di Pierluigi Vignola -
Non c’è cosa peggiore di vedere chi non difende la propria Patria solo perché qualcun altro gli permette di mangiare e, pur di mantenere quel tozzo di pane, qualsiasi occasione è buona per poter denigrare la propria nazione d’origine. Purtroppo, e non è solo la mia opinione di vita vissuta in questi anni ma di tanti che vivono in terra tedesca da tantissimi anni, mi duole dover dire che gli italiani – in massima parte – sono l’unico popolo non coeso a differenza di altri gruppi etnici. Sono persone che vivono individualmente (divisi per regioni potremmo dire), gelosi di chiunque ed invidiosi di chi potrebbe essere migliore di loro, senza apprezzare invece se uno o più connazionali, che vivono od arrivano in questa terra, possano dare una marcia in più e qualcosa e soprattutto in una situazione tragica come quella che stiamo vivendo oggi, la SARS-CoV-2-COVID-19.
Non si ha la capacità di capire come ancora ci sia da parte di determinate nazioni, come la Germania, il non riuscire a comprendere che se si è una Comunità in Europa, lo sì è nella buona e nella cattiva sorte. Ma questo non si vuol vedere e capire, come se si avesse paura di dire che la Germania ha la memoria corta. Lasciando perdere il fatto di aver accolto una sessantina di nostri connazionali e di cittadini francesi malati di Covid-19, che sono una goccia nell’oceano in quello che è un “piccolo segnale di solidarietà”, bisogna guardare in faccia alla realtà, e la realtà è che la Germania unitamente ad altre nazioni del Nord come l’Olanda (che è un paradiso fiscale nell’Unione Europea (????) dove aziende italiane lasciano almeno 20miliardi all’anno) Finlandia ecc….remano contro le nazioni che tra l’altro guardano come pericolose per loro. Cfr.Italia! E quando un nostro famoso attore come Tullio Solenghi posta una sua riflessione sulla situazione del “NO” detto riguardo agli “Eurobond” o “Coronabond”, non lo si può accusare di populismo, solo perché ha detto delle cose giuste. Viene meno, pertanto, la famosa innovazione principale del Trattato di Maastricht che sancì la nascita dell’Unione Europea: cioè il “principio di sussidiarietà”. Tale concetto viene recepito nell’art. 3B e sostiene che, nei settori che non sono di sua esclusiva competenza, l’Unione interviene solo laddove l’azione dei singoli Stati non sia sufficiente al raggiungimento dell’obiettivo. Vogliamo pertanto ricordare che “il principio di sussidiarietà” nasce come principio di organizzazione sociale; la prima comparsa come costrutto teorico dettagliato e strutturato si può far risalire, appunto, alla dottrina sociale della Chiesa cattolica. Il primo documento che si esprime in questi termini è la lettera enciclica Rerum Novarum (1891) di papa Leone XIII, la quale recita:
“non è giusto, come abbiamo detto, che il cittadino e la famiglia siano assorbiti dallo Stato: è giusto, invece, che si lasci all’uno e all’altra tanta indipendenza di operare quanta se ne può, salvo il bene comune e gli altrui diritti. […] Se dunque alla società o a qualche sua parte è stato recato o sovrasta un danno che non si possa in altro modo riparare o impedire, si rende necessario l’intervento dello Stato” (Rerum Novarum, 28); un intervento – aggiungiamo – che però non devo far sì che uno Stato Sovrano e di Diritto finisca in rovina per colpa di altri che vogliono mantenere la loro “potenza” dimenticando alcune cose.
Ed ecco allora un’altra verità storica che va considerata: “La Germania ha dimenticato quando gli furono dimezzati i debiti di guerra.”
“L’ammontare del debito di guerra tedesco dopo il 1945 aveva raggiunto i 23 miliardi di dollari (di allora) pari al 100% del Pil tedesco. La Germania non avrebbe mai potuto pagare i debiti accumulati in due guerre. Guerre da essa stessa provocate. I sovietici pretesero e ottennero il pagamento dei danni di guerra fino all’ultimo centesimo. Mentre gli altri Paesi, europei e non, decisero di rinunciare a più di metà della somma dovuta da Berlino.
Il 24 agosto 1953 ventuno Paesi (Belgio, Canada, Ceylon, Danimarca, Grecia, Iran, Irlanda, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Norvegia, Pakistan, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Francia, Spagna, Stati Uniti d’America, Svezia, Svizzera, Unione Sudafricana e Jugoslavia), con un trattato firmato a Londra, le consentirono di dimezzare il debito del 50%, da 23 a 11,5 miliardi di dollari, dilazionato in 30 anni. In questo modo, la Germania poté evitare il default, che c’era di fatto. L’altro 50% avrebbe dovuto essere rimborsato dopo l’eventuale riunificazione delle due Germanie. Ma nel 1990 l’allora cancelliere Kohl si oppose alla rinegoziazione dell’accordo che avrebbe procurato un terzo default alla Germania. Anche questa volta Italia e Grecia acconsentirono di non esigere il dovuto. Nell’ottobre 2010 la Germania ha finito di rimborsare i debiti imposti dal trattato del 1953 con il pagamento dell’ultimo debito per un importo di 69,9 milioni di euro. Senza l’accordo di Londra, la Germania avrebbe dovuto rimborsare debiti per altri 50 anni”.
Pertanto come scrive e ci ha ricordato “Il Sole 24 Ore”, la Germania ha la memoria corta e chi – a quanto pare – non conosce la storia è bene che si informi prima di dare addosso all’Italia e agli italiani che fanno notare come piano piano ci vogliono distruggere. Perché? Hanno paura di quella che è stata sempre una grande potenza, checché ne possano dire alcuni. I tedeschi preferiscono usare il Mes, il Meccanismo Europeo di Stabilità, noto anche come Fondo salva Stati, ha detto chiaramente la Merkel durante l’ultimo Consiglio Europeo. Facile capire perché. L’accesso all’assistenza finanziaria del Mes viene offerta sulla base di una rigorosa condizionalità politica nell’ambito di un programma di aggiustamento macroeconomico e di un’analisi della sostenibilità del debito pubblico effettuata dalla Commissione insieme al Fondo Monetario Internazionale (Fmi) e di concerto con la Banca Centrale Europea (Bce), la famosa Troika. Quindi in cambio di prestiti, al Paese che li riceve, si chiedono riforme e austerità, praticamente la distruzione come è avvenuto per la Grecia. Ecco allora che riflettere sul passato ci consente di comprendere ciò che fa di una persona comune il complice di “crimini” per cecità, apatia, conformismo, proprio perché nella mentalità tedesca nulla è realmente cambiato.
Fortunatamente ci sono coloro i quali riescono ad opporsi all’amnesia in cui la società tedesca si è immersa, basti ascoltare l’ultimo intervento del Presidente Federale Frank-Walter Steinmeier che l’Ambasciata tedesca a Roma ha trasmesso con i sottotitoli in italiano. E questo discorso vale per la Germania come per l’intera Europa. La memoria è un’arma indispensabile per i cittadini nel riconoscere nel tempo ciò che minaccia il loro benessere, la loro libertà, la loro identità e la pace. La mancanza di empatia, il “farsi gli affari propri” che contribuirono insieme all’odio e al razzismo, sembrano interrogare ancora oggi le nostre società. Quell’indifferenza, ora spesso esibita verso determinati Paesi che vengono considerati come “diversi”, continua ad uccidere! Ecco quindi che la memoria ci consente anche di prendere coscienza della nostra fallibilità. Di comprendere quei meccanismi sociali e psicologici che trasformano un uomo o una donna comuni in un complice di “crimini”, attraverso la cecità, il conformismo, la paura, l’opportunismo e l’apatia. In un momento in cui tutti siamo nella stessa barca dobbiamo tenerlo presente: “l’apatia di massa uccide più dei mostri”; proprio perché quando inizi a cavalcare l’onda dell’esclusione, il cerchio dei “nemici del popolo” continua a crescere sotto l’effetto della paranoia e finisce per inghiottire tutti. Ecco, pertanto, che solo una vera democrazia con salde radici rende i cittadini ed i loro governanti responsabili del loro ruolo nella società, del loro peso nel corso della Storia e potrà far sì che tutti i popoli vivano un lungo periodo di pace; poiché un grande popolo, una Nazione, è veramente tale se considera sacri i suoi impegni e se non evade dalle prove supreme che determinano il corso della Storia, così come in questo tragico periodo per il mondo intero.