Si sente spesso parlare di “priorità”, “gerarchia di valori”. Dal riconoscere cioè cosa è importante o fondamentale nella vita dipende infatti l’equilibrio esistenziale e l’insieme sensato del proprio agire. Ciò che sembra esser successo ultimamente in Italia con i cosiddetti governi “giallo verde” e “giallo rosso”. Sono da interpretare come invito forte a “riflettere bene” quando ci si trova davanti ad una scelta così radicale. A riflettere bene, soprattutto considerando il fatto che una scelta operata nel qui ed ora si andrà snocciolando nella quotidianità del giorno dopo giorno e si incarnerà in una serie di eventi e di situazioni future neppur lontanamente immaginabili nell’adesso. Eventi che potrebbero mettere a dura prova la scelta d’inizio, ma soprattutto la vita delle persone. Ed ecco che chi era stato messo alla porta entra dalla finestra e sempre con la scusa di aiutare il popolo italiano, il quale però avendoli messi alla porta non può pensare ipocritamente di dire “lo vuole e lo facciamo per il Paese”, visto anche le circa 500 nomine dei cosiddetti “boiardi di Stato” nei prossimi mesi. Ed ecco allora che bisogna analizzare i fatti nella vera realtà e non con le chiacchiere dei tifosi che si credono essere il non plus ultra, senza rendersi conto di avere rovinato – nel tempo – il paese e gli italiani dicendosi europeisti ma essendo dei burattini in mano di una “certa Europa”, e da qui che nasce il punto: che cioè nella 67ma riunione del “Gruppo Bilderberg” che si è tenuta a Montreux in Svizzera dal 30 maggio al 2 giugno u.s., ha visto questa volta come unico ospite politico italiano Matteo Renzi, al di là di Mario Monti ed un’altro paio che ne fanno parte da sempre, e come d’incanto si arriva ad avere un nuovo governo che piace “all’Europa” e non solo.
Il Club Bilderberg
Due colleghi giornalisti, un italiano ed uno spagnolo, Francesco Amodeo e Daniel Estulin, sono coloro i quali – anche a rischio della propria incolumità – hanno fatto alcune rivelazioni su alcune delle realtà più inquietanti che agiscono nell’ombra e influenzano le politiche internazionali, checché in tanti non lo vogliono ammettere ed anzi cercano di sminuire quella che è la vera realtà. In primis il “Club Bilderberg” e più recentemente “l’Istituto Tavistock”. Dal 1954, nato per iniziativa del banchiere statunitense David Rockefeller, un gruppo ristretto di persone si ritrova per per decidere il futuro politico ed economico dell’umanità. La stampa non ha mai avuto accesso alle riunioni (anche se alcuni giornalisti/e – per ovvi motivi – sono stati invitati o ne fanno parte; cfr. Lilli Gruber membro del Comitato Direttivo), che si sono storicamente svolte presso l’Hotel Bilderberg, nella piccola cittadina olandese di Oosterbeek. Nessuna notizia è mai filtrata da quelle stanze, anche se è durante quegli incontri che sono state prese alcune decisioni più rilevanti per i cittadini di tutto il mondo. Sarebbe questa élite inoltre a proporre le figure chiave dello scacchiere internazionale – come presidenti USA, direttori di agenzie come CIA o FBI, vertici delle maggiori testate giornalistiche ecc….ecc…. – e a creare le linee guida della globalizzazione.
Ed eccoci a ciò che anche l’Amodeo definisce la “Finanza Speculativa”.
Nel mondo della finanza internazionale, ci sono quelli che guidano gli eventi e quelli che reagiscono agli eventi. Mentre gli ultimi sono più conosciuti e più numerosi e apparentemente più potenti, il vero potere rimane ai primi. Al centro del sistema finanziario globale ci sono le oligarchie finanziarie rappresentate dal gruppo Bilderberg. L’idea dietro ogni incontro Bilderberg è di creare in modo ottimale un’aristocrazia fra le élite europee e americane per controllare il pianeta.
“I media sono il braccio armato con cui i potenti assoggettano il popolo”.
Quando il collega Amodeo usò questa espressione nel suo libro/inchiesta era da poco passato il 2011, periodo in cui i media, come un plotone di fuoco al servizio del “Cartello finanziario europeo”, avevano mitragliato con kalashnikov caricati a pallottole di spread i poveri italiani, messi spalle al muro dalla crisi economica. Oggi la storia si ripete, le nuove munizioni portano il nome di “deficit” ma il copione è lo stesso. Il segnale di aprire il fuoco è arrivato dall’alto. I media hanno cominciato a sparare all’impazzata e con sempre meno lucidità. Lo scopo: “Radere al suolo la verità, occupando militarmente la coscienza degli italiani, con la strategia del terrore”. Allora è il momento di fare chiarezza e di denunciare, una volta per tutte, le truffe subite dal nostro paese sul tema dei vincoli di bilancio.
Facciamo un passo indietro di qualche anno, indispensabile, per capire come si è arrivati alla situazione odierna.
La crescita economica tedesca fra il 2000 e il 2003 era stata nulla mentre la disoccupazione cresceva. Nel primo decennio dell’euro (1999-2008) il debito pubblico tedesco è aumentato dal 61% al 67% del Pil al contrario di quello di molti “Piigs” (Piigs è un acronimo utilizzato da giornalisti economici, per lo più di lingua inglese, per riferirsi a diversi Paesi dell’Unione europea, in particolare Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna accomunati da situazioni finanziarie non virtuose e deficitarie, termine dispregiativo e razzista), il cui debito nello stesso periodo scendeva dal 113% al 106% del Pil. Questo perché dal 2000 al 2005 (badate bene), prima dello scoppio della crisi del 2007 la spesa pubblica tedesca è aumentata di circa 120 miliardi di euro, una cifra che fu allocata per circa 2/3 (90 miliardi di euro complessivi) in sussidi alle imprese e in politiche attive per il mercato del lavoro. Le spese per l’istruzione, invece, aumentarono di soli 8 miliardi e quelle per l’edilizia popolare di 3.
In pratica la Germania che per 4 anni di seguito sforò la regola del 3% nel rapporto deficit/pil aveva finanziato a deficit le proprie imprese, in aperta violazione del Trattato di Maastricht, spendendo soldi pubblici per rendersi competitiva con le scorrette riforme Hartz – che quindi vanno inquadrate come il classico aiuto di Stato vietato dai trattati – che porteranno ad un abbattimento del costo del lavoro tedesco, a colpi di precarietà, con la flexicurity e i mini job, che determinarono un declino dei salari nominali e reali tedeschi che scesero fra il 2003 e il 2009 di circa il 6%. Una svalutazione reale finanziata con sussidi diretti e indiretti al sistema produttivo tedesco.
Queste azioni di vero e proprio dumping sociale, avviate in Germania, furono decise unilateralmente, senza consultare “i fratelli europei” violando palesemente l’articolo 119 del Trattato di Funzionamento dell’UE (TFUE).
Che la Germania giocasse sporco lo avevamo già intuito quando un ex Ministro delle finanze greco Nicos Christodoulakis, denunciò a suo tempo, che il Governo tedesco non aveva incluso gli ospedali nel settore pubblico, falsando quindi i suoi conti dell’entrata nell’euro.
E visto che il lupo perde il pelo ma non il vizio, la Germania non ha mai smesso di finanziare le sue imprese in violazione dei trattati europei.
In pochi sanno – dato che i media e i politici tendono a glissare su questo argomento – che la banca pubblica tedesca creata nel dopoguerra dagli alleati, per gestire i fondi del piano Marshall, è stata il più importante strumento di politica industriale del paese ed una delle più grandi e potenti banche del mondo la Kreditanstalt für Wiederaufbau, (KfW) cioè Istituto di credito per la ricostruzione.
Kreditanstalt für Wiederaufbau
La KfW ha da decenni il ruolo di motore e finanziatore dello sviluppo, ossia quel ruolo che i falchi di Berlino e di tutta l’Eurozona non vogliono attribuire alla Banca Centrale Europea. (Cfr. anche gli ultimi attacchi del Presidente della Bundesbank al Presidente della BCE Draghi).
A trarne vantaggio quindi è il solo sistema tedesco. La KfW appartiene per l’80% alla Repubblica federale e al 20% ai Länder (ossia i 16 stati federati della Germania, sempre soggetti pubblici) e svolge molti compiti di finanziamento del settore pubblico, non solo finanziando le piccole-medie imprese, ma rendendosi artefice di salvataggi di aziende e banche come nel caso della Ikb collassata a causa dei mutui subprime.
Salvataggi che ad altri paesi non sarebbero stati permessi ma che Berlino per anni ha fatto passare come interventi non pubblici, a dispetto della proprietà al 100% pubblica dell’Istituto, e sostenendo dei costi che restano al di fuori del perimetro del bilancio federale, e che quindi, non figurano nel debito pubblico tedesco.
Per concludere possiamo dire che la realtà è che i media ed i politici, espressione del “Cartello Finanziario”, cercano di far passare che la Germania sia virtuosa mentre noi siamo dei Piigs.
Ma la verità è che i nostri governanti, fino ad oggi, sono stati dei Piigs permettendo alla Germania, a nostre spese, di fingersi virtuosa, e così affossare ancora di più il nostro Paese per renderlo succube dell’Europa, o di una “certa Europa”.