Gli stati membri dell‘UE ai ferri corti con il premier ungherese Viktor Orbán
Lo scontro oramai era improcrastinabile, ed è avvenuto: al summit europeo di tutti i capi di governo della UE, che è iniziato il 24 giugno scorso, il governo ungherese si è trovato isolato ed è stato attaccato duramente dagli altri stati membri nonché dal presidente del Parlamento Europeo David Sassoli e dalla presidentessa della Commissione Europea Ursula von der Leyen. Pietra dello scandalo è una nuova legge discriminatoria nei confronti dei cosiddetti LGBTQ+ (Lesbian, Gay, Bisex, Trans, Queer + Intesexuell) approvata dal Parlamento di Budapest e che sta per entrare in vigore. Ma è già da molto tempo che la deriva di ultradestra e antidemocratica del premier Viktor Orbán sta causando attriti crescenti all’interno dell’Unione Europea. Veramente l’ordine del giorno era diverso: si doveva parlare dei problemi con i migranti e dei difficili rapporti con la Turchia. Ma il presidente del Parlamento Europeo, il fiorentino David Sassoli, ha subito portato il discorso sul rispetto dei diritti umani: „Quando i valori democratici sono attaccati, la nostra risposta deve esser ferma. Ma per essere forti e convincenti sulla scena internazionale, dobbiamo essere coerenti e garantire l’applicazione dello stato di diritto e dei diritti fondamentali che chiediamo agli altri di rispettare.(…) La discriminazione, sia essa razziale, religiosa, basata sull’orientamento sessuale o altro, è incompatibile con i valori dell’UE. Ecco perché siamo preoccupati delle recenti iniziative legislative in Ungheria“.
„La legge ungherese è una vergogna“ aveva dichiarato senza mezzi termini Ursula von der Leyen durante una conferenza stampa, „Ho dato istruzioni ai commissari competenti affinché scrivano una lettera alle autorità ungheresi per esprimere le loro preoccupazioni legali prima che la legge entri in vigore“. Si tratta di una legge che, dietro il paravento di proteggere i bambini dagli abusi sessuali, fa un solo fascio di pedofili, omosessuali, eccetera, tutti ugualmente colpevoli.
Nel frattempo si era svolto il giallo dello stadio a Monaco di Baviera. Bellissima opera architettonica, simile ad una conchiglia che racchiude il campo da gioco come una perla, ha la caratteristica specifica di poter illuminare il suo guscio esterno di ogni colore a piacere e, su suggerimento del sindaco della metropoli bavarese Dieter Reiter, aveva scelto polemicamente i colori dell’arcobaleno proprio per la partita di calcio Ungheria-Germania del 23 giugno scorso; ma l’UEFA ha opposto uno stretto veto giustificato con argomentazioni piuttosto bizantineggianti anzichennò.
Evidentemente l’UEFA non è l’UE e nel suo interno prevalgono altri punti di vista. Contro questo fatto ha protestato energicamente il commissario e vicepresidente della commissione, il greco Margaritis Schinas. La punta compatta dell’arma diretta contro l’Ungheria era costituita dal Benelux. Il primo a trafiggere Orbán è stato il premier olandese Mark Rutte: „Devono capire che o sono membri dell’Unione Europea, e perciò della nostra comunità di valori, dove nessuno può essere discriminato in base al colore della pelle, al genere, all’orientamento sessuale, o qualsiasi altra cosa, come previsto dall’articolo 2 dei trattati, che non è negoziabile, o ne sono fuori“.
Di rincalzo, il premier lussemburghese Xavier Bettel ha aggiunto: „Le leggi che Orbán fa votare sono inaccettabili“. Anche Mario Draghi ha lanciato i suoi strali contro il premier ungherese: „Guarda che questo trattato, sottoscritto anche dall’Ungheria, è lo stesso che nomina la Commissione guardiana del trattato stesso. Spetta alla commissione stabilire se l’Ungheria viola o no il trattato“. Ma naturalmente Orbán ha respinto tutte queste critiche a muso duro, dato che anche lui ha dei sostenitori all’interno dell’EU, soprattutto nei paesi dell’est come la Polonia e la Repubblica Ceca. A Praga il presidente Milos Zeman, premier del partito detto ufficialmente „Partito dei Diritti Civili“ ha dichiarato che „Le persone transgender sono implicitamente disgustose“. La signora von der Leyen ha quindi dichiarato aperta la procedura d’infrazione contro l’Ungheria.
„L’Ungheria non ha più posto nella UE“ ha concluso in maniera lapidaria l’olandese Rutte; ma questo non significa implicitamente riconoscere che ammettere certi paesi nella UE con l’affrettato „allargamento a est“ sia stato un colossale errore? Possiamo figurarci in che situazione ci troveremmo se avessero ammesso all’EU pure la Turchia, che da 7 anni a questa parte boicotta perfino l’Eurovision Song Contest per protesta contro la vittoria del travestito Conchita Wurst a Copenaghen.