Nella foto: Donald Trump. Foto di © Dave Davidson auf Pixabay

“La mia amministrazione prenderà tutte le misure legali per smantellare il dipartimento….. Riconsegneremo i nostri studenti agli Stati….. e faranno un lavoro fenomenale”. Con queste parole Donald Trump ha annunciato il suo ordine esecutivo per chiudere il Department of Education, il ministero della Pubblica Istruzione.

La legge americana non permette a nessuno, incluso il presidente, di eliminare un Dipartimento poiché richiede azione legislativa. Trump lo sa bene, ma il suo ordine esecutivo ha già assestato duri colpi alla pubblica istruzione che in grande misura è già sotto controllo dei diversi Stati e dei distretti locali. Il presidente nel suo annuncio dà l’impressione che la pubblica istruzione verrà capovolta da federale a statale. Questa impressione è probabilmente più forte in altri Paesi in cui esistono sistemi centralizzati e strutturati a livello nazionale.

Il curriculum e i bilanci delle scuole pubbliche americane dall’asilo alle “high school”, le scuole superiori, sono determinate dagli Stati e i distretti delineati per diverse comunità. Solo il 15 percento del bilancio delle scuole viene dal governo federale. Il resto viene dal bilancio statale e in molti casi è basato in grande misura sulle tasse agli immobili. Ecco come si spiega il fatto che le scuole “buone” si trovano in zone dove le case costano moltissimo e quelle poco desiderate si trovano in zone abitate dai ceti bassi. Negli ultimi tempi vi sono stati dei cambiamenti che hanno cercato di ridurre queste disparità. In California, dopo l’approvazione della Proposition 13 nel 1978, un referendum che ha imposto il limite di uno percento di tasse sulle case, ha causato un terremoto ai bilanci delle scuole. Con la nuova legge lo Stato si è assunto la responsabilità di stanziare i fondi per le scuole in maniera equa anche se alcune disparità continuano ad esistere.

Il governo federale, con la creazione del Department of Education nel 1979 durante l’amministrazione di Jimmy Carter, ha funzionato in un modo simile, cercando di tappare buchi e ridurre la disparità non solo tra distretti scolastici ma anche fra Stati. Milioni di bambini in comunità svantaggiate, specialmente i disabili, hanno beneficiato dell’assistenza fornita dal Department of Education mediante fondi erogati dal governo federale. Inoltre, mediante leggi approvate dal governo i diritti degli studenti con disabilità sono stati protetti, specialmente negli Stati più poveri, molti dei quali sono grandi sostenitori di Trump.

Il Department of Education è anche stato molto efficace al livello universitario erogando borse di studio per studenti meritevoli e poveri ma anche con la gestione di prestiti. Infatti si calcola che 1.600 miliardi di dollari fanno parte della gestione di questi prestiti che hanno facilitato gli studi universitari a individui con poche risorse finanziarie. Considerando i costi molto alti delle rette universitarie questi prestiti hanno tappato un altro buco facilitando il conseguimento di lauree a individui che in passato non avevano molte opportunità. Joe Biden da presidente ha fatto notevoli sforzi per cancellare parzialmente questi prestiti, specialmente ai laureati dei ceti bassi che hanno grosse difficoltà a ripagarli.

Trump ha preso una strada diversa asserendo falsamente che il Department of Education non serve a nulla e quindi va smantellato. Difatti ha già tagliato i dipendenti del 50 percento e ha anche apportato tagli alle università che senza assistenza federale non possono continuare le loro ricerche, specialmente nel campo della sanità.

L’università della California del Sud, (USC di Los Angeles), uno degli atenei più noti, ha informato il personale di potenziali riduzioni nei loro programmi a causa di probabili tagli dal governo federale. Nel 2024 l’ateneo ha ricevuto 1.35 miliardi di dollari dal governo federale per finanziare le loro ricerche. Altre università versano in condizioni simili. In alcuni casi l’amministrazione Trump ha minacciato ulteriori tagli a quelle università che non eliminano i loro programmi di inclusione. La Columbia University si è inchinata ed ha obbedito per non perdere 400 milioni di dollari federali. Altre università stanno cercando di risolvere la questione delle minacce di Trump senza danneggiare i loro programmi ma mantenendo un minimo di integrità professionale.

L’eliminazione del Department of Education non avverrà completamente perché dovrebbe essere effettuata mediante legislazione. Fino adesso Trump ha governato mediante ordini esecutivi, decreti che in alcuni casi non hanno nessun effetto pratico, come il suo ultimo sulle regole delle elezioni americane. Come si sa, gli stati gestiscono le elezioni secondo le leggi statali con modalità diverse, con minime regole di leggi federali. Quindi legiferare non piace a Trump perché richiede la cooperazione delle due Camere dove i repubblicani hanno leggere maggioranze. Ma l’ostacolo più serio alle legislazioni emergerebbe dal Senato dove vige la regola del filibuster, che richiede la maggioranza ad oltranza di 60 consensi per procedere ai voti. I democratici hanno 47 seggi al Senato e potrebbero, rimanendo compatti, facilmente bloccare l’agenda legislativa di Trump. Ecco come si spiegano le valanghe di ordini esecutivi dell’attuale inquilino della Casa Bianca.

Gli americani non sono favorevoli all’abolizione del Department of Education. Un sondaggio della Quinnipiac University ci informa che il 60% è contrario. Il Department of Education non sarà dunque abolito ma sarà gravemente ferito dalle politiche del 47esimo presidente.