L’atto di collaborazione italo-cinese che si è dispiegato sul terreno dell’ormai famosa “Belt and Road Initiative” (Bri), la Nuova Via della Seta è il Memorandum of Understanding (MoU) che regolamenterà la partecipazione dell’Italia alla Bri. La Cina, però, persegue secondi molti non convinti di questo accordo firmato tra Italia e Cina, nei rapporti con gli altri Paesi nell’ambito della Via della Seta, un vero e proprio dominio globale. Persegue cioè una presenza strategica basata su una caratteristica fondamentale: l’integrazione tra componente civile e militare. I porti coinvolti nella Bri saranno sì utilizzati per motivi commerciali, ma allo stesso tempo saranno predisposti con l’organizzazione di punti d’appoggio per la flotta cinese. Una flotta non più limitata alle acque territoriali cinesi, ma di grande proiezione, che comprende la presenza di portaerei e caccia. Questa integrazione la si vede chiaramente nei campi dell’alta tecnologia e dell’innovazione.
Tutta l’agenda cinese sulla sfera Cyber, o sull’AI, sullo spazio, sui robot, parte dall’individuazione di tutte le tecnologie che possano far fare dei salti di qualità e di efficienza al sistema militare. È tutto un sistema integrato, finalizzato a ottenere la superiorità in tutti i campi. Quindi, aver firmato con un gigante che ha queste ambizioni un’intesa politica, noi che siamo dei nanetti al suo confronto, che prevede di adattare la nostra politica estera ai desiderata di Pechino, è semplicemente una follia. Ecco, quanto affermato dai nostri maggiori alleati che non sono d’accordo totalmente su questa operazione, (da capire poi – per taluni – vedi Macron, se non è un rosicare perché Xi Jinping abbia preferito Roma a Parigi o Berlino o Londra per iniziare il viaggio in Europa ed aver fatto accordi per 5miliardi con le nostre aziende). Se è pure vero che siamo uno Stato di diritto, autonomo e libero nelle proprie decisioni, è anche pur vero che facciamo parte di un contesto che ci vede alleati ad altri paesi e soprattutto quali fondatori dell’Europa, ci vede dover ragionare con altre nazioni, che però per primi dovrebbero anche rivedere determinate proprie posizioni (cfr. Francia e Germania), e che pertanto non possono dettare “l’agenda” per le altre Nazioni europee così come stanno facendo ancor oggi.
Indubbiamente c’è da notare però come i primi otto Paesi che hanno aderito alla Via della Seta, in due anni, hanno nettamente peggiorato il loro indebitamento, grazie agli interessi sul debito, alle scadenze non onorate e agli impegni che sono stati costretti a prendere da Pechino, e se è pur vero che si parla di nazioni – tranne il Pakistan – che non hanno proprio un determinato spessore nel contesto mondiale, però hanno subito una forte decrescita. Ecco come sono cambiati i dati sul rapporto debito-Pil per effetto degli investimenti Bri: Laos dal 50 al 70%; Kirghizistan dal 23 al 74%; Maldive dal 39 al 75%; Montenegro dal 10 al 42%; Gibuti dall’80 al 95%; Tagikistan dal 50 all’80%; Mongolia dal 40 al 60%; Pakistan dal 12 al 48%.
Si dice che la Bri porti ricchezza, e invece per ora ha portato solo povertà, ricchezza solo per i cinesi. Poi ci sta l’altro aspetto non meno importante che si chieda, come ha fatto già il Capo dello Stato Mattarella, il rispetto per i diritti umani. La Cina, notoriamente, non viene considerata un modello democratico da imitare. La risposta è stata: “Siamo pronti a parlane”. Risposta diplomatica ma nello stesso tempo “buffa”. Il Paese del Dragone ha un triste primato. È infatti la nazione che esegue più sentenze capitali al mondo. Il numero delle persone condannate ogni anno è così elevato da superare quello di tutti i Paesi in cui esiste la pena di morte messi insieme. I reati che possono essere puniti con la pena capitale sono in tutto 46 e includono tanto i crimini considerati più gravi secondo gli standard internazionali quanto quelli che si possono definire minori. In Cina si può morire per omicidio, ma anche per furto in appartamento; per terrorismo, ma anche per rapina; per stupro, ma anche per falso in bilancio. Rimane tuttavia difficile definire il numero esatto di persone condannate e punite con la morte ogni anno.
Alcuni reati, infatti, sono coperti dal segreto di stato, una misura che rende impossibile quantificare con certezza l’entità del fenomeno. Secondo le stime di Amnesty International, ogni anno in Cina vengono condannate a morte un migliaio di persone e di alcune non si sa più nulla una volta arrestate (cfr. il Presidente dell’Interpol Meng Hongwei, già vice-ministro della pubblica sicurezza della Repubblica Popolare Cinese e membro dell’establishment del Partito Popolare Cinese, rientrato in Cina e sparito nel nulla dal settembre 2018). Nel 2009 l’organizzazione A.I. ha smesso di pubblicare le stime sulla pena di morte a causa delle restrizioni di accesso alle informazioni, che rendono impossibile quantificare con esattezza l’entità del fenomeno.
Le stime che trapelano dalle fonti ufficiali, infatti, sembrano essere significativamente inferiori a quelle reali. Ecco perché l’intensificazione dei rapporti economici con il nostro Paese, in primis, deve passare attraverso la creazione di un contesto quanto più aperto e trasparente possibile, proprio perché ogni vera amicizia esige patti chiari. Nella suadente visione cinese, la futura Via della Seta sarà a doppia direzione di marcia: molte merci arriveranno via mare e molte altre saranno imbarcate sulle navi per l’Oriente. Se così fosse, alla nostra economia verrebbe una boccata di ossigeno, ma è veramente proprio così? Oppure dietro ci sta la magagna?