CONGO – L’annientamento umano e religioso in corso nella Repubblica Democratica del Congo. Lettera aperta dei sacerdoti Jean Anatole SABW KANYANG, Charles KAZADI KATAL MATUNGA e Désiré MATAND ai Delegati delle Comunità Cattoliche Italiane in Germania e in Svizzera, p. Tobia Bassanelli e don Carlo De Stasi
Cari fratelli delegati,
noi sacerdoti della Provincia di Lomami nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), operanti nelle Missioni/Comunità Cattoliche Italiane in Germania e Svizzera sentiamo l’obbligo morale di farvi pervenire questa missiva con l’intenzione di rendervi noti della situazione dell’annientamento dell’umano in corso nella Repubblica Democratica del Congo, in modo particolare nella sopranominata Provincia.
Questo dramma umano di rara violenza che subisce il popolo congolese è taciuta dai mass media. Grazia a Dio, Papa Francesco ne ha accennato quattro settimane fa in una intervista a un giornale tedesco, die Zeit.
Qual è questa situazione?
Agli inizi di marzo 2017, approfittando di un conflitto circoscritto a una piccola zona nella Provincia civile del Kasayi Centrale tra il governo e il capo tradizionale di una tribù è insorto un gruppo di briganti senza legge né fede che fa oggigiorno stragi nelle quattro Province di tutta la regione del Kasayi. La regione del Kasayi comprende infatti cinque Province civili: Kasayi, Kasayi Centrale, Kasayi Orientale, Lomami e Sankuru. La più colpita di queste è la Provincia di Lomami, dove siamo nati e cresciuti, dove sono i nostri familiari e una parte della nostra diocesi di Luiza.
In una dinamica, tenebrosa per la nostra gente, ma per analisti avvertiti dinamica ben pianificata e preparata, questi briganti attraversano villaggi e paesi armati di coltelli, machete, bastoni e armi da fuoco di una epoca, e soprattutto drogati con una pozione, che loro stessi chiamano “magica” che li renderebbe invulnerabili. Si presentano o meglio si impongono come “liberatori” del Congo. In quanto tali, cioè presunti liberatori, obbligano tutti – a cominciare dai capi villaggi – di seguire e osservare gli ordini da loro dati con grande brutalità e senza pietà né per i bambini né per le donne né per gli anziani. Ecco come affermano la loro autorità:
* Per cominciare, si attaccano alla Chiesa e ai suoi rappresentanti: vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e catechisti di cui molti di loro sono stati bastonati e minacciati di morte. Distruggono i luoghi di culto: profanano chiese e cappelle, bruciano cappelle dei villaggi, bruciano banchi e paramenti di culto, prendono via calici, ostie – forse per il loro culti -. Vandalizzano le canoniche, i conventi, i seminari, i noviziati. In una diocesi vicina alla nostra perfino il vescovato è stato bruciato. Da noi, sacerdoti e suore sono tutti in fuga verso le grandi città dove ci sono dei militari armati e che raggiungono a piedi dopo giorni di nascondiglio in foreste. Da tre mesi molti cristiani non hanno più l’opportunità di celebrare l’eucaristia. Addirittura, più del 90 % delle comunità parrocchiali non hanno avuto la celebrazione della S. Pasqua quest’anno. Per capire questo bisogna rilevare che la Chiesa Cattolica è in Congo, soprattutto dalle nostre parti che sono in zona molto rurale, l’unica autorità sociale che sta dalla parte dell’umano e difende la dignità umana tramite le sue opere sociali come scuole, ospedali, centri sanitari, spazi d´incontro per giovani, et.. Oggi queste strutture ecclesiastiche sociali sono tutte chiuse, se non distrutte: medici e infermieri sono in fuga e i malati sono stati abbandonati alla loro triste sorte.
* Ovunque dove questi briganti sono passati, hanno distrutto in secondo luogo i simboli del potere locale tradizionale. I capi dei villaggi – che sono ancora oggi da noi i veri garanti della stabilità e della sicurezza della vita delle popolazioni in zone rurali – sono destituiti, decapitati se non obbediscono e devono “consegnare” i giovani dei loro villaggi per essere “iniziati” alla “magia di invulnerabilità”.
* Ma in realtà si fanno di questi giovani dei fratricidi senza pietà, visto che in uno o due giorni questi ragazzi ritornano irriconoscibili nel loro villaggio dove sono proprio loro a terrorizzare tutti, colpendo e uccidendo senza misericordia. Arruolati con forza e minaccia, avendo subito il “lavaggio di cervello” e essendo anche drogati sono obbligati a commettere atti di una violenza mai visti nella regione.
* Laddove ci sono dei simboli del potere dello Stato (poliziotti, uffici pubblici, ecc.) vengono anche distrutti da questi uomini senza legge.
* Proibiscono alla popolazione, alla gente di lavorare sui propri campi, eccetto nei giorni e nelle ore che loro fissano. Pertanto la fame sta irrompendo in questa nostra zona che è sempre stato il “granaio” di cibo per le grandi città “vicine”.
* Dagli spostamenti interni numerosissime, ci sono adesso molti profughi nelle città o nei grandi centri, famiglie sono strapiene di persone che hanno lasciato i villaggi con conseguenza della scarsità del cibo. Per quelli rimasti al villaggio molti sono quelli che si sono rifugiati nella foresta, a volte sono famiglie intere sottoposte a intemperie e pericolo di ogni genere.
* Tutti quelli che hanno cercato di opporsi o provato di ragionare con questi barbari «liberatori» sono stati decapitati. Le loro teste o braccio o gambe sono state esposte al pubblico e poi deportati come trofeo nel “Quartier général”. Un metodo suis generis per terrorizzare la popolazione.
* Non siamo in grado di avanzare il numero delle persone trucidate: sono tante. Sono state sepolte nelle tombe comuni senza che le loro famiglie abbiano l’opportunità di fare il lutto.
Ci si può chiedere dov’è e cosa fa lo Stato? Lo stato che è già un apparecchio andicappato ha ultimamente mandato dei soldati i quali non sono sufficienti per controllare tutta la situazione. E quando arrivano sono altre rappresaglie disproporzionate alle quali si assiste. E di nuovo tutti fuggono.
Noi sacerdoti abbiamo deciso di non tacere né di rimanere osservatori inerti. Per noi, siamo qui in presenza di una opera di forze occulte, forze diaboliche che stanno in azione per un piano (o piani) oscuro che non si può capire di un colpo. Pertanto pensiamo di fronteggiare, nel nostro piccolo cerchio, questa drammatica situazione a due livelli:
* La ricostruzione o il ristabilimento dell’uomo distrutto spiritualmente, psicologicamente e fisicamente. Pensiamo di istituire in una delle nostre città un centro dove psicologi e altri specialisti si metteranno a formare sacerdoti, religiosi e religiose e alcuni laici mirati, i quali sono tutti molto traumatizzati in questo momento e i quali diventeranno come moltiplicatori di formazione umana e di riconciliazione nelle parrocchie e nei diversi villaggi. Visto la situazione della RDC, senza sacerdoti e altre persone di evangelizzazione in buon stato di saluto spirituale, mentale e integrale, sarà molto molto difficile risanare l’uomo in questa regione.
* Sul piano propriamente materiale, ci tiene a cuore contribuire alla ricostruzione degli ospedali per evitare agli ammalati e partorienti di percorrere distanze stratosferiche prima di trovare una degna casa di cura.
La ricostruzione delle scuole occupa anche un posto privilegiato. Pensiamo qui ad offrire ai giovani una formazione pluridisciplinari forte per proteggergli dalle manipolazioni e avere buoni dirigenti per il domani. Infine le chiese e i centri parrocchiali che sono luoghi di incontro, di preghiera, etc. sono anche da ricostruire. Per tanti di loro, bisogna riacquistare i libri sacri e non, addobbi e oggetti sacri che sono stati sistematicamente bruciati.
In primo luogo chiediamo l’aiuto spirituale delle Comunità Italiane, cioè la preghiera affinché la Repubblica Democratica del Congo, la nostra regione di Lomami e la nostra diocesi di Luiza ritrovino la pace.
Poi, per realizzare ciò che abbiamo descritto qui sopra, abbiamo bisogno di un aiuto materiale. Chiediamo dunque ai nostri fratelli e sorelle cristiani delle Comunità Italiane un gesto di carità, di solidarietà e di condivisione fraterna per le comunità cristiane e le popolazioni colpite dalle forze diaboliche.
Fin d’ora diciamo grazie per la generosità di ciascuno e di tutti.