A Berlino e a Milano una mostra antologica dell’artista italiano che fu allievo di Kandinsky e Klee
Può una mostra d’arte figurativa e astratta mettere insieme luoghi lontani ed estranei e riuscire ad unirli con la forza espressiva dei suoi quadri? La mostra antologica “Alfredo Bortoluzzi, dal Bauhaus al mare” è riuscita a farlo avvicinando Berlino a Peschici e viceversa. Alfredo Bortoluzzi, artista, coreografo e ballerino tedesco, nato a Karlsruhe nel 1905 da genitori italiani, si formò professionalmente alla famosa scuola Bauhaus, prima a Dessau e poi a Berlino. A partire dal 1958, e fino al 1995, anno della sua morte, visse in Puglia, sul Gargano, nella minuscola e allora sconosciuta Peschici.
La scuola Bauhaus fu fondata a Weimar nel 1919, esattamente cento anni fa. Nel 1925 si trasferì a Dessau e poi a Berlino, dove operò fino al 1933. Ma Bauhaus non è stata solo una scuola. E’ stato uno dei movimenti culturali più influenti del XX secolo, un movimento che al suo centro ha posto il concetto di opera d’arte “totale”. Il suo sviluppo fu interrotto, nel 1933, dall’ascesa del partito nazionalsocialista che nell’istituzione Bauhaus aveva visto un focolaio dell’intellettualismo comunista, nonostante la scuola durante tutta la sua esistenza avesse dichiarato di essere politicamente agnostica.
L’inaugurazione della mostra di Berlino ha avuto luogo il 10 settembre all’Istituto italiano di cultura. Il direttore dell’istituto, prof. Luigi Reitani, germanista, critico letterario e traduttore, ha brevemente introdotto la serata passando subito la parola al prof. Aldo Ligustro, presidente della Fondazione Monti Uniti di Foggia che, nel 2010, ha acquistato le opere di Bortoluzzi costituendo un Fondo che in pratica ne rappresenta l’intero percorso artistico. Il prof. Ligustro ha sottolineato l’importanza di Berlino, per Bortoluzzi, come “città che ha visto il passaggio dell’artista dalla fase di formazione alla fase di affermazione”. A Berlino Bortoluzzi tenne le sue prime mostre, insieme ad artisti del calibro di Vassily Kandinsky e Paul Klee. A quest’ultimo era legato da profonda amicizia.
Il prof. Ligustro ha sottolineato che la fondazione non ha acquistato in blocco le opere di Bortoluzzi, ma selettivamente, in modo da “ricostruire lo sviluppo artistico del singolare artista, purtroppo ancora oggi non adeguatamente conosciuto. Scopo del fondo è dunque quello di impedire l’oblio e portare avanti la conoscenza di Alfredo Bortoluzzi”. Ligustro ha infine aggiunto che il legame del territorio foggiano, e del Gargano in particolare, con l’arte e la cultura tedesche non si limita a Bortoluzzi. Altri due artisti tedeschi hanno lasciato la loro impronta in modo molto incisivo, il pittore Herbert Voss e il pittore e scultore Josef Beuys. Come per Bortoluzzi anche per loro la fondazione ha, negli anni passati, organizzato a Foggia delle mostre antologiche.
La parola è poi passata al dott. Guido Pensato, uno dei curatori della mostra (insieme al vicepresidente della Fondazione Monti Uniti, dott. Gaetano Cristino, ndr), e al prof. Stefan Nienhaus, docente di letteratura tedesca all’Università di Foggia. Il primo ha parlato dell’esperienza “garganica” dell’artista, il secondo della sua formazione al Bauhaus.
“E’ un compito quasi impossibile raccontare una storia lunga quasi un secolo” ha esordito il dott. Pensato, “e non è bizzarro che si cominci dal fondo, e cioè dalla fine, perché la storia del Fondo Alfredo Bortoluzzi comincia con la morte dell’artista e col desiderio di impedirne l’oblio”. Ma l’oblio, secondo Pensato, era già cominciato con l’arrivo sul Gargano, nel 1958, in un momento cruciale della storia del Mezzogiorno, in cui “la tradizione economica agraria del Sud fa i conti con l’illusione dell’industrializzazione. Bortoluzzi sceglie il Sud perché attratto dal mito che lo avvolge, un mito rappresentato dai sui connotati: il sole, il cielo, il mare”. L’incidente (una frattura al ginocchio, ndr) e il bisogno di dar luogo a un nuovo inizio portano l’artista alla decisione di stabilirsi, insieme al suo compagno, a Peschici, poco più di un villaggio, dove trova condizioni sociali economiche e culturali assai diverse da quelle della Germania.
Solo dopo un decennio Bortoluzzi comincerà ad essere riconosciuto come un grande artista figurativo narratore di “paesaggi e personaggi umani e naturali”. La realizzazione del Fondo, ha aggiunto Pensato, “ha modificato la lettura complessiva dell’esperienza quarantennale di Bortoluzzi fornendo una chiave interpretativa della continuità del suo lavoro. Bortoluzzi aveva smesso di dipingere contro l’opinione e il parere di Klee e di Kandinsky che avrebbero voluto impedirgli di dedicarsi alla danza. Questo non avvenne e tuttavia Bortoluzzi continuò a disegnare a dipingere, ma su materiali minori così come aveva appreso nell’insegnamento del Bauhaus. Nei venti anni in cui si occupa di danza e di scenografia continua a utilizzare ogni strumento per raccontare, in immagini fisse, quello che vive in immagini in movimento. Questa mostra è la testimonianza”.
Il contributo del prof. Nienhaus alla presentazione è stato in tedesco e qui di seguito ne diamo una sintesi.
Prima di giungere al Bauhaus, Bortoluzzi si era formato nella sua città natale, Karlsruhe, dove aveva frequentato la Scuola d’Arte ottenendo il diploma finale sotto la guida di validi insegnanti, come il maestro Walter Conz che insegnava tecniche di incisione. Con questa preparazione di base si iscrisse, nel 1927, al semestre invernale del Bauhaus. Qui conobbe Paul Klee e tra i due si stabilì subito un buon rapporto. Tra Karlsruhe, Dessau e poi Berlino, Alfredo Bortoluzzi ebbe modo di conoscere personaggi che iniziarono e sostennero le nuove tendenze artistiche dell’epoca cui venne dato il nome di “Nuova Oggettività” (August Babberger, Wilhelm Schnarrenberger, Karl Hubbuch e Georg Scholz per fare alcuni nomi). Nella formazione artistica di Bortoluzzi, l’insegnamento di Klee fu continuo e, alla fine del percorso del Bauhaus, diventò centrale con le lezioni di pittura libera. Queste lezioni ebbero luogo solo alla fine del 1927 su insistenza di Klee e Kandinsky.
Prima di terminare aggiungiamo alcune note sul bellissimo catalogo curato oltre che da Guido Pensato, da Gaetano Cristino, vicepresidente della Fondazione Monti Uniti. In esso i due curatori hanno voluto dare risalto al territorio che ha fatto da cornice alla vicenda artistica di Alfredo Bortoluzzi facendolo ripartire dopo l’interruzione dovuta all’infortunio. Vi si legge: “da Peschici e dal Gargano riprende e consolida il suo intenso itinerario attraverso la ricerca e la produzione artistica”.
E non è retorico affermare che, probabilmente, anche Bortoluzzi come Joseph Beuys, dopo una vita trascorsa a cavallo di due conflitti mondiali, scopre nel Gargano la sua predilezione, e, contrapponendolo alle tragedie e all’orrore della guerra, decide di stabilirvisi per il resto della sua vita.
La mostra di Berlino ha chiuso il 30 settembre. Dall’11 ottobre e fino al 1 novembre 2019 sarà ospitata dall’Università Cattolica di Milano. Qui gli studenti provenienti dalla provincia di Foggia accompagneranno il pubblico in visite guidate.