Riflessioni sul futuro dell’Italia, in ottica internazionale
Ben oltre ciò che riflette la superficie dei media, quelle dell’immigrazione è, per numerosi aspetti, un’opportunità e non una minaccia. Se ne è ampiamente discusso in occasione del Seminario di Studi “Ragionare sul futuro dell’Italia. Ruolo e contributo delle giovani generazioni degli Italiani nati all’estero”, svoltosi l’11 ottobre u.s., presso la Sala Nilde Jotti della Camera dei Deputati. Una tavola rotonda di esperti, facenti riferimento alle varie correnti politiche, ha animato il dibattito, grazie al coordinamento scientifico dell’esperto Aldo Aledda, alla moderazione dei giornalisti Luciano Ghelfi (Quirinalista Rai) e Gianni Lattanzio (comunicatore politico).
Numerosi gli spunti di rilievo. Emerge, in tutti gli interventi, un apporto positivo in termini di conoscenza. L’auspicio degli organizzatori è che occasioni del genere non rimangano limitate ai partecipanti, ma possano trovare spazio nel dibattito pubblico, là dove spesso il discorso sul tema dell’immigrazione viene banalizzato e ipersemplificato. Eppure, un primo dato che emerge nel dibattito, è quello per cui la presenza di italiani all’estero precede la nascita dell’Italia; ci si ricollega qui al recente discorso del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha citato questo dato parlando degli italiani nel mondo: “sono tanti – ha affermato il presidente della Repubblica – In circa cento anni, tra il 1876 e il 1975, sono emigrati dall’Italia quasi 26 milioni di italiani. Si tratta davvero di una nazione fuori dalla nazione. Parliamo dei figli lontani, ai quali dalla madre Patria si guarda con ammirazione e con affetto particolari”. Numerosi sono secondo Fabio Porta, presidente nella scorsa legislatura del comitato parlamentare degli italiani nel mondo, gli interventi possibili: si può, in futuro, stimolare maggiormente la conoscenza del fenomeno, con strumenti di indagine per la ricerca sociale quali questionari demografici, si può incentivare il cosiddetto “turismo delle radici”, attraverso l’arrivo nel nostro Paese di giovani italiani emigrati in Argentina, Brasile, Venezuela. Ulteriori proposte emergono nell’intervento dello storico dell’immigrazione, Emilio Franzina, docente universitario a Verona oggi in pensione: bisognerebbe implementare delle collaborazioni, porsi obiettivi concreti anche nelle Università, al fine di creare degli scambi con le discendenze italiane nelle varie parti del mondo, restituire il giusto ruolo agli studiosi, specialmente nel dibattito mediatico.
Conoscere in profondità le situazioni e i contesti di vita, saperne di più rappresenta un elemento di fondamentale importanza. Se infatti gli italiani all’estero, con il loro apporto creativo, hanno saputo gestire situazioni di disagio, di adattamento ad un contesto nuovo e differente da quello di origine, anche oggi ciò è possibile trovare vie positive rispetto al fenomeno migratorio. Come afferma infatti Franco Pittau, presidente onorario del Centro Studi e Ricerche IDOS/Immigrazione Dossier Statistico, “tra emigrazione e immigrazione sussiste una profonda sinergia”. Con particolare riferimento alle giovani generazioni, in epoca di precarietà e di incertezza sulle prospettive di vita e di progettualità, lo scambio interculturale nelle scuole e nelle università può rappresentare un volano di crescita e sviluppo. Si aggiunge a tale proposta l’invito del senatore Cinque Stelle Gianni Marilotti, secondo cui tra i migranti economici e quelli che scappano da guerre e discriminazioni non è il caso di fare distinzioni; piuttosto, bisogna a suo avviso essere in grado di leggere l’opportunità che tali nuove energie possono fornire al Paese. Così Massimo Ungaro, deputato Pd eletto all’estero, ha sottolineato l’impegno suo e del Partito per trattare in maniera qualificata e con un apporto operativo i temi trattati nel corso del Seminario.
A seguito di tali interventi, si è aperto un dibattito tra i numerosi ospiti. Toni Ricciardi, ricercatore dell’Università di Ginevra, ha proposto un’inversione di paradigma rispetto al problema, là dove si vede quello della migrazione come uno spazio “altro”, quando invece ci si trova di fronte a un processo globale. In relazione a ciò, Daniele Marconcini, presidente dei Mantovani nel Mondo, tra gli organizzatori del seminario, ha sottolineato all’attenzione del pubblico la necessità di un impegno per la costituzione di un “laboratorio esperienziale” che possa fungere da piattaforma comune per promuovere gemellaggi culturali, a livello internazionale. Delfina Licata, curatrice del rapporto Italiani nel mondo per la Fondazione Migrantes, ha posto l’accento sull’aspetto positivo della circolarità dell’apporto giovanile al nostro Paese, sia con riferimento al tema dell’immigrazione tout court che a quello dello specifico impegno suo personale e della Fondazione Migrantes, che sarà presentato il 24 ottobre p.v. a Roma.
Numerosi interventi hanno poi posto all’attenzione aspetti sia scientifici che culturali sul tema. Francesca Mazzuzi, del Cedise, si è soffermata sulle difficoltà del rientro degli italiani all’estero, presentando sia dati che analizzando il problema. Ombretta del Monte, artista, si è soffermata sul lavoro nel suo campo tra Italia ed estero, sulle difficoltà e sulle modalità operative per l’individuazione di finanziamenti dai progetti europei. Massimiliano Nespola, giornalista, ha trattato il tema della potenziale “fuga di cervelli” dal Regno Unito dopo la Brexit, un fenomeno nuovo e imprevisto considerata la nutrita presenza di ricercatori italiani nello Stato membro uscente. L’avvocato Angelo Malizia ha descritto la sua esperienza in America alla ricerca di opportunità lavorative, che nel suo campo sembrano oggi maggiori che in Italia. Marco Appoggi, presidente dei Vicentini nel mondo, si è soffermato sul ruolo positivo dell’associazionismo all’estero per l’interscambio, se conciliato con un apporto positivo delle classi dirigenti. Ciriaco Acampa (Rotary Club Roma) ha raccontato l’esperienza positiva dell’assegnazione di borse di studio in campo culinario, nell’ambito dei rapporti Italia-Usa. Il prof. Andrea Villarini dell’Università per stranieri di Siena si è infine soffermato sul fenomeno della scarsa conoscenza dell’italiano all’estero, anche proprio tra gli stessi immigrati dal nostro Paese; un problema a cui porre rimedio grazie all’insegnamento della nostra lingua oltre confine.