Il giorno dopo a Berlino. Chi sarà il nuovo cancelliere?
Chi si ricorda quel film americano intitolato in italiano „Il giorno dopo“ che descrive gli eventi catastrofici di una guerra nucleare e le sue conseguenze sul paese, con un protagonista disperato, che vaga senza meta fra le macerie deserte ed infuocate, sotto il fall-out radioattivo? L’unica speranza per lui consiste nell’evadere dalla realtà, far finta che non sia vera, che non sia cambiato nulla dal giorno prima. Quel protagonista potrebbe oggi prendere le sembianze di Armin Laschet, candidato democristiano alla cancelleria, dopo che sono stati resi noti i risultati ufficiali che conferivano alla CDU/CSU la peggiore sconfitta elettorale di tutti i tempi, facendola calare al 24,1% a facendola scavalcare dalla rivale SPD al 25,7%.
Volontà di maggioranza di Laschet
Eppure Laschet continua a non riconoscere la vittoria del suo rivale Olaf Scholz e ad avanzare pretese sulla cancelleria federale con un’ostinazione degna di Donald Trump, mentre molti membri del suo stesso partito hanno avuto il coraggio di ammettere pubblicamente che il disastro è stato peggiore delle peggiori aspettative. C’è da chiedersi cosa se ne farebbe il paese di un capo di governo che mostra segni evidenti d’un rapporto così scisso con la realtà fattuale, proprio quella che Machiavelli poneva alla base della sua filosofia politica. Il capo della CSU bavarese, Markus Söder, ha dato segno di maggiore realismo riconoscendo apertamente la vittoria del partito avverso e congratulandosi, sia pure a denti stretti, con lui. Dal canto suo, il presidente del Saarland Tobias Hans (CDU) ha riconosciuto apertamente „Wir haben die Wahl verloren“ ed ha invitato all’umiltà i suoi compagni di partito. I democristiani cominciano già a rimpiangere la Merkel, con cui celebrarono in passato grandi vittorie elettorali. La CDU è al momento come una bottiglia al cui interno cresce la pressione dei delusi e dei frustrati che hanno perso la comoda seggiola in parlamento, ma per il momento il tappo regge, è improbabile che si giunga a un botto prima della nomina del nuovo governo. Il fatto è che Laschet resta attaccato ad un filino giallo di speranza: il suo legame di amicizia con il capo del partito Liberale Christian Lindner, con cui vorrebbe concludere una „coalizione giamaicana“ (nero, giallo e verde sono i colori della bandiera dello stato caraibico), e fintantoché resterà un minimo spiraglio di possibilità è improbabile che i suoi compagni di partito gli facciano pagare la sconfitta. In Germania è tradizione che il ruolo di cancelliere federale tocchi al partito più forte dentro la coalizione che forma la maggioranza al Bundestag, che è quasi sempre (ma non necessariamente) quello che ha raggiunto la maggioranza relativa alle elezioni. Tutto dipende dalla coalizione stabile che si forma di volta in volta. Per raggiungere la maggioranza nel Bundestag è necessaria sia alla Cdu/Csu (i neri), sia alla Spd (i rossi), di formare una coalizione con altri due partiti, che non possono essere altro che i liberali (i gialli) ed i verdi. La Spd anela, dal canto suo, ad una “Ampelkoalition, o „coalizione-semaforo“ (verde, gialla e rossa). Secondo le indagini di opinione, quest’ultima soluzione sarebbe quella preferita da oltre il 70% degli elettori. Una seconda indagine d’opinione ha mostrato che il 51% sono a favore di Scholz come Bundeskanzler, mentre solo il 18% sono per Laschet.
Volontà di coalizione dei verdi e dei liberali
Tutto dipende dunque da come decideranno i verdi ed i liberali di allearsi, tutti e due assieme. Dato che i due partiti sono in aspra contesa ideologica, perché il primo antepone la protezione ambientale agli interessi economici, e l’altro fa esattamente l’opposto, potrebbe perfino capitare che uno si scelga per partner la Cdu/Csu, e l’altro la Spd, dando origine a due coalizioni minoritarie. Quindi saranno i partiti minori a decidere quale ruolo avranno i maggiori. Non dimentichiamoci che il partito liberale ha una tradizione in queste giravolte: nel 1982 fecero cadere il governo Schmidt a metà del suo mandato, ed al suo posto andarono ad allearsi con Kohl.
Nella situazione attuale, questi giri di danza sarebbero un disastro non solo per la Repubblica Federale, ma anche per tutta l’Europa. Per prevenirlo i capoccia dei due partiti hanno preso una decisione molto saggia ed improntata al realismo, di mettersi preventivamente d’accordo fra di loro prima di andare a nozze con il terzo partito. Così sono iniziati contatti riservatissimi a 4×2 occhi (Annalena Baerbock e Robert Habeck per i verdi, Christian Lindner e Volker Wissing per i liberali) che sembrano partire con buone premesse (si vuole raggiungere il migliore accordo realisticamente possibile) e grande familiarità (il quartetto si dà del tu come se fossero un gruppo di amici, ed ha postato su Instagram un selfie collettivo). Questo modo di procedere postelettorale rappresenta una novità assoluta nella tradizione tedesca, e sarà molto interessante vedere quali risultati concreti darà. Sia i verdi che i liberali sono all’opposizione da tanti anni, e non vedono l’ora di rimettere piede nella stanza dei bottoni; particolarmente ambito, scrive il settimanale Der Spiegel, è il Ministero delle Finanze.
E i socialdemocratici?
La Spd intanto canta vittoria e sembra aver ritrovato quella vitalità che sembrava perduta per sempre. Ma è anche merito del fatto che, a differenza delle volte precedenti, i compagni si sono guardati bene dallo smontare il proprio candidato come hanno fatto spesso e volentieri in passato, guadagnandosi le meritate sconfitte. Perfino Kevin Kühnert, l’irrequieto capo degli Jusos (giovani socialisti) si è tenuto a freno nelle sue esternazioni. Triste invece l’atmosfera nella sinistra dei Linke, che sono precipitati dal 9,2% al 4,9%, salvandosi per il rotto della cuffia grazie alla clausola dei tre mandati diretti. Così sono finite tutte le fantastiche speculazioni su una coalizione rosso-rosso-verde e Sahra Wagenknecht ne ha approfittato per attaccare l’attuale direzione.
Infine abbiamo accennato prima al gruppo sostanzioso dei politici non rieletti. Cosa ne sarà di loro, poverini? Dovranno ricorrere al sussidio di disoccupazione, come i loro normali concittadini? Niente paura. Secondo dati della stampa tedesca, gli ex-deputati continueranno a ricevere per legge circa 10mila euro al mese (brutto) mentre i ministri e i segretari di Stato continueranno a ricevere lo stesso stipendio per tre mesi e dopo dimezzato per un totale di 223mila euro per ministro e 167mila euro per i 34 segretari di Stato. Per un totale, calcola il quotidiano Bild-Zeitung, di 23 milioni di Euro che andranno a gravare sull’erario pubblico. Ma questi sono peanuts, se si pensa quanto costoro potranno guadagnare facendo carriera nei consigli di amministrazione delle imprese e nelle varie lobby. La Suburra non c’è solo a Roma.