Intervista ad Antonella Attili “Preferisco le persone al presenzialismo a tutti i costi”
Gli ultimi mesi del 2022 l’hanno vista sul grande schermo, nei panni di Lietta, alle prese con un marito (Giacomo Poretti) ansioso e assai parsimonioso e un figlio (Giovanni Anzaldo) in procinto di sposarsi in un film (“Il grande giorno” per la regia di Massimo Venier con Aldo, Giovanni e Giacomo) che ha già superato il milione di spettatori ma anche per il 2023 la sua agenda è fitta di impegni e di nessuna voglia di fermarsi. Parola di Antonella Attili.
Giuseppe Tornatore, Pupi Avati, Ettore Scola e poi Stefano Sollima, Margarethe von Trotta, Anthony Minghella e Fatih Akın (con un film – “Solino” – ambientato nella Germania degli anni Settanta). Scorrendo il curriculum cinematografico dell’attrice romana saltano subito all’occhio le collaborazioni con alcuni dei più noti registi italiani e internazionali.
Il grande pubblico negli ultimi anni ha avuto modo di conoscerla ed apprezzarla grazie a fiction Rai come “Il Paradiso delle signore” e “Màkari” ma nella sua carriera, oltre alla tv, c’è tanto cinema e teatro. Ha da poco finito di girare “La Storia” per la regia di Francesca Archibugi e a febbraio la ritroveremo in teatro con Serena Dandini in “Vieni Avanti Cretina”. Cinema, teatro e tv, dove si sente più a suo agio e quale dei tre tipi di recitazione sente più vicino a sé?
Sono tre luoghi completamente diversi e ognuno ha un posto specifico nella mia storia. Il teatro mi restituisce il rapporto dal vivo con il pubblico che per un attore è fondamentale per la crescita e per la sperimentazione perché ogni sera, ogni spettacolo e ogni replica è a sé. Il cinema e la televisione hanno leggi abbastanza simili, si differenziano nella qualità del tempo. Trovo piacere in tutto ciò che faccio, anche alla radio o quando mi chiedono di leggere reading o poesie. Ogni forma di spettacolo mi appartiene.
In una recente intervista ha denunciato la difficoltà per le attrici over 50 di trovare nella cinematografia italiana ruoli che escano da stereotipi e cliché. Quale potrebbe essere la cura per ‘guarire’ il cinema nostrano? Secondo lei, all’estero c’è più spazio per le donne?
Non ci sono leggi o ricette per ovviare ai cliché e agli stereotipi. È oggettivo che per le attrici over 50 sia più complicato trovare ruoli adatti a loro al cinema. Semplicemente perché la maggior parte degli sceneggiatori sono uomini e scrivono cose che li riguardano da vicino e per i loro simili, per gli uomini che conoscono e che frequentano. Forse frequentano poche donne. L’unica possibilità è che ci siano sempre più donne a scrivere e a dirigere film perché hanno sicuramente una sensibilità diversa e un’attenzione maggiore a restare meno in superficie, ad approfondire tematiche psicologiche e intime e restituirne la complessità con personaggi meno piatti ma con quella complessità dell’essere umano che le donne spesso incarnano. La scrittura di approfondimento è una bella sfida ma spesso le sfide non vengono colte. Mi auguro che sempre più donne prendano la penna e sempre più registe possano restituirci un po’ di questo meraviglioso mondo che ora è raccontato solo in parte e spesso solo per stereotipi e ruoli prestabiliti. Sicuramente all’estero sono meno afflitti da questa mentalità patriarcale e da questa ristrettezza di vedute. Per quanto riguarda, ad esempio, l’istituto famiglia sicuramente sono più liberi in questo senso.
La sua è una carriera lunga. È stata diretta da molti registi, nelle ultime stagioni è arrivata anche la popolarità grazie alla tv. Nonostante un film con grande riscontro e successo di pubblico come “Il grande giorno”, lei continua a mantenere il distacco dalla notorietà. Perché?
Non è che mantengo il distacco dalla notorietà, semplicemente guardo con diffidenza la rincorsa dell’esibizione e del presenzialismo a tutti i costi. Mi interessa poco, a me interessano le persone. Preferisco stare a cena con quattro persone che con trenta perché si può conversare e si possono toccare temi con maggiore attenzione e concentrazione. Non inseguo la notorietà di massa ma non perché non mi interessi visto che con “Il Paradiso delle signore” ho avuto delle straordinarie manifestazioni di affetto che mi toccano e non mi lasciano indifferente. Oggi sono più in linea con la mia natura un po’ più riservata e contemplativa. Forse prima non ero così, lo sono diventata con il tempo. Mi proteggo.
Chi è Antonella Attili quando non è nessuna delle donne che interpreta?
Una persona curiosa. Curiosità sicuramente inerenti al mio lavoro, vado spessissimo – almeno due o tre volte a settimana – o al cinema o al teatro e questo rappresenta la fetta più ampia dei miei interessi. Ma anche molte che non riguardano il mio lavoro, frequento anche tante persone che fanno altro e mi occupo di cose che non riguardano l’essere attrice ma più gli esseri umani. Mi piace stare da sola, pensare e leggere. Mi interessano la letteratura, la pittura e la musica. Fanno sempre parte dell’arte ma non specificamente del mio mestiere. Continuo ad essere molto curiosa del genere umano, mi soffermo sulle persone che mi colpiscono.
Che anno sarà per lei questo 2023?
Ho molte buone idee e la sensazione che sarà un anno molto importante per me… un anno di svolta. Lo so che si dice sempre ma questo 2023 per me lo è proprio, per come è cominciato e per una serie di scelte che ho fatto, tra cui quella di essere meno presente al Paradiso per abbracciare di più le occasioni che mi venivano presentate. Mi impegnava a tal punto che era impossibile fare altro, io invece ho bisogno di sperimentarmi, di mettermi in gioco e accettare delle sfide. Non mi accontento mai di fare quello che so già fare bene o di sguazzare meravigliosamente in ciò che padroneggio già. Il 2023 segna una svolta fondamentale nella mia vita perché ci sarà un cambiamento che sto già mettendo in atto e perché finalmente mi sono liberata da una serie di condizionamenti personali che forse hanno un po’ rallentato questa svolta. Ora mi sento pienamente padrona di me stessa e mi auguro un anno pieno di sorprese.