EUROPA – Ogni anno quasi 100.000 europei fanno domanda d’asilo nei paesi UE, e il numero di richieste accolte tende ad aumentare. Eppure questo fenomeno rimane ai margini del dibattito sul diritto d’asilo – e di quello sull’allargamento
Tutte le discussioni che si sono scatenate in Europa sul diritto d’asilo negli ultimi anni – e il razzismo che le accompagna – si basano sull’idea che i richiedenti asilo siano quelli che arrivano attraverso il Mediterraneo o la Turchia, provenienti dall’Africa e dall’Asia. In realtà lo scorso anno tra coloro che hanno fatto domanda d’asilo nei paesi dell’Unione europea c’erano quasi 100.000 cittadini europei : albanesi, turchi, russi, georgiani, ucraini, armeni e così via.
Questa massa di persone tende a sfuggire all’attenzione dell’opinione pubblica e delle forze politiche, forse perché tra loro ci sono moltissimi minorenni, con cui è più difficile prendersela, ma probabilmente perché questi richiedenti asilo hanno la pelle bianca. Ormai vengono percepiti come meno minacciosi rispetto alle presunte orde di giovani uomini dell’Africa subsahariana che avrebbero invaso le nostre città – e dunque si prestano meno a essere strumentalizzati in chiave xenofoba.
La Francia ha rappresentato una delle poche eccezioni a questo generale atteggiamento di disattenzione, perché lo scorso anno gli albanesi sono risultati in assoluto la più corposa comunità di richiedenti asilo nel paese, e la stampa e la politica hanno dovuto accorgersene . Gli albanesi in effetti hanno un peso notevole nel complesso delle domande di asilo presentate da europei in Europa: nel 2017 sono stati in più di 22.000 a chiedere asilo – di gran lunga il numero più alto rispetto a tutte le altre nazionalità, sia in termini assoluti, sia in proporzione alla popolazione (quasi l’1% dei cittadini albanesi lo scorso anno ha chiesto asilo nell’Unione europea).
Diffidenza e scoraggiamento
La grande maggioranza degli europei che fanno domanda d’asilo nell’Unione europea si rivolge alla Germania o alla Francia. Negli ultimi anni entrambi i paesi hanno però adottato una politica sempre più rigida nei loro confronti, in conseguenza del picco di domande ricevute anche da parte degli europei nel 2015. E dunque inserimento dei paesi di provenienza nell’elenco dei “paesi sicuri” , procedure rapide di valutazione delle domande e percentuali molto basse di accoglimento, rimpatri forzati, accordi coi governi dei paesi d’origine per limitare i flussi in uscita e minacce di reintrodurre i visti per l’area Schengen.
“In Francia le autorità ormai partono dal presupposto che domande come quelle presentate dagli albanesi siano infondate, e dunque a questi richiedenti asilo non viene nemmeno offerto un alloggio. L’idea di fondo è che non si debba essere troppo gentili con loro”, sostiene Oliver Peyroux , che studia l’immigrazione europea in Francia. “Manca del tutto una riflessione sulle cause che spingono queste persone a partire, e su cosa si potrebbe fare per aiutarli. Ma molto spesso manca anche una conoscenza di base, per moltissimi francesi ad esempio gli albanesi rimangono piuttosto misteriosi”.
È vero che, anche prima della recente stretta, i paesi dell’UE respingevano la maggioranza delle domande di asilo presentate da cittadini europei, ed è vero che in molti casi a chiedere l’asilo non sono persone esposte a pericoli e minacce specifiche, bensì migranti economici con poche altre opzioni a disposizione per riuscire a trasferirsi all’estero. Come conferma la giornalista albanese Fatjona Mejdini, tra i suoi connazionali che partono molti sono giovani e famiglie che non riescono a trovare lavoro nel loro paese.
Sempre più domande accolte, nonostante tutto
Anche se le autorità tendono a considerare strumentali le domande d’asilo presentate dagli europei, i numeri raccontano una storia un po’ diversa. Nel 2017 i paesi dell’Unione europea hanno accolto circa il 18% di queste domande , mentre cinque anni prima avevano concesso l’asilo solo all’8% di coloro che ne avevano fatto richiesta.
Il minore tasso di rigetto delle domande d’asilo non è certo da attribuirsi a una maggiore generosità dei governi, quanto a un riconoscimento dell’oggettiva precarietà delle condizioni di vita in vari paesi europei. A trovare più spesso un esito positivo non sono solo le richieste di asilo di turchi e ucraini – esposti evidentemente a gravi rischi – ma anche quelle presentate da quasi tutte le altre nazionalità.
Ad esempio, anno dopo anno i richiedenti asilo albanesi vedono accolte sempre più domande: all’interno dell’UE nel suo complesso, le concessioni di asilo per loro sono passate da 500 a 1600 in cinque anni. Le motivazioni alla base dell’accoglimento delle richieste di asilo sono perlopiù legate ai pericoli costituiti dalla vendetta di sangue, alla violenza domestica, alle discriminazioni contro le persone LGBT e la comunità rom . Come hanno evidenziato anche alcuni casi di cronaca, si tratta di pericoli concreti e reali – anche se il governo e la stampa albanese tendono a non parlarne o a negare la specificità dei richiedenti asilo.
Non è insomma possibile ignorare il fatto che in molti paesi europei esistono problemi seri di violazione dei diritti umani – e dunque i paesi UE non dovrebbero partire dal presupposto che le decine di migliaia di domande d’asilo che ricevono ogni anno da cittadini europei siano solo strumentali. Per governare il fenomeno, ed eventualmente ridurre i numeri degli arrivi, servirebbe piuttosto una riflessione sulle ragioni che spingono così tante persone a lasciare paesi che nel nostro immaginario sono ormai spesso delle gradevoli mete turistiche e dei futuri partner all’interno dell’Unione europea.
L’articolo originale è stato pubblicato dall’European Data Journalism Network