Che Wolfgang Amadeus Mozart fosse un genio, non lo mette in dubbio (quasi) nessuno. A Oltre 200 anni dalla sua morte, le sue opere musicali continuano ad essere in cartellone nei maggiori teatri del globo.
Ma come veniva percepito il genio, ai suoi tempi? Peter Schaffer, nel suo lavoro teatrale del 1978, ne racconta una visione particolare. Nella sua pièce teatrale in due atti, liberamente ispirata alla vita del compositore, ne parla dal punto vista di Antonio Salieri, il compositore della corte di Vienna.
Questo suo punto di vista risultò interessante al punto tale da ispirare diverse produzioni teatrali, e non solo.
Nel 1981 vince il Tony award per la miglior opera teatrale 1981. Questa versione arriva a ben 1181. Nel 1999, viene ripreso a New York e arriva a 173 recite. È anche l’opera che servì da base al film Amadeus (1984) diretto da Miloš Forman, che, nel 1985 incassò bel 8 premi Oscar, 4 Golden Globe nonché diversi altri riconoscimenti.
Cosa rende l’opera, in sé così interessante?
Michael Schachermaier, ha considerato questo rapporto/non rapporto tra Mozart e Salieri interessante: un’opportunità di portare in scena, l’immagine di un Bad Boy, come è Mozart agli occhi di Salieri.
Karl Fehringer e Judith Leihkauf (scenografi) non presentano il mondo sfarzoso della corte di Vienna, bensì delle impalcature e strutture, a volte fastosi egli accessori, contrapposti, altre volte, all’essenzialità della basi. Assieme ad Alexander Djurkov Hotter (costumista) presentano anche, visivamente, l’idea del sogno/dei ricordi.
L’intero pezzo teatrale è concentrato sui ricordi di Salieri. Questi sono però, come per ognuno di noi, molto personali e mancano di alcuni elementi: alcuni dettagli vengono enfatizzati, mentre altri passano in secondo piano. Non ci sono elementi brillanti, bensì sprazzi di brillantezza e sfarzo.
Lo spettatore viene catapultato nei ricordi di Salieri, vede la storia attraverso gli occhi di Antonio Salieri (magistralmente interpretato da Bernd Geiling), riuscendo ad evincere quali siano gli aspetti che abbiano tanto urtato Salieri. Amadeus (Raimund Widra) è l’unico sbiadito, quello che non indossa alcun costume. Segno evidente della diatriba generata nell’animo di Salieri: lui vuole presentare il giovane genio come un dissoluto, uno che è debole alle tentazioni carnali, ma che non si rende conto del potenziale che ha in sé o, meglio, se ne rende conto, ma sottovaluta l’impatto che questo può avere su chi lo incontra. Salieri se ne rende conto, lo invidia, lo teme e incomincia a mettergli il bastone tra le ruote. Sembra tuttavia, che a Dio non importi nulla di questa sua «malvagità»: infatti la punizione non arriva, anzi… attraverso pettegolezzi messi in giro grazie ai suoi venticelli (Silvio Kretschmer, Ali Berber, Michael Wischniowski) riesce ad unire la sua fama a quella di Mozart, lasciando credere, a tutti, di esserne l’omicida.
Lo spettatore capisce anche l’opinione che Salieri avrebbe delle persone accanto a Mozart e a quelli di corte.
Costanze (Laura Trapp), la moglie di Mozart, ama il marito a tal punto da accettare anche avances amorose pur di portare avanti la famiglia e concedere la marito il meritato successo. Giuseppe II (Gregor Trakis), imperatore d’Austria e fratello di Maria Antonietta, viene presentato come un ebete, poco intelligente. Tutto quello che va oltre la semplice comprensione trascende le sue capacità intellettive: è, sì interessato all’arte, ma trova che alcuen opere di Mozart abbiano “troppe note”. Trakis è geniale in questa sua apatica interpretazione di un monarca presente, ma che non capisce di quanto sia poco adatto a farsi forza e portare avanti una propria opinione con argomenti soddisfacenti.
Chi teme di non poter sentire le noti musicali di Mozart, non abbia paura. Schachermaier ha optato per l’opzione di avere, in scena, tre giovani musicisti (Rick-Henry Ginkel, Lorenz Blaumer e Jasmin Hubert) che si occupano della parte strumentistica e una dotatissima Caterina Cavalieri, interpretata da Lisa Bebelaar, che convince gli spettatori in tutte le interpretazioni, in particolare nell’aria della regina della notte del flauto magico.
140 minuti che passano troppo in fretta, che lasciano lo spettatore con un dubbio: Ma è veramente stato così?