La differenza tra i nazisti del 1933 e i radicali di destra di oggi sta fondamentalmente nel fatto che gli ultimi sanno quello che è successo dal 1933 al 1945. Non esiste, dunque, nessuna forma – anche lontana – di giustificazione di questa repentina ascesa dell’Afd. E se proprio in Germania un partito di estrema destra riesce ad ottenere per la prima volta dal dopoguerra 94 seggi nel Bundestag, bisogna cominciare a chiedersi se la Costituzione tedesca – a differenza della Weimarer Reichsverfassung – è veramente abbastanza forte per resistere a questa radicalizzazione del panorama politico tedesco.
Il Grundgesetz, che entrò in vigore il 23 maggio del 1949, attribuisce alla Corte Costituzionale federale la valutazione sulla incostituzionalità di un partito politico. Il Bundesverfassungsgericht ha, dunque, il monopolio nel divieto di un partito che non rispetta le regole della democrazia. Il sistema democratico tedesco si autodefinisce „wehrhafte Demokratie“, vale a dire una democrazia in grado di difendersi.
Ebbene, è appena il caso di ricordare che il “Parteiverbot”, la messa al bando di un partito, fu, prima, nel 1952, applicata nei confronti dell’SRP, il partito neonazista e, dopo, nel 1956, nei confronti del KPD, il partito comunista, erede della tradizione politico-ideologica di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht. In quella circostanza, i pochi seggi comunisti, il crollo dei consensi, e la completa innocuità, conseguenti anche alla nascita della Rdt nel 1949, non valsero minimamente a inibire la decisione della Corte Costituzionale nei confronti di “Die rote Fahne”, la bandiera rossa. Infine, il “Parteiverbot” fu riconfermato come istituto dal “Parteiengesetz”, la legge generale sui partiti politici del 1967, che, tuttavia, non impedì la costituzione, nel 1968, di un nuovo partito comunista, il DKP, liberamente consentito dal governo di Bonn.
L’anno scorso, tuttavia, il partito di estrema destra Npd non fu messo al bando: è stato il secondo gran rifiuto dell’aula, che già nel 2003 respinse la richiesta. Fu il Bundesrat, che rappresenta le regioni, a provarci. Per la camera delle regioni, il partito fondato nel 1964 “intendeva destabilizzare l’ordine democratico”. L’Npd, secondo la Corte, tuttavia, non poteva essere escluso dalla vita politica del paese perché non rappresentava una vera minaccia all’ordine democratico: con queste motivazioni la richiesta del Bundesrat fu respinta all’unanimità.
E cosa accadrebbe se una vera e propria minaccia giungerebbe dalle fila dell’Afd?
Finora i „pezzi da novanta“ del partito di estrema destra non ci hanno risparmiato uscite, a dir poco, scandalose: l’ultimo scandalo, nell’ordine, riguarda una dichiarazione di Alexander Gauland, esponente di „spicco“ dell‘Afd. Durante un incontro con l’ala più radicale, il leader della destra tedesca ha scandito che “abbiamo il diritto di essere orgogliosi su quanto fatto dai soldati tedeschi in due guerre”. Ultimamente, Gauland stesso aveva suscitato una bufera augurandosi che una ministra regionale all’Integrazione di origine turca venga “liquidata in Anatolia” – nel senso di fatta fuori! Per non parlare del leader antisemita in Turingia, Bjoern Hoecke, che qualche mese fa dichiarò che “non tutto di Adolf Hitler è da buttar via” e che il monumento berlinese all’Olocausto sia “una vergogna”.
Ma basta tutto questo per vietare l’Afd? La Corte Costituzionale esige una costanza e un incremento della denigrazione della democrazia e delle sue istituzioni, dell’esaltazione dei principi, metodi e simboli propri del partito nazista e della minaccia e l’uso della violenza quale strumento di lotta politica. Osservando la strategia dell’Afd, che adotta i metodi di partiti populisti come il FN in Francia oppure la Lega Nord in Italia, è difficile immaginare una messa al bando del partito blu, in quanto capaci di mobilizzare le masse estreme senza ricorrere alla violenza esplicita. Cosicché ai partiti democratici non resta altro che difendere i valori della democrazia all’interno del parlamento e dell’opinione pubblica.