I fatti appaiono assai difficili da interpretare
Non è la prima volta che la Russia ci coglie di sorpresa con degli sviluppi impensati. Si pensi alla dissoluzione improvvisa dell’Unione Sovietica che nessuno in occidente si aspettava e neppure auspicava. Nei giorni scorsi si è svolto un avvenimento di grossa portata che per noi occidentali è difficile da catalogare, se si tratti di un dramma o di una commedia. Una certa somiglianza di personaggi e di situazioni si riscontra semmai con la Khovaschina, opera lirica composta da Mussorgsky nel 1880. Protagonista assoluto è Jewgeni Viktorovic Prigozhin, duro, efferato e sinistro capo della truppa mercenaria da lui chiamata „Wagner“ in omaggio al compositore di opere tedesche; ma abbiamo già visto che forse ha sbagliato musicista. Personaggio con diversi precedenti penali, con diversi anni di detenzione sulle spalle (quello che noi, decadenti occidentali, chiameremmo „un poco di buono“), Prigozhin deve la sua ascesa fulminea al suo incontro fortunato con Putin, che prima ne avrebbe fatto il suo cuoco e poi ne avrebbe promosso la carriera, fino a farne un oligarca. Con il sostegno di Putin, Prigozhin ha messo poi in essere quel gruppo di soldati mercenari brutali e privi di scrupoli che si è fatto molto „onore“ combattendo nelle guerre civili in Africa ed in Siria.
I combattenti della Wagner sono molto temuti dagli ucraini per la loro preparazione e la loro ferocia, e sono sono anche l’unica truppa di successo fra i russi; per questo il loro comandante è ammiratissimo in Russia ed ha raggiunto una presenza mediatica fortissima nella TV di stato russa. Questo non può che avergli provocato delle invidie e inimicizie fra gli altri oligarchi alla corte di Putin. Già da diversi mesi Prigozhin lanciava feroci critiche contro il ministro della difesa Schoigu ed il capo di stato maggiore Gerasimov, accusandoli d‘incapacità e mettendoli alla berlina mediatica. Grande meraviglia degli occidentali: per molto di meno giornalisti ed oppositori del regime sono stati spediti all’inferno con interventi speciali vari. Ma Progozhin doveva sentirsi al sicuro circondato dalla sua fedele truppa. Il risultato è stato un ordine di integrare la Wagner nell’esercito russo, il che equivaleva a lasciare Prigozhin in mutande. Questo ha scatenato la crisi con l’ordine di marciare su Mosca. Così, mentre nella capiale si diffondeva il panico e tutti i voli per l’estero erano esauriti, Putin si è mostrato sui teleschermi accusando il suo ex-protetto di tradimento e promettendo gravi punizioni.
Per un giorno il gigantesco paese è sembrato sull’orlo di una guerra civile, quando improvvisamente tutto si è pacificato grazie all’intervento a sorpresa del dittatore della Bielorussia Lukaschenko. Non si era mai vista una trattativa così rapida: in quattro e quattr’otto Lukaschenko si è messo d’accordo con Prigozhin ed ha trasmesso i risultati a Putin che li ha approvati all‘istante. Il tutto ha lasciato l’impressione di un artefatto. Ed ecco, dimenticando tutte le minacce e le condanne già proferite, il premier russo si ripresenta in TV annunciando la fine dell’ammutinamento e la grazia per tutti gli ammutinati, compreso il loro capo. Si noti che gli uomini della Wagner erano già abituati all’esecuzione capitale di alcuni traditori a cui è stata schiacciata le testa a martellate. Però un voltafaccia così improvviso ha colto tutti alla sprovvista, benché alcuni esempi simili siano tramandati nella storia antica, poco prima della caduta dell’impero romano. A questo punto fra noi, decadenti occidentali, si è scatenata una ridda di ipotesi per interpretare cosa sia veramente successo in questo misterioso impero russo.
Ipotesi complottistica
Sembra che sia particolarmente diffusa in Polonia: Putin si sarebbe messo segretamente d’accordo con il suo pur sempre fedelissimo Prigozhin per inscenare una rivolta: una finzione che potrebbe avere diversi scopi, come ad esempio controllare chi resti fedele al presidente legittimo, e potrebbe anche essere un trucco per trasferire le truppe della Wagner in Bielorussia senza che gli ingenui occidentali sospettino che in realtà si stia preparando un nuovo attacco dell’Ucraina da dietro le spalle. Trucchi del genere però sono poco realistici, troppo macchinosi e rischiosi su scala geopolitica. Comunque non si può mai sapere… Un fatto incomprensibile è come le truppe della Wagner siano riuscite ad arrivare a soli 200 km da Mosca, marciando attraverso il paese per un migliaio di chilometri, senza incontrare alcuna resistenza. Ed anche l’esilio di Prigozhin in Bielorussia appare quanto mai improbabile: come potrebbe stare al sicuro proprio in uno stato-vassallo di Mosca, se neppure a Londra chi ha osato farsi avversario di Putin può vivere tranquillo?
Ipotesi machiavellica
Molti, soprattutto in Italia, fanno notare che una truppa mercenaria passa sempre al servizio di chi la paga meglio. Quindi la sua fedeltà ad una data bandiera non è stabilita da altri fattori che da quello pecuniario. Quindi tutto l’imbroglio si spiega facilmente come una conseguenza del fatto che la NATO avrebbe offerto a Prigozhin una cifra superiore rispetto a Putin, impegnandola così a combattere contro gli interessi della Russia. Ma l’intervento di Lukaschenko avrebbe rovinato tutto, perché il dittatore della Bielorussia avrebbe offerto una cifra ancora più grande. Ecco perché la trattativa si è conclusa con rapidità fulminea, cioè il tempo di contare il denaro. Infatti, a conferma di ciò, ci sarebbero le casse piene di banconote occidentali ritrovate a casa di Prigozhin.
Ipotesi bluff
Secondo questa ipotesi, la ritirata improvvisa sarebbe stata programmata fin dall’inizio, e si sarebbe trattato quindi di una messa in scena minacciosa, quello che nei paesi spagnoli viene chiamato un „intentamento“ per mettere gli avversari davanti ad una minaccia reale senza ancora eseguirla. Come quando, in un duello, l’avversario ti punta la spada alla gola senza però tagliartela. Il tentativo di Prigozhin quindi anche nella sua iniziale attivazione sarebbe stato concepito soltanto come un messaggio minaccioso inviato ad amici e nemici,all’interno ed all’esterno, con finalità destabilizzanti. Si noti che nei suoi proclami Prigozhin ha sempre accuratamente evitato di attaccare Putin, facendo suoi bersagli di attacchi verbali sia il ministro della difesa Schoigu che il capo di stato maggiore Gerasimov (entrambi nominati e mantenuti in quella carica da Putin). In uno degli ultimi messaggi lanciati prima di entrare in azione, Prigozhin ha smascherato le bugie della propaganda russa a proposito dell’Ucraina ed accusato Schoigu e Gerasimov di aver astutamente ingannato l’anima innocente e in buona fede di Putin. In realtà il sommo presidente avrebbe tutto l’interesse a trasformare Schoigu e Gerasimov in due capri espiatori su cui trasferire tutte le colpe della sua guerra fallimentare. Sono loro due che dovranno pagarne il fio, Lui no.
Ipotesi psichiatrica
Alcuni ritengono di riconoscere evidenti disturbi della personalità nel comportamento di Prigozhin; il suo narcisismo mediatico e le sue improvvise esplosioni di rabbia sarebbero indice di un disturbo bipolare che si acutizza in situazioni di particolare stress dovuto alle lotte di potere all’ultimo sangue fra gli oligarchi. Questo avrebbe finito per causargli deliranti manie le di persecuzione nei confronti dell’esercito regolare russo che si sarebbero sfogate tutte insieme con la marcia su Mosca. Ma per fortuna sarebbe rinsavito appena in tempo, forse dopo aver smaltito una sbornia. Suona un po‘ caricaturale, ma è molto più realistico di quanto non sembri: ci sono illustri precedenti.
Ipotesi golpe rientrato del tipo „Junio Valerio Borghese“
Mentre era già in atto si sarebbe interrotto bruscamente perché gli sarebbero venuti a mancare importanti sostegni nascosti dietro le quinte su cui Prigozhin avrebbe fatto affidamento fin dall‘inizio. Qualcosa di simile avvenne in Italia la notte fra il 7 e l‘8 dicembre 1970, quando un gruppo di congiurati neofascisti guidati dall’ex-colonnello Borghese cercò di prendere il controllo del Ministero degli Interni, del Quirinale e della Rai, e stava quasi per riuscirci quando improvvisamente dovette fare dietrofront per ordine del loro comandante. Il bello è che tutti i coinvolti nel golpe fallito riuscirono a farla franca con la benevolente complicità delle stesse autorità dello stato che essi volevano soggiogare. La commissione parlamentare d’inchiesta ipotizzò che all’ultimo momento le solidarietà promesse o sperate sarebbero venute meno, determinando in Borghese il convincimento che il movimento insurrezionale divantava a quel punto velleitario e senza possibilità di successo. Sicché lo stesso fu rapidamente abbandonato , fidando nella probabile impunità assicurata dalle coperture che puntualmente scattarono. Il Borghese se ne andò in sicuro esilio in Spagna, allora ancora sotto la dittatura franchista, e lì visse tranquillo e morì di morte naturale.
Allo stato attuale, questa viene ritenuta l’ipotesi più probabile da molti cremlinologi; si consideri che è materialmente impossibile occupare Mosca, una gigantesca metropoli con più di 10 milioni di abitanti, con soli 25mila soldati, per quanto agguerriti e ben esercitati possano essere. E siccome Prigozhin è uno che capisce molto di tattica, non poteva illudersi di riuscirci da solo. Che contasse su un effetto-valanga che poi non si è verificato, appare chiaro dai suoi proclami in cui invitava tutti i militari russi insoddisfatti ad unirsi alla Wagner. Il risultato fu così insoddisfacente (i destinatari del messaggio devono aver capito facilmente che questo significava cadere dalla padella nella brace), che la sua truppa venne addirittura assottigliandosi man mano che si avvicinava alla capitale. A questo punto non gli sarebbe rimasto che venire a più miti consigli, mascherando tutto dietro la sua benigna volontà di „evitare spargimenti di sangue“. Proprio lui!!!… Sembra una barzelletta di Radio Eriwan. Chissà quante sorprese ci riserva ancora la Russia!