Un’altra estate sta per giungere al termine, almeno in Germania – tranne in due Land negli altri no – sono riprese già le lezioni scolastiche e quindi possono dirsi concluse le vacanze
Nella “querelle” sull’immigrazione che ha raggiunto toni davvero terribili, con accuse reciproche e fatti drammatici a cui assistiamo giorno dopo giorno bisogna fare una analisi chiara e senza se e senza ma, ed anche se è vero però che poi bisogna anche tener conto delle circostanze in cui le persone si trovano, e agire con buon senso e ragionevolezza facendo i conti con la realtà che spesso è complessa, dovrebbe essere ormai chiaro come il sole che l’obiettivo del capitalismo globalizzato è terzomondizzare l’Europa, deportando masse di nuovi schiavi con cui abbassare i salari e generalizzare la miseria delle classi subalterne. A cominciare da Pio XII, che affronta l’argomento in più occasioni, tutti i pontefici hanno offerto la loro riflessione sul complesso fenomeno dei migranti, che nei cento anni trascorsi ha avuto caratteristiche differenti e che investe problematiche complesse di ordine etico, politico e sociale. Nonostante i pronunciamenti successivi di Benedetto XVI e di Francesco, il fenomeno trova un punto di sintesi nel n. 2241 del Catechismo della Chiesa Cattolica pubblicato nel 1992, che lo inquadra all’interno della visione cristiana e del rispetto dei diritti e della dignità di ogni uomo.
Nella piena consapevolezza di non avere competenze dirette per proporre soluzioni tecniche di natura economico-politica, tuttavia il Catechismo è consapevole che la visione cristiana è in grado di illuminare i temi della realtà sociale al fine di salvaguardare la dignità della persona umana (cfr. Giovanni Paolo II, 1982 e SRS 41), per questo fissa alcuni criteri fondamentali. Uno dei punti è che i flussi migratori devono essere regolati “secondo criteri di equità ed equilibrio” in modo che “gli inserimenti avvengano con le garanzie richieste dalla dignità della persona umana”, al fine di favorire l’integrazione dell’immigrato “nella vita sociale” del Paese che lo accoglie, nell’orizzonte del bene comune. Si tratta infatti di “coniugare l’accoglienza che si deve a tutti gli esseri umani, specie se indigenti, con la valutazione delle condizioni indispensabili per una vita dignitosa e pacifica per gli abitanti originari e per quelli sopraggiunti”; ma è pur vero come affermato da alcuni studiosi del fenomeno che “gli stolti araldi del progressismo acefalo senza coscienza infelice vogliono accogliere e integrare: senza curarsi del fatto che l’immigrazione di massa è un colpo di pistola in fronte alla classe lavoratrice (sia migrante sia stanziale), costretta a subire concorrenza al ribasso. E dire che basterebbe aver letto Carlo Marx per saperlo. Ma le sinistre, si sa, l’hanno abbandonato per la “Signora delle Crusca” che l’unica cosa di cui è stata capace è stato quello di cambiare i termini al femminile (sindaco/a, prefetto/a, ministro/a ecc…ecc..) e per il bardo cosmopolita, che canta le virtù del plusimmigrazionismo glamour dal suo sontuoso attico di New York, cinto da noia patrizia.
Il suo messaggio è reclamizzato dai circuiti mediatici alla stregua delle saponette e dei deodoranti. Gloria e virtù della società dello spettacolo! Ma il bardo plusimmigrazionista non è una vox clamantis nel deserto. Tutt’altro, ed anzi chiede che venga liberalizzata anche la cocaina…. Ecco allora che l’immigrazione di massa voluta dai signori apolidi del sistema global-elitario e delle banche d’affari internazionali (cfr. Finanaza Speculativa – Bilderberg, Tavistock…) deporta in un’Europa scientemente sottoposta al processo di “terzomondizzazione” masse di nuovi schiavi disposti a tutto pur di esistere e privi di coscienza di classe e di memoria dei diritti sociali. In altri termini, mediante le pratiche dell’immigrazione di massa gestite e scatenate dal sistema della produzione capitalistica e dai suoi irresponsabili agenti competitivisti, si dissolve l’idea stessa di popolo come unità coesa nella lingua, nella cultura e nel senso di appartenenza: in suo luogo, subentra una moltitudine sradicata e difforme di individualità reciprocamente idifferenti, quando non ostili, prive di ogni senso di solidarietà e di appartenenza, rapportantisi tra loro secondo le logiche di quel bellum omnium contra omnes che è il piano ideale per la frammentazione del Servo e per la dominazione indisturbata del Signore”.
“In forza dei suddetti processi di deportazione di massa e di terzomondizzazione pianificata, la popolazione europea è sottoposta a un pressante calo demografico e, insieme, è sempre più massicciamente sostituita dalle nuove masse di migranti provenienti dall’Africa. In luogo dei popoli radicati e con memoria storica, con identità culturale e con coscienza mnestica dei conflitti di classe e delle conquiste sociali, prende forma una massa di schiavi post-identitari e senza coscienza di classe, umiliati, strutturalmente instabili, servili e sfruttabili senza impedimenti e a ogni condizione. Da una diversa prospettiva, mediante le pratiche della deportazione di massa che la “neolingua” ha scelto di chiamare “accoglienza” e “integrazione”, il capitale deporta dall’Africa migliaia di nuovi schiavi disposti a tutto e pronti a essere sfruttati illimitatamente, il “materiale umano” ideale per le nuove pratiche dello sfruttamento neo-feudale. Ordunque, dopo anni di urla scomposte intonanti il macabro ritornello “più Europa!”, “più libero mercato!”, “più globalizzazione!”, è giunto il momento del nuovo grido glamour delle sinistre demofobiche al servizio del capitale: “più immigrazione! Più porti aperti! Più terzomondizzazione dell’Italia!”.
La situazione è sempre più tragica e, insieme, sempre meno seria. Se non analizzate secondo lo schema che l’egemonia dell’aristocrazia finanziaria impone, le Ong si rivelano come un potente mezzo per aggirare e scavalcare la sovranità degli Stati e per attuare punto per punto il disegno globalista della classe dominante in cerca del definitivo affrancamento dalla regolamentazione politica degli Stati sovrani nazionali come ultimi fortilizi delle democrazie. Le Ong stanno solo astrattamente dalla parte dell’umanità: in concreto, stanno dalla parte del capitale e dei suoi agenti, di cui tutelano l’interesse. Dietro la filantropia con cui esse dichiarano di agire (diritti umani, democrazia, salvataggi delle vite, ecc.) è stato abbandontemente provato che si nasconde il nudo interesse privato del capitale transnazionale sorosiano.” Ecco allora che la difficoltà o addirittura l’aperto rifiuto a integrarsi nella cultura del Paese di accoglienza, proprio di alcuni gruppi, costituisce dunque un problema oggettivo sul quale è doveroso vigilare. Tale dovere però richiede che il Paese di accoglienza abbia ben chiara la propria identità, per esigere il rispetto dei propri valori culturali, spirituali, sociali e giuridici che lo fondano. Una chiarezza che oggi sembra mancare all’Europa che ha rifiutato di riconoscere le proprie radici cristiane, con conseguenze che, in tema di immigrazione, ma non solo, sono sotto gli occhi di tutti.