Russia. Donne contro la guerra. Il collettivo FAR (Feminist Antiwar Resistance). La protesta antiguerra ha il volto delle donne di FAR: la resistenza femminista anti-guerra in Russia lotta contro il patriarcato, l’imperialismo e la guerra di Putin in Ucraina. FAR ha ricevuto il premio per la pace di Aquisgrana. (Patriarcato: ordine sociale e culturale basato sulla predominanza e autorità dell’uomo sulla donna anche a livello simbolico n.d.r.)
Nella Russia di Putin le donne sono diventate la voce predominante nel movimento contro la guerra. La resistenza contro l’aggressore (Putin) e le sue ambizioni militari ha unito attiviste e attivisti, provenienti anche dalla community LGBTQ+, persone con disabilità, migranti, vittime di violenza e discriminazioni, creando un nuovo “noi”. Già il 25 febbraio 2022 pochi giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, il gruppo FAR si è autoproclamato nuova forza politica con questo manifesto: “Siamo contrari alla guerra, al patriarcato, all’autoritarismo e al militarismo”. Mentre Putin è associato al passato imperiale e alla mascolinità brutale, le femministe propongono un’alternativa di solidarietà antiguerra, dichiarando: “Noi siamo il futuro e vinceremo”. Il 1º settembre, in occasione della Giornata mondiale della pace, FAR è stato insignito del Premio per la pace di Aquisgrana insieme al Human Rights Defenders Fund (Israele). Le attiviste di FAR hanno dedicato il premio alle donne prigioniere politiche in Russia.
A Parigi poi la mostra “Donne contro la guerra: prigioniere dalla Russia”, inaugurata nel marzo 2023, ha presentato sedici storie di donne vittime della violenza dello Stato per la loro opposizione alla guerra. I ritratti, disegnati da artiste che hanno anch’esse subito persecuzioni, hanno cercato di portare l’attenzione su queste donne spesso trascurate dai media. Vika Privalova, membro di FAR, ha sottolineato l’importanza di ricordare i nomi di coloro che hanno subito violenza e tortura statali a causa della dittatura
Creatività della protesta antiguerra clandestina
FAR utilizza la creatività come arma nella protesta contro la guerra. Inizialmente, le scritte sulle banconote sono diventate un modo per diffondere informazioni sulla guerra. I nastri verdi, simbolo di resistenza e solidarietà con l’Ucraina, compaiono insieme a graffiti e manifesti nelle zone meno videosorvegliate della vita pubblica: tromba delle scale, toilette, passaggi bui e negli angoli più nascosti dei parchi. Per motivi di sicurezza, la resistenza si sposta sempre più nello spazio digitale, offrendo anonimato e protezione. La campagna “Carri armati nel sangue” di FAR invita a contrapporre immagini di monumenti militari su mappe digitali con slogan anti-guerra. Nomi di donne perseguitate emergono, come Aleksandra Skochilenko, che sui prezzi dei prodotti nei supermercati mette i numeri dei soldati caduti e delle vittime civili. Un’attivista di FAR usa l’intelligenza artificiale per creare volantini con domande provocatorie sulla guerra.
Stabilire un nuovo senso di appartenenza
Per il tacito patto sociale nella società russa che considera la politica come un affare sporco da evitare (articolo di AT su Corriere aprile 2022 e marzo 2023), FAR rappresenta una sfida perché le femministe del collettivo stanno cercando di politicizzare la società che sotto il dominio di Putin è connotata da cinismo, apatia e indifferenza verso chi soffre, discriminato, oppresso e vulnerabile. Mirano a costruire un paese democratico in cui ogni individuo abbia il diritto di vivere la propria vita e dove la dignità umana sia intoccabile e protetta dalla legge. Vogliono pace, inclusione ed empatia, contrapponendosi a guerra, esclusione e morte.
Superare l’isolamento, promuovere la solidarietà globale contro la guerra
Hannah Arendt, teorica della politica e filosofa, nella sua opera “Elementi e origini del totalitarismo” del 1951, spiega come dittatura e guerra intensificano il sentimento di isolamento, accorciando il raggio della compassione e generando indifferenza verso gli “altri” che non fanno parte della maggioranza leale. Con il loro coraggio civile le donne di FAR mirano a creare un’azione politica collettiva e a preservare l’umanità fra le persone e rompere l’apatia silenziosa della maggioranza che continua la propria vita quotidiana come se la guerra non esistesse. È un grido contro l’impotenza e la sensazione di insignificanza, il rifiuto dell’idea che dai cittadini comuni non dipenda nulla. In tribunale, Marina Nowikowa, un’attivista di 65 anni di Sewersk, multata di circa 10.000 euro (per una pensionata che prende 190 euro al mese) per i suoi post antiguerra su Telegram, ha dichiarato in tribunale: “Sono pronta a pagare il prezzo alto per il diritto di rimanere una persona umana”.
La visibilità/invisibilità della protesta
In dittature e durante periodi di guerra, la resistenza e la protesta sono invisibili, indesiderate e proibite. A dicembre dello scorso anno, il Ministero della Giustizia ha inserito FAR nell’elenco degli “agenti stranieri”. Alcune attiviste sono state costrette all’espatrio, altre vivono in clandestinità in Russia. Per motivi di sicurezza, i membri di FAR agiscono in modo decentralizzato e anonimo, formando una rete orizzontale che unisce attiviste da diverse città, dentro e fuori la Russia. Ogni attivista è considerata un centro di resistenza contro la guerra, e l’organizzazione si presenta come un attore globale della società civile attraverso i social media e azioni transfrontaliere.
I media e pratiche di resistenza
Nonostante il pericolo di persecuzione, FAR sfida il regime del silenzio con il suo canale Telegram e il giornale “Zhenskaja Pravda” (verità femminile). Insieme al movimento giovanile “Vesna”, FAR è stato in testa nei movimenti antiguerra in più di 100 città. Attraverso il canale Telegram il gruppo informa sui loro piani, sensibilizza sui temi di violenza sessualizzata contro donne, bambini e uomini, e promuove i diritti umani, diffondendo petizioni antiguerra. Sempre di più il gruppo denuncia casi di violenza nel contesto familiare da parte di uomini rientrati dal fronte. Il gruppo raccoglie offerte per iniziative umanitarie in Ucraina, Russia, Georgia e Germania. Le attiviste offrono supporto psicologico alle vittime dell’aggressione russa in Ucraina e sviluppano lezioni alternative alla propaganda nelle scuole e università. Il canale Telegram di FAR funge da archivio di conoscenza sulle pratiche quotidiane di resistenza contro la guerra e la dittatura documentando la violenza di stato e la nascita di nuove figure nella società civile.
Iniziare il processo di decolonizzazione, abbattere le gerarchie imperiali
Le attiviste di FAR mostrano l’interdipendenza tra militarismo, imperialismo e patriarcato, attestano che la guerra si nutre di donne, deboli e indifesi, e che il femminismo è la risposta chiara perché smaschera questi intrecci. Quella di FAR è un’opera di decolonizzazione interna e di demolizione delle strutture gerarchiche di stampo -imperialistico- quest’ultime causa di disuguaglianze. Contemporaneamente chiede maggiore rispetto e autonomia per i diversi gruppi etnici e si oppone alle discriminazioni basate su nazionalità, etnia, genere, classe sociale, età. L’appello di FAR e l’opposizione alla guerra non sono vani. Secondo il gruppo indipendente per i diritti umani OVD-Info, dal 24 febbraio 2022 in Russia sono state arrestate quasi 20.000 persone per le loro posizioni contro la guerra.
La violenza sulle donne e la giustificazione della guerra. L’Ucraina, donna infedele
Le femministe mettono in luce il parallelismo fra il linguaggio del militarismo, imperialismo in Russia, e quello della giustificazione patriarcale della violenza maschile contro le donne. Già il “Domostroi”, una raccolta di norme morali, religiose e giuridiche del XVI secolo, promuoveva un ordine patriarcale che celebrava la superiorità e il dominio dell’uomo maschio nella famiglia e dello zar nella società. È diritto dell’uomo “educare” la donna e “formarla” con la violenza. Il maschio come capo della famiglia e dello Stato esercita il potere della violenza come prova di mascolinità. Mentre le democrazie lavorano per eliminare le gerarchie di genere e a prevenire la violenza, la Russia continua a consolidare l’ordine patriarcale, nella tradizione della sacralizzazione del potere (di Putin). Sia la chiesa ortodossa russa che alcuni attori secolari come il gruppo delle vittime dei soldati di Russia su Telegram, parlano di Putin come rappresentate di Dio sulla terra. In questo modo la violenza assume un carattere sacrale di ristabilire la sicurezza e l’ordine di fronte alla minaccia di nemici immaginari.
La lotta contro il linguaggio discriminatorio di genere include la comparazione sessista dell’Ucraina a una donna traditrice e debole, utilizzata sia nei programmi propagandistici che nelle dichiarazioni di Putin. Questo linguaggio sessista nega all’Ucraina il diritto alla sovranità, equiparandola a una donna da disciplinare e educare perché ha tradito la fedeltà alla Russia con l’Occidente e che quindi merita la punizione: lei ha la colpa, lei mi ha tradito, lei mi ha provocato, io mi sono solamente difeso, voleva andarsene da me, si è comportata male e io l’ho educata, lei è pazza, isterica e tossicodipendente. Le attiviste di FAR portano alla luce come militarismo, imperialismo e patriarcato siano interconnessi e siano manifestazioni di maschilità tossica che si manifesta in esercizio di dominio e repressione.
Femminismo come nemico dello Stato
Nel contesto della promozione crescente dei “valori tradizionali”, un deputato della Duma, Oleg Matveychev, ha detto in tv che sta preparando un disegno di legge per dichiarare il femminismo ideologia estremista, sostenendo che le organizzazioni femministe nel Paese sono responsabili di azioni estremiste. Le femministe sono dipinte come “agenti dell’Occidente” contrarie a Putin e alla Russia, accusate di ostacolare gli sforzi statali per aumentare il tasso di natalità, perché favoriscono divorzio, la mancanza di figli e l’aborto. Vengono stigmatizzate come donne aggressive, promiscue e immorali, propense ad attività terroristiche.
Contrastare la violenza riproduttiva
Lo Stato russo promuove i “valori tradizionali” per aumentare il tasso di natalità in vista del reclutamento militare futuro, adotta iniziative legislative per vietare completamente l’aborto e limitare la contraccezione, portando a violenze riproduttive. In risposta, Irina Feinman e il gruppo Emergency Contraception Storage Fund distribuiscono contraccettivi per proteggere le donne da gravidanze indesiderate. Nel frattempo, il Ministero della Salute, su indicazione di Putin, cerca di ottenere il controllo riproduttivo sul corpo delle donne. La petizione di FAR, “Se fai la guerra, fatti anche i figli da solo”, con oltre 42.000 firme chiede di utilizzare i fondi pubblici per la salute, l’infanzia e la maternità, e la difesa della legge sull’aborto, opponendosi al militarismo che le vuole macchine da figli. Le attiviste promuovono la pluralità degli stili di vita, criticano il ruolo materno imposto e sfidano norme che reprimono le donne.
Contro la remascolinizzazione e la restalinizzazione delle narrazioni storiche
Con la guerra lo spazio pubblico russo subisce una remascolinizzazione perché glorifica le imprese eroiche dei soldati e il genio militare dei generali. La narrazione storica è manipolata per scopi propagandistici, trasformando la storia in uno strumento al servizio del presidente. Contestualmente emerge una restalinizzazione della memoria ufficiale, con monumenti e busti di Stalin riportati nello spazio urbano e benedetti dalla Chiesa ortodossa. Targhe commemorative delle vittime del “Grande Terrore” scompaiono, oscurando i traumi familiari. La trasformazione in una dittatura militare è accompagnata da una politica dell’oblio dei traumi storici, mentre attivisti come quelli di FAR cercano di preservare la memoria della violenza storica.
Invenzione di rituali anti-guerra
Per contrapporsi a questa narrativa che celebra le glorie militari e all’oblio storico sul terrore staliniano FAR sostiene la memoria e la diffusione delle tradizioni di resistenza della società civile, che riaffiorano nella memoria collettiva. Pertanto, il 25 agosto dovrebbe diventare un giorno di protesta contro militarismo e imperialismo, in ricordo del 1968, quando si svolse la “Manifestazione dei Sette” in Piazza Rossa. In quel momento, un gruppo di dissidenti sovietici si oppose vivacemente all’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Quest’anno, per il secondo anno consecutivo, sono state installate opere antiguerra intitolate “Per la vostra e la nostra libertà” al Campo di Marte a San Pietroburgo. Con tali azioni, vogliono ricordare l’importanza del coraggio civile nella lotta per la pace e la difesa delle libertà costituzionali. In un altro caso, gli attivisti di Ivanovo il 10 agosto 2023, anniversario della repressione di una pacifica manifestazione antiguerra nel 1915, tennero un comizio contro la violazione dell’articolo 29 della Costituzione russa, quello che garantisce la libertà di parola. Dopo il comizio fu sepolto simbolicamente un esemplare della Costituzione. Gli attivisti hanno deciso di radunarsi vicino al monumento ogni 29 del mese per richiamare le autorità statali all’applicazione della legge fondamentale.
Alexey Tikhomirov insegna Storia dell’Europa Orientale all’Università di Bielefeld.