La Mala Giustizia in Italia. A farne le spese sono persone innocenti o già morte mentre dei ritardi per prescrizione godono i malviventi
Gli Italiani residenti all’estero, che seguono le vicende giudiziarie e sociali della nostra Penisola, sono più o meno al corrente di vigliaccherie, stupri, furti ed assassini che vi accadono. Ai quali a volte seguono sentenze discutibili, a volte politicizzate o tanto tardive da renderle inapplicabili per decadenza dei tempi giudiziari. O addirittura emesse a carico di chi è morto mentre effettuava il reato. Come successo, due anni fa, a Bernardino Budroni, ucciso dalla polizia mentre fuggiva dopo essersi impossessato della borsa dell’ex fidanzata. Il che non ha impedito alla Procura di Roma di condannarlo a 2 anni ed 1 mese di reclusione.
Un’ignoranza dovuta alla mancanza di sufficienti informazioni o a cattiva analisi dei fatti. Carenze che hanno fatto condannare a 24 anni di carcere il 51enne Angelo Massaro, benché non avesse ucciso uno spacciatore di droga. A coinvolgerlo c’era un’intercettazione telefonica e la dichiarazione di un collaboratore di giustizia. Ma al momento del delitto, Massaro era in una città diversa da quella in cui era avvenuto l’omicidio. Differenza affermata dalla difesa dall’accusato e dichiarata dall’accusato, ma giudicata inaccettabile dai Giudici che lo hanno condannato e fatto mettere in galera. Dove ha trascorso 21 anni in attesa della sentenza della Corte di Cassazione di Catanzaro che lo ha assolto.
Certo, la giustizia è realizzata da uomini che, si sa, possono sbagliare perché errare è umano. Ma non sempre perdonabile. Soprattutto se i magi-strati impiegano troppo tempo prima di emettere una sentenza, facendo così cadere in prescrizione il reato, a tutto vantaggio di chi lo ha commesso. Che non sconta nessuna pena, come capitato a chi, in Piemonte, aveva più volte violentato e stuprato la figlia settenne della convivente. La quale, fidandosi del compagno, gliela lasciava quando andava a lavorare ma poi non ha esitato a denunciarlo appena viene a conoscenza di quegli obbrobri. Il processo dura 20 anni e cade in prescrizione. Una “malagiustizia” che ha spinto Paola Dezani, giudice della Corte d’Appello, a chiedere scusa.
Anche il presidente della Corte, Arturo Soprano, si sentì in dovere di affer-mare: “Si deve avere il coraggio di elogiarsi, ma anche quello di ammettere gli errori. Questa è un’ingiustizia per tutti, in cui la vittima è stata violentata due volte, la prima dal suo orco, la seconda dal sistema”. Il che non impedisce che restino impuniti, per un notevole ritardo della sentenza definitiva, anche i 5 medici dell’ospedale romano Sandro Pertini, accusati, e condannati in primo grado, di omissioni nei confronti del paziente Stefano Cucchi, al quale non avrebbero dato cibo né acqua. Lentezze giudiziarie che fanno perfino scarcerare delinquenti peggiori, come successo in Calabria dove alcuni esponenti della ‘ndrangheta, responsabili di omicidi, effettuati o tentati, nonché di un continuo sistema tangentizio, sono stati rimessi in libertà, benché già condannati, solo perché il magistrato competente non ha depositato in tempo utile le motivazioni della sentenza. Ritardo che ha impedito il passaggio in Cassazione, quindi del giudizio definitivo, ma permesso a quei criminali di continuare ad uccidere e rubare.
Fatto grave cui, purtroppo, se ne aggiungono altri. A volte peggiori, se coinvolgono persone innocenti indagate solo per motivi politici, come sanno molti esponenti del centrodestra, o per errori giudiziari. Motivo, quest’ultimo, che ha messo nei guai l’avvocato Calogero Dolce, denunciato per aver effettuato bonifici illeciti a suo favore. Accusa rivelatasi falsa, ma che rischia di fargli mettere all’asta la sua casa, avendogli la Procura di Aosta sequestrato i suoi conti correnti. Il che non gli permette più di pagarne il mutuo, benché sia stato, poi, assolto, essendo stata provata la sua non colpevolezza.
Errori, ritardi e, a volte, pregiudizi che hanno spinto il commercialista Mario Caizzone (nel 1993 accusato ingiustamente di aver fatto fallire la società Imprenori spa, sottoposto a processo e ad arresti domiciliari per 21 anni) a creare, nel 2012, l’associazione Aivm con l’obiettivo di aiutare tutte le vittime di sbagli giudiziari. Che, in meno di 5 anni, ammontano a 5mila. Motivo che ha spinto ad effettuare un sondaggio chiedendo ai Parlamentari: chi è vittima di un errore giudiziario a chi può rivolgersi? Varie le risposte: qualcuno disse “al Padre Eterno”, altri al Papa, al Presidente della Repubblica, al Consiglio superiore della Magistratura o al Consiglio Giudiziario presso la Corte d’appello. Risposte poco risolutive.
Perché basta poco per far finire qualcuno nel tritacarne di un sistema Giustizia i cui rappresentanti, super pagati, lavorano male, impiegano troppo tempo prima di arrivare ad una sentenza, si fanno coinvolgere dalla propria opinione politica, e per superficialità, disattenzione o ragionamenti errati, compiono errori. Con il risultato di danneggiare la vita e la salute mentale dei cittadini.