Lo scandalo che da giorni ruota attorno alla società inglese Cambridge Analytica, un’azienda che si occupa di analisi di „big data“ – dati digitali che riguardano milioni di persone -, può servire ad aprire una parentesi di riflessione – anche strettamente giuridica-filosofica – sul ruolo del diritto nell’era della tecnica e della digitalizzazione. L’accusa che viene rivolta alla società britannica è di avere rubato pressappoco 50 milioni di profili da facebook e di avere usato queste informazioni riservate per influenzare elettori durante le campagne elettorali negli Stati Uniti e in Europa, ad esempio in occasione del voto sulla Brexit. C’è, addirittura, chi ritiene che Cambridge Analytica sia una specie di „Grande Fratello“ orwelliano in grado di controllare il mondo – una sorte di manipolatrice di elettori.
La fine della politica
L’entità di questa vicenda la conosceremo solo nei prossimi mesi. Bisognerà attendere almeno alla fine dell’inchiesta per trarre le prime conclusioni. Tuttavia, anche senza requisitorie, possiamo già dedurne una prima valutazione: nell’era della tecnica, che sta raggiungendo con la digitalizzazione un livello maggiore rispetto all’industrializzazione, la politica non detiene più il potere di gestione della società. Con Emanuele Severino possiamo constatare -anche se questa affermazione può non piacerci -, che da una gestione politica dei processi sociali stiamo passando all’inevitabile gestione tecno-scientifica di tali processi. Non c’è da sorprendersi, dunque, se le campagne elettorali sembrano una disperata rincorsa dei leader politici dietro all‘“ultimo sondaggio“ di qualsivoglia agenzia oppure all‘“ultima statistica“ di qualsivoglia ministero. I politici non sono più intenzionati a gestire, ma si limitano ad analizzare, a commentare. I politici sono tenuti a risolvere problemi, proprio come lo fanno i computer. Input: problema. Output: soluzione. In altre parole: un discorso come quello di Enrico Berlinguer sulla cultura, che tenne in piazza Sordello a Mantova il 10 luglio 1983, un discorso con un’apertura innovativa sulla difesa e valorizzazione dei beni culturali, un discorso, insomma, su come gestire la cultura in futuro, sembra oggi impensabile. Impensabile e alquanto lontano. Lontano, come lo sono i politici con una visione su come gestire la società del futuro. Politici come Willy Brandt oppure Sandro Pertini sembrano lontani anni luce. Ecco, il loro ruolo, oggi, lo ricoprono gli analisti, gli informatici della Silicon Valley e i gestori delle grandi masse di date. Loro progettano e noi? Accettiamo consumando quello che ci offrono. Non possiamo neanche criticarli, perché in fondo non sappiamo chi sono. Chi pensa, dunque, che sia l’economia ad influenzare il mondo della politica, si sbaglia. La tecnica ha superato l’economia ed il suo ormai apparente potere. Oggi è la tecnica che produce denaro, non il denaro a produrre tecnica. È un fenomeno che si può osservare anche nel mondo del calcio: mentre a partire dagli anni settanta furono le grandi somme di denaro dei magnati a scombussolare lo sport più amato dagli italiani, oggi lo è la tecnica. I braccialetti elettronici per l’arbitro e la Var sono solo un aspetto. Pensate alle somme di denaro messe in movimento con i diritti tv. Soldi che senza la tecnica, non sarebbero mai arrivati nel mondo dello sport.
La dignità come ultimo riparo
Esiste un solo modo per difendersi dalla trasformazione tecnico-scientifica della società con tutti i rischi che comporta, che vanno dalla riduzione dell’uomo a soggetto dipendente della tecnica – basta pensare (all’apparente) impossibilità di poter rinunciare allo smartphone – al pericolo per la democrazia a causa della potenziale manipolazione delle elezioni: questo modo consiste nella difesa a spada tratta della dignità umana come valore fondamentale per tutti i diritti civili riconosciuti dalle nostre costituzioni occidentali. Anche se la politica non si sente più in grado di gestire da sola la società, deve almeno garantire la tutela dei diritti civili. Da qui parte ad esempio la piena coscienza dell’importanza della difesa della privacy, oggigiorno sempre più a rischio con la digitalizzazione, oppure dell’importanza di una sfera inviolabile dei lavoratori, sempre più sottomessi a controlli nelle aziende a causa delle nuove tecnologie. A queste infiltrazioni da parte della tecnica, la politica deve saper dare risposte concrete, che vanno solo in una direzione: la dignità umana non si tocca, costi quel che costi.
A questo punto sorge spontanea una domanda: c’é veramente ancora speranza? Oppure neanche la dignità umana potrà garantirci una via di uscita dalla razionalità smisurata della tecnica?