di Valentina Pedicini, presentato nella sezione “Berlin Critics’ Week” è un’inedita incursione nel mondo dei Monaci Guerrieri, che da vent’anni si preparano a combattere per il bene, tra preghiere notturne e allenamenti massacranti. La sezione “Forum”, infine, vede protagonisti La casa dell’amore di Luca Ferri e Zeus Machine. L’invincibile di Nadia Rocchi e David Zamagni.
Italia a parte, la 70esima edizione della Berlinale sarà inaugurata dal film My Salinger Year dello scrittore-regista Philippe Falardeau e in totale le pellicole presentate saranno 340: 60 in meno rispetto allo scorso anno per andare incontro ad una esigenza di “snellimento” del programma. Tra le pellicole più attese vale la pena di segnalare Berlin Alexanderplatz, adattamento contemporaneo del romanzo di Alfred Döblin del regista tedesco-afgano Burhan Qurbani. Ma accanto alle pellicole di valore artistico non mancheranno anche quelle più smaccatamente commerciali come per esempio il nuovo film Pixar, Onward, oltre la magia: l’obiettivo è quello di allargare gli orizzonti al grande pubblico.
A turbare le cronache della Berlinale, infine, c’è la notizia che da quest’anno verrà sospeso il premio Alfred Bauer, istituito nel 1987 per ricordare il primo direttore del festival che ha mantenne la carica per 25 anni (dal 1951 al 1976). La decisione è stata presa in seguito alla pubblicazione su Die Zeit di un articolo nel quale si documenta l’adesione del critico cinematografico alla Sturmabteilung, primo gruppo paramilitare del Partito nazista. Inoltre pare che Bauer sia stato un membro della Reichsfilmintendanz, un ente istituito nel 1942 dal ministro della propaganda del Terzo Reich, Joseph Goebbels allo scopo di controllare e condizionare la produzione cinematografica.