Un’ulteriore angolatura per guardare alla crisi diplomatica globale. Mandati di arresto internazionali contro Netanyahu e Gallant. Accuse di crimini di guerra scatenano reazioni furiose da Israele e Stati Uniti, mentre manifestazioni e tensioni aumentano in Europa
L’emissione di mandati di arresto internazionali contro il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il Ministro della Difesa Yoav Gallant da parte della Corte Penale Internazionale (CPI) ha scatenato una crisi diplomatica di proporzioni globali. Descritti come “indignanti” da Israele e dagli Stati Uniti, questi mandati rappresentano un nuovo capitolo nella già complessa saga del conflitto israelo-palestinese. Imputati di crimini di guerra e crimini contro l’umanità, tra cui l’uso della fame come metodo di guerra e attacchi mirati contro civili, Netanyahu e Gallant sono ora al centro di una tempesta politica e morale.
La reazione del governo israeliano è stata immediata e veemente. Netanyahu ha denunciato i mandati come un attacco all’intero Stato di Israele, accusando la CPI di antisemitismo. Il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha sostenuto la posizione di Israele, definendo l’azione della CPI “indignante” e sottolineando che Israele e Hamas non devono essere equiparati. Il Ministero degli Esteri tedesco ha criticato l’azione, mentre il Regno Unito l’ha definita non utile per porre fine ai combattimenti.
Tuttavia, mentre il dibattito su Netanyahu e le sue implicazioni legali continua, altre realtà dolorose vengono a galla.
Per esempio, in Germania da varie settimane le università tedesche, tra cui la Humbold di Berlino e la Goethe di Francoforte, vengono occupate da manifestanti pro-Palestina con slogan come “From the river to the sea”, auspicando la completa distruzione di Israele e dove gli studenti ebrei sono vittime di persecuzioni. Persino ad eventi culturali come l’Eurovision Song Contest, ci sono state manifestazioni pro-Palestina con a capo la tanta amata dai giovani Greta Thunberg. Inoltre, anche la cantante israeliana, che ha partecipato al festival, è stata bersaglio di proteste solo perché ebrea.
Nelle ultime settimane paesi come Norvegia, Spagna e Irlanda hanno riconosciuto la Palestina come Stato. Un portavoce del governo tedesco ha dichiarato che, se la Corte Penale Internazionale dovesse decidere in tal senso, la Germania rispetterebbe la legge. Ciò significa che, se Netanyahu dovesse venire in Germania, sarebbe arrestato.
Ma anche dalla Spagna arrivano colpi duri. La ministra spagnola del lavoro, Yolanda Diaz, in un video caricato sui social, accusa ripetutamente Israele di commettere un genocidio contro i palestinesi. La ministra conclude il video con le parole “Palestina will be free, from the river to the sea” (Palestina sarà libera dal fiume al mare), uno slogan decisamente antisemita il quale nega il diritto all’esistenza dello Stato di Israele.
A chiudere il quadro politico ci ha pensato il cancelliere tedesco Olaf Scholz che ha inviato una lettera di condoglianze al regime iraniano dopo lo schianto dell’elicottero del presidente Ebrahim Raisi, nonostante si è a conoscenza che è un assassino pluriomicida e nonostante l’Iran sia sospettato di aver sostenuto l’attacco contro Israele.
Ma cosa vuol dire questo? Che i terroristi ci hanno in pugno?
Se il compito dei terroristi era quello di seminare caos e odio, manipolandoci emotivamente, purtroppo si può dire che hanno vinto. Questo clima mi riporta alla mente il periodo delle persecuzioni naziste contro gli ebrei, evidenziando una similitudine tra l’efficacia del terrore nazista nel diffondere paura e odio e l’influenza esercitata dal terrorismo moderno.
L’idea è che il terrore, indipendentemente dal contesto storico, ha il potere di destabilizzare società intere, seminare odio e divisione, portando alla persecuzione di gruppi specifici.
Quello che stiamo vivendo oggi, secondo la mia opinione, sono campagne di terrore progettate a creare caos paura e instabilità con la conseguenza di radicare le opinioni pubbliche facendo aumentare l’odio verso gli ebrei.
Bisogna tenere a mente che il terrorismo ha il potere di creare profonde divisioni sociali. A mio avviso ciò che sta accadendo con queste manifestazioni pro-Palestina potrebbe essere paragonato alla diffusione di ideologie estreme, simile a come i nazisti avrebbero utilizzato la propaganda per denigrare gli ebrei.
Tali manifestazioni rischiano di alimentare l’odio e il sospetto tra diverse comunità, creando un clima di divisione e tensione sociale.
Non dico che tutti coloro che manifestano contro Israele sono terroristi, anzi, è del tutto legittimo criticare il governo israeliano e le sue strategie militari, ed è giusto manifestare per ottenere più aiuti umanitari e promuovere la pace. Ma dobbiamo evitare di cadere nella trappola dei terroristi di farci credere che sia colpa solo di Israele.
Dobbiamo essere vigili sui pericoli della radicalizzazione, della disinformazione e della divisione sociale per combattere efficacemente il terrorismo e prevenire le sue conseguenze devastanti.
È fondamentale promuovere l’educazione, il dialogo interculturale e la solidarietà. Solo attraverso un impegno collettivo a respingere l’odio e a sostenere i valori di pace e giustizia possiamo sperare di costruire un futuro più sicuro e inclusivo.