L’adolescenza è una fase del ciclo di vita che richiede approcci diagnostici, valutativi e clinici specifici. La fluidità di un’epoca della vita caratterizzata da instabilità psichica, corporea e relazionale costringe psicologi e psicoterapeuti a muoversi con cautela rispetto al riconoscimento delle situazioni a rischio e psicopatologiche
Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta, nonché presidente della fondazione Minotauro di Milano e insegnante presso il dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca ha curato, per Raffaello Cortina Editore, un libro che presenta un modello di presa in carico dell’adolescente che coniuga teoria psicoanalitica e teoria evolutiva. Ne abbiamo parlato con lui.
Cosa si intende per “dolore evolutivo”?
La sofferenza adolescenziale non dipende prevalentemente da quanto accaduto in passato, ma dall’assenza di prospettive attuali e future. La seconda nascita adolescenziale richiede di realizzare dei compiti evolutivi ineludibili: il processo di separazione e individuazione, la mentalizzazione del Sé corporeo, la nascita sociale e la definizione di un proprio sistema di valori. Quando l’adolescente percepisce una situazione di stallo, un blocco nella realizzazione di questi compiti evolutivi, sperimenta un disagio, una sofferenza, un dolore evolutivo, appunto, che esprime attraverso manifestazioni clamorose, come nel caso degli agiti, o tramite sintomi. In qualsiasi caso, il nostro compito è quello di provare a dare senso a queste manifestazioni di dolore.
Che differenza c’è tra un’adolescente del XXI secolo e uno dei XX secolo? Cosa è cambiato negli anni?
Difficile sintetizzare un tema così articolato e complesso, per di più riferito a un periodo di tempo così ampio. Comunque, certamente l’adolescente odierno ha caratteristiche prevalentemente narcisistiche, sperimenta pervasivi sentimenti di vergogna derivanti dallo scarto tra aspettative ideali, costruite durante l’infanzia, e le caratteristiche corporee e prestazionali portate in dote dalle trasformazioni adolescenziali. L’adolescente odierno non si sente mai sufficientemente bello e popolare. L’adolescente di qualche decennio addietro era prevalentemente abitato dal sentimento della colpa, tipico di chi era cresciuto in una famiglia normativa e in una società più sessuofobica. L’adolescente edipico cresceva per trasgressione, quello del nuovo millennio per delusione.
Si può parlare di “malattie” del XXI secolo degli adolescenti?
Al termine malattia preferisco l’espressione di crisi evolutiva. Comunque, i disagi, o le patologie, dei nuovi adolescenti riguardano prevalentemente l’attacco al Sé e al proprio corpo. Le aspettative ideali costruite in una società dominata dal narcisismo, dall’individualismo e dalla competizione portano spesso a sentirsi inadeguati in adolescenza. Il disturbo della condotta alimentare femminile, il ritiro sociale maschile, noto anche con il termine “hikikomori”, così come i tagli e i tentativi di suicidio in aumento, segnalano, nella società occidentale, il prevalere di patologie di stampo narcisistico, legate all’impossibilità di tollerare il fallimento.
Che evoluzione/involuzione hanno subito i “valori tradizionali”?
La nota crisi dell’autorità paterna, così come quella delle grandi istituzioni, ha certamente modificato il clima culturale e i miti affettivi che sostengono la nascita e lo sviluppo di bambini che diventeranno adolescenti. Oggi conta quasi esclusivamente il Sé. L’attenzione all’altro, all’oggetto ha lasciato spazio alla piena realizzazione di sé in tutti i campi, determinando molti vantaggi ma favorendo anche lo sviluppo di nuove problematicità e sofferenze, che hanno a che fare con la costruzione di ideali di successo molto elevati.
Come formano un’identità gli adolescenti di oggi?
La costruzione identitaria si avvia durante l’infanzia, in cui domina una famiglia molto più affettiva e relazionale di quella in voga nel passato. La famiglia odierna lascia maggior spazio all’espressione di sé rispetto a alla famiglia tradizionale del passato, basata sul “devi obbedire”. Inoltre, la società di internet, del marketing e della frequentazione di molti coetanei a partire dall’asilo propone molteplici e pervasivi modelli di identificazione sin dalla più tenera età. Se in passato l’identità dipendeva molto dalla famiglia, dalla scuola, e, poi, dagli amici, ora ci sono molte altre agenzie che contribuiscono alla formazione dell’identità dell’adolescente.
Quale è il “luogo” in cui gli adolescenti vivono la propria vita sociale?
La caduta della comunità educante, insieme alle nuove angosce materne e paterne, hanno indotto i genitori a mettere sotto sequestro il corpo dei figli. Nessuna possibilità di tornare da scuola da soli e chiusura di cortili e giardinetti hanno favorito al massimo la diffusione di esperienze di socializzazione e di gioco on line. Oggi le piazze e le battaglie virtuali hanno sostituito quelle reali, che in passato prevedevano l’incontro pomeridiano tra adolescenti, senza la presenza adulta. In un’epoca non troppo remota era consentito agli adolescenti di sedersi a parlare su un muretto o di sbucciarsi le ginocchia e ferirsi in cortile.
Quali confini esistono, oggi, per gli adolescenti?
Oggi si cresce e si vive “on life”. La distinzione tra esperienze virtuali e reali ha perso significato e non sono stati gli adolescenti ad avviare e realizzare questa rivoluzione. Oggi il corpo, i rischi, le risorse a disposizione degli adolescenti sono collocati a casa propria, in un collegamento potenziale con miliardi di persone. Chiusi in casa e sempre connessi, questo è il regno che abbiamo costruito per loro. Il loro perimetro di vita.