L’assunto o l’azzardo di Putin è di avere il potere di ritornare “Potenza”
La Russia contemporanea può solo agitare (fino ad esercitare) la minaccia armata per ottenere ciò cui non ha diritto. La rivendicazione di territori cuscinetto, di neutralizzazioni e smilitarizzazioni dei vicini, va interpretata come un complesso di colpi di sonda del presidente Putin volti a capire quanto lo spazio che si è trasferito, diremmo rifugiato, sotto la Potenza altrui sia effettivamente indisponibile o quanto invece nuovamente accessibile alla Potenza russa. L’invasione dell’Ucraina è dunque un sondaggio condotto sulla capacità e volontà europea di far fronte ad una ‘inversione della storia’. Che certe élites russe, eredi del potere sovietico, giudichino inaccettabile la condizione (il declassamento) post-imperiale, si può capire, come è comprensibile che esse possano tentare di invertirne con le armi gli effetti, che sono poi gli effetti di una crescente europeizzazione, e assimilazione ‘occidentale’ delle popolazioni su ogni piano. Ora, non solo nessuna popolazione dell’Europa ex-sovietica auspica un ritorno al pre-1989 ma, e anzitutto, il crollo dell’URSS ha rappresentato la fine di un sistema di dominio che aveva diviso il mondo in due fronti opposti. Senza illusione di pace universale, il nuovo ordine euro-russo quale sembrava essersi definito dagli anni Novanta e durare (fino a ieri) è, per il mondo, preferibile a quello passato. Questo nuovo ordine non deve essere reversibile, in nessuna forma in cui possa esserlo. L’esperimento di “Potenza” di Putin deve essere non solo contrastato ma vanificato; Putin non deve riportarne alcun guadagno, o l’esperimento diventerà una prassi: si tratterà ogni volta di una prova in cui la Potenza stessa verrà accresciuta nella sua forza e confermata nella sua volontà. Infatti, non dobbiamo dimenticare che la parte del Donbass è ricchissima di giacimenti di ogni sorta, dal valore di oltre sette trilioni di dollari. Però bisogna dire che le vicende europee sono viste con tutt’altra prospettiva rispetto all’Italia o agli italiani negli Stati Uniti. Non ci sono dubbi sulle responsabilità dell’aggressione di Putin, ma cerchiamo di vedere le cose anche in modo strategico per il futuro dell’Italia e dell’Europa, non facciamoci confondere da notizie non sempre documentate e certe, visto che in ogni guerra la verità è spesso manipolata agli interessi di parte.
Gli interessi americani
A due mesi dall’inizio del conflitto, negli USA le notizie della guerra in Ucraina tendono a scivolare via velocemente dai titoli di testa dei TG, con gli americani molto più preoccupati per l’inflazione e il costo dei carburanti che non per il lontano fronte europeo. È infatti molto più commentata la decisione presidenziale di attingere un milione di barili al giorno dalle riserve strategiche fino alla fine dell’anno pur di bloccare il prezzo della benzina che era schizzato in molti Stati oltre i 5 dollari al gallone. La mossa ha stabilizzato il prezzo intorno a 4,20 dollari, equivalenti a 99 centesimi di euro al litro, un prezzo che a noi sembra da favola, ma per gli americani è comunque uno shock. Un esempio per sottolineare come la partita Ucraina si giochi negli USA principalmente sul fronte interno sostenuto da una borsa dove corrono soprattutto i titoli legati alla difesa, grande business americano di cui in Europa si parla pochissimo. L’opinione pubblica guarda preoccupata al prezzo della benzina, ma anche perché deve prende atto che l’inflazione ufficiale, già prima della guerra, era salita al 7,9%, record negativo dal 1982, mentre la Federal Reserve pompa quotidianamente nel sistema una somma imponente di liquidità (si parla di 300 miliardi di euro al mese, ovvero in un solo mese tutti i fondi italiani del PNRR) per sostenere i consumi e – indirettamente – le traballanti fortune di Biden chiamato a novembre ad un difficile turno elettorale. Dietro il paravento degli aspetti politici ed umanitari del conflitto, gli USA si stanno indebitando sempre di più, ma grazie alla loro rafforzata leadership economico-finanziaria, scaricano una parte dei propri guai sull’euro e le alte economie straniere, con il dollaro che comunque si è rafforzato confermandosi come valuta centrale del mondo.
“Combatteremo la guerra in Ucraina fino all’ultimo europeo”
È uno slogan ipotetico, ma che rende l’idea: l’America vende armi, tiene alta la tensione, fa i propri affari e scarica rischi, profughi e “danni collaterali” sugli alleati e le loro economie. Dopo l’abbandono dell’Afghanistan che ha significato una figuraccia immensa per la Casa Bianca, l’amministrazione Biden sta puntando tutto su un rilancio economico interno nel tentativo di affrontare al meglio il voto di novembre. Di qui la necessità di tenere basso il costo del denaro offrendo liquidità alle famiglie (si stanno ripetendo le situazioni pre-2008, quando esplose la bolla dei mutui sugli immobili che come un terremoto sconvolse l’economia del mondo) e puntando a nuovi posti di lavoro. Il prezzo da pagare è un aumento astronomico della liquidità circolante che genera inflazione, ma accettabile se appunto viene parzialmente “spalmata” all’estero nel momento in cui la guerra indebolisce soprattutto le concorrenti economie europee.
Un’Europa debole
Parliamoci chiaro: l’America non risente economicamente del conflitto, non impiega propri uomini in prima linea, non ospiterà una quota significativa di profughi, ma ha tutto l’interesse a mantenere alta la pressione perché controllerà sempre di più le fonti energetiche mentre fa grandi affari in campo militare anche in Europa. La Germania, per esempio, ha acquistato nelle scorse settimane nuovi armamenti USA nel quadro di un piano di rinnovamento delle sue forze armate con un budget di cento miliardi di euro. Applaudono Lockheed, Martin, Raytheon, General Dynamics, Boeing e Northrop Grumman, i giganti della difesa USA sempre in prima fila – guarda caso – a sostenere Biden.
Soprattutto, sul piano strategico, gli USA al di là delle dichiarazioni ufficiali sono ben contenti del solco profondo che la guerra in Ucraina sta creando tra UE e Russia che – ove fossero invece paesi tra loro alleati – potrebbero insieme diventare un formidabile antagonista all’America. Un’Europa debole dal punto di vista energetico è poi un’altra manna per Washington che invierà gas – così almeno è stato promesso – ma ad ottimi prezzi (per gli USA) mentre la sospensione dei lavori per il gasdotto Nord Stream 2 chiuderà per anni i rubinetti ad Est per un’Europa affamata di energia: la quadratura di un cerchio perfetto in cui l’UE è però la parte perdente. Anche se si pone l’accento soprattutto sulle tematiche umanitarie per giustificare la reazione all’attacco di Putin, di fatto la crisi ucraina sta quindi diventando un formidabile mezzo per gli Stati Uniti per controllare in modo economicamente e militarmente molto più forte un’Europa divisa su molti aspetti e già zoppicante per aver perso la Gran Bretagna. Si spiegano così anche alcune mosse di Biden che sembrerebbero scriteriate, se davvero alla Casa Bianca ci fosse una concreta volontà di costruire la pace. Se vuoi la pace non provochi e insulti gli avversari, non spingi per esasperarli quando sai che buona parte delle forze armate russe non sono (ancora) coinvolte in Ucraina. Soprattutto rifletti prima di armare l’Ucraina perpetuando il conflitto e insisti invece per una mediazione credibile mentre – anche sulle sanzioni – cerchi di non scegliere quelle che danneggiano soprattutto gli alleati europei, come invece è stato fatto.
E l’Europa, l’Italia, la Germania?
Abbiamo l’impressione che (a parte tutti i consueti appelli alla pace, democrazia, libertà, diritti umani ecc.ecc…) una volta di più a Bruxelles comandino quelle lobby che non sono sempre dalla parte dei comuni cittadini europei. Conta soprattutto il business, così dopo il Covid ora si guadagna con la guerra: ieri si speculava sui vaccini venduti a prezzi esorbitanti senza controlli sui contratti (dopo due anni i contratti pubblici europei con le americane Pfizer e Moderna per centinaia di milioni di dosi e miliardi di euro sono ancor segreti, oltre al fatto che i loro Ceo hanno triplicato i loro bonus di milioni di euro!), oggi si permettono aumenti dei costi energetici che uccidono l’economia europea, ma portano profitti scandalosi alle multinazionali. Quanti riflettono anche su questi aspetti, quali media ne parlano? Speriamo che qualche italiano in più, sia in patria che all’estero, cominci a farsi delle domande.