Se in Europa il colpo grosso di Putin ha suscitato smarrimento e sconforto senza precedenti, anche il resto del mondo non è rimasto indifferente. A New York la riunione generale d’emergenza delle Nazioni Unite ha approvato con una maggioranza schiacciante quella risoluzione che nel consiglio di sicurezza era caduta per l’ostruzionismo della Russia e della Cina. 141 voti a favore contro 5 contrari e 35 astensioni su un totale di 181 è un risultato senza precedenti nella storia dell’ONU. Perfino la Serbia, un paese che nel corso della storia è sempre stato molto vicino al grande fratello, gli si è rivoltato contro e lo ha morso con il suo voto. I 5 contrari erano, oltre alla Russia ed alla Bielorussia, Siria, Nordcorea ed Eritrea: la crème de la crème. Fra gli astenuti si profilava la Cina, che con astute acrobazie semantiche degne del circo di Pechino, tutto sommato, mira a giocare la parte del mediatore nelle future trattative.
Un ulteriore miracolo compiuto dal premier russo si è verificato a Washington e consiste nell’aver ridato compattezza al senato degli Stati uniti, che era spaccato oramai da decenni da contrasti sempre più aspri. Ebbene, durante la seduta del 3 marzo scorso durante il quale il presidente Joe Biden ha tenuto il suo primo discorso sullo stato della Nazione, sia i rappresentanti del Partito Democratico che quelli del Partito Repubblicano hanno applaudito all’unanimità i passaggi decisi in cui si stigmatizzava l’invasione dell’Ucraina: Putin si è ostinato a respingere gli sforzi diplomatici, “La guerra di Putin è premeditata e senza giustificazione”.
Qui il linguaggio presidenziale è parso assumere la terminologia ed i toni giuridici di un atto di accusa. In realtà si sta pensando da diverse parti di raccogliere prove sufficienti per mettere la persona del presidente russo in stato di accusa per delitti contro l’umanità, come in una Norimberga-bis. Biden ha annunciato nuove sanzioni contro la Russia: la chiusura dello spazio aereo americano è chiuso al sorvolo degli aerei russi, come hanno già deciso il Canada e la UE. Anche la Svizzera, dopo aver tentato invano di fare lo gnorri, dopo aver condannato solo a parole, è stata infine costretta ad allinearsi al fuoco dei sanzionatori.
Ma se le sanzioni siano un’arma efficace sul colosso russo è una questione assai dibattuta negli States: Alcuni sono a favore, come ad es. Michael O’Hanlon, esperto di sicurezza nazionale alla Brookings Institution nonché ex-consulente della CIA e del Pentagono. Altri, come Nicholas Mulder, autore della pubblicazione di “The Economic Weapon”, è molto scettico al riguardo. Sicuramente ci saranno contraccolpi anche sull’economia americana, che importa dalla Russia diverse materie prime, come ad es. il titanio per gli aerei ed il palladio per i catalizzatori dei tubi di scarico delle auto.
Condizione indispensabile per ogni efficacia è l’allineamento compatto fra gli Stati Uniti ed i suoi alleati occidentali. Ciò malgrado Putin potrebbe attutirne l’impatto grazie a misure preventive che sta preparando da 8 anni. Già all’epoca dell’annessione piratesca della Crimea l’Occidente aveva minacciato di espellere la Russia dallo Swift. La minaccia estrema non venne attuata, e la Russia ne ha approfittato per sviluppare un sistema alternativo di messaggistica finanziaria anche se di portata più limitata.
Intanto l’ICC (International Criminal Court) dell’Aia, in Olanda, ha annunciato di stare raccogliendo le prove dei crimini di guerra compiuti dai russi in Ucraina, il che potrebbe portare ad una condanna dei responsabili politici. Ma è improbabile che Putin faccia la fine di Milosevic: la Russia non riconosce quel tribunale internazionale – come neppure gli Stati Uniti. Anche la Lituania, nel suo piccolo, ha preso iniziative giuridiche per investigare crimini russi contro la popolazione civile.
La ministra degli esteri tedesca Annalena Baerbock ha dichiarato alla seduta del Consiglio dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo che: “L’invasione dell’Ucraina è un attacco al popolo ucraino: alla sua libertà ed ai suoi diritti umani”. Il Comitato Paralimpico Internazionale nel frattempo ha escluso tutti la rappresentanza russa dalle Olimpiadi di Pechino.
Una brutta sorpresa per Putin deve essere stata la Turchia, che ha chiuso alle navi da guerra russe il passaggio degli stretti. Si ricorderà che fino a pochi mesi fa Putin ed Erdogan parevano filare d’amore e d’accordo, e che il nostro ne aveva approfittato per raccogliere numerose navi da guerra con lanciamissili, mezzi da sbarco e sommergibili nel Mediterraneo, per poi concentrarle nel Mar Nero davanti alle coste dell’Ucraina. Ma qui la grande delusione: i Dardanelli ed il Bosforo non si possono più passare. Essi sono zona di sovranità della Turchia, e non è probabile che Putin voglia violare anche quella.
Non è chiara la strategia di Erdogan, ma sembra che voglia offrire i suoi buoni uffici come mediatore nell’aspra contesa fra le due superpotenze. Ma un mediatore ben più influente sta scendendo in campo: la Cina. Il celeste impero non ha interessi diretti sul Mar Nero, semmai potrebbe essere preoccupato per le repubbliche centro-asiatiche che un tempo facevano parte dell’Unione Sovietica e che potrebbero anch’esse venir prese di mira dalla politica restauratrice di Putin. In particolar modo l’enorme Kazakistan, esteso fra il Mar Caspio e la Cina, e che ha ben 7.600 km di frontiera in comune con la Russia. Putin ha già manifestato vivo interesse verso questo paese inviando di recente i suoi soldati quale “fraterno aiuto” per reprimere le manifestazioni di piazza contro l’aumento dei prezzi.