Non è soltanto una miniserie televisiva (la mafia uccide solo d’estate) trasmessa alla fine del 2016, ma la strana coincidenza che tanti delitti eccellenti siano stati commessi all’inizio, durante e la fine dell’estate. Come mai i membri di “Cosa Nostra” hanno perpetrato delitti eccellenti in quel periodo? Forse perché era più bassa la guardia? Forse perché le “cosiddette Istituzioni” si riposavano lasciando soli i propri rappresentanti? Ecco allora l’invito che non venga mai meno la memoria di chi è morto per mano violenta e soprattutto di vigliacchi. Sì perché di vigliacchi si tratta, perché buona parte degli omicidi sono stati commessi alle spalle, di chi inerme beveva un caffè o passeggiava in compagnia della moglie o di amici, alcuni morti anch’essi perché testimoni scomodi, o di chi si apprestava a rientrare in casa. Ecco allora che all’appropinquarci di una nuova estate, la 42ma dopo la fine della “prima guerra di mafia e l’inizio della seconda”, e non dobbiamo dimenticare chi – giovane o meno giovane – ha dato la sua vita per uno Stato il più delle volte ingrato, che sapeva solo parlare e discutere e che non ha saputo difendere i suoi “servitori” forse perché lui stesso colluso, non bisogna obliare e bisogna far sì che la “memoria” rimanga viva e vivida. Sono passati anni ed anni da quelle estati calde che hanno visto morire sotto i colpi di pistola, di mitra e di tritolo, tanti servitori della Stato e non solo, di uno Stato che li aveva abbandonati al suo destino e che come ben diceva in una sua omelia il Cardinale di Palermo Salvatore Pappalardo, all’ennesimo funerale di Stato, quello del Generale/Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa: “Mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata” – “Dum ea Romani parant consultantque, iam Saguntum summa vi oppugnabatur”; la frase non è pronunciata dagli ambasciatori di Sagunto per chiedere l’intervento di Roma per respingere l’assedio che nel 219 a.C. il generale Cartaginese Annibale Barca aveva posto alla città, ma è l’amaro commento di Livio alla situazione (cfr. Livio, XXI, 7, 1). Roma tergiversò e dopo otto mesi di combattimenti la città si arrese e Annibale la rase al suolo. Questo attacco fu il casus belli della Seconda guerra punica, un duro atto d’accusa anche da parte del Cardinale di Palermo contro lo Stato nella stagione degli omicidi eccellenti di “cosa nostra”, che però nulla ha sortito se non altre morti negli anni successivi e la cosiddetta “Trattativa Stato-mafia” di cui ancora si parla e che è uno dei misteri più bui della nostra Repubblica, perché ci sono invischiati pezzo dello “Stato” ad Altissimi livelli, di personaggi morti od ancora vivi, ma tutto viene messo a tacere. Ecco allora che raccontare il terrore e insieme la tragica sensazione di assistere ogni giorno ad un barbaro omicidio non deve far venir meno il ricordo dei magistrati uccisi, di poliziotti e carabinieri trucidati nell’adempimento del loro dovere, dei giornalisti e di coloro che erano operanti in un ambiente ad alto rischio e caratterizzato da tradizionale omertà. Pertanto alla vigilia di una nuova estate è giusto ricordare alcuni di questi uomini:
Assassinio: 21 agosto 1977, Giuseppe Russo (49 anni) – Carabiniere.
Assassinio: 21 agosto 1977, Filippo Costa (57 anni) – Insegnante.
Assassinio: 26 gennaio 1979, Mario Francese (54 anni) – Giornalista.
Assassinio: 21 luglio 1979, Boris Giuliano (49 anni) – Polizia di Stato.
Assassinio: 25 settembre 1979, Cesare Terranova (58 anni) – Magistratura.
Assassinio: 6 agosto 1980 Gaetano Costa (64 anni) – Magistratura.
Assassinio: 3 settembre 1982 Carlo Alberto Dalla Chiesa (62 anni) – Carabinieri/Prefetto.
Assassinio: 29 luglio 1983, Rocco Chinnici (58 anni) – Magistratura.
Assassinio: 28 luglio 1985, Beppe Montana (34 anni) – Polizia di Stato.
Assassinio: 6 agosto 1985 Ninni Cassarà (38 anni) – Polizia di Stato.
Assassinio: 6 agosto 1985 Roberto Antiochia (23 anni) – Polizia di Stato.
Assassinio: 23 maggio 1992 Giovanni Falcone (53 anni) – Magistratura.
Assassinio: 19 luglio 1992 Paolo Borsellino (52 anni) – Magistratura.
Assassinio: 15 settembre 1993 Giuseppe Puglisi (56 anni) – Sacerdote/Chiesa.
Senza dimenticare, Natale Mondo (PS), Calogero Zucchetto (PS), Emanuele Basile (CC), Mario D’Aleo (CC), Giuseppe Bommarito (CC), Pietro Morici (CC) e tantissimi altri assassinati dalla mano violenta degli uomini di “Cosa Nostra”.
Tommaso Buscetta “padrino e uomo d’onore di Cosa Nostra” raccontava al giudice Giovanni Falcone che la “Mafia” non esiste, esiste “Cosa Nostra” e che i cosiddetti mafiosi non si chiamano così ma “uomini d’onore”, che poi cosi d’onore non sono se ammazzano e permettono di ammazzare e soprattutto alle spalle ed anche donne e bambini (cfr. assassinio del piccolo Giuseppe Di Matteo). “Cosa nostra” (nel linguaggio comune genericamente detta mafia siciliana o semplicemente mafia) è pertanto una espressione utilizzata per indicare un’organizzazione criminale di tipo mafioso-terroristico presente in Sicilia, in Italia e in più parti del mondo. Questo termine viene oggi utilizzato per riferirsi esclusivamente alla mafia di origine siciliana (ed anche per indicare le sue ramificazioni internazionali, specie negli Stati Uniti d’America, dove viene identificata come Cosa nostra statunitense, sebbene oggi entrambe abbiano diffusione a carattere internazionale), per distinguerla dalle altre associazioni ed organizzazioni mafiose. Ma ciò che accomuna “Cosa nostra” e le altre associazioni mafiose italiane ed internazionali sono i soldi. “Seguite il flusso dei soldi e troverete la mafia, parola di Giovanni Falcone”. Infatti, ad esempio, già nel 1994 viene segnalata la presenza della mafia russa sul territorio degli Stati Uniti, ad Atlanta, e sulla loro collaborazione con Cosa nostra e verso il 1998, la Solntsevskaya bratva o Fratellanza Solncevskaja una potente organizzazione criminale russa di Mosca, può contare su un proprio capo a Roma che coordina gli investimenti della mafia russa in Italia.
Dall’indagine risulta che “rispettabili banchieri occidentali” danno al boss russo Syergyej Mihajlov ‘Mikhas, consigli molto utili su come riciclare il denaro sporco dalla Russia in Europa, in maniera legale. Nel 2008 viene formalizzata la collaborazione fra mafia russa e Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra. Sotto la supervisione della mafia russa sono le aziende agricole italiane, i trasporti delle merci: sia a livello internazionale, sia all’interno del paese. La mafia russa nel mondo conta circa 300.000 persone ed è la terza organizzazione criminale per la sua influenza, dopo l’originale italiana e le reti criminali cinesi. Il 2 ottobre 2012 si viene a sapere delle infiltrazioni della mafia russa nella Repubblica di San Marino e in Emilia-Romagna a carattere predatorio come le estorsioni. Nel mentre il 19 ottobre 2015 per la prima volta in Sicilia presunti membri di un’organizzazione criminale straniera vengono accusati del reato di associazione mafiosa, in particolare viene scoperta la “confraternita nigeriana” dei Black Axe (Mafia nigeriana) che gestisce lo spaccio e la prostituzione nel quartiere Ballarò di Palermo sotto l’egida di Giuseppe Di Giacomo, boss del clan di Porta Nuova, ucciso poi il 12 marzo 2014. Si scopre quindi un’alleanza tra il clan palermitano e l’organizzazione nigeriana.
L’Aisi (l’Agenzia informazioni e sicurezza interna è l’organizzazione di intelligence, delegata alla sicurezza interna della Repubblica Italiana ex Sisde), inoltre, dal 2012 controlla il presunto capo della confraternita Eye Gabriel Ugiagbe, che gestisce i suoi affari criminali da Catania, spostandosi poi in Nord Italia, Austria e Spagna. Le famiglie catanesi ancora non sono né in contrasto né in sodalizio con essi. Da tutto ciò si denota come l’Italia sia ancora punto di riferimento per la delinquenza internazionale, ma senza dimenticare al di là di boss, gregari, affiliati vari e comunque assassini di ogni risma, che dietro ci sono i “colletti bianchi” che invece sono più neri della pece, ma che permettono a questi predatori di essere più pericolosi degli stessi criminali che “uccidono solo d’estate”… e non solo!
I veri predatori sono questi personaggi che, collusi con il malaffare, solo per aumentare il loro potere e la loro ricchezza permettono di calpestare qualsiasi tipo di diritto che moralmente riprovevoli, anche ad altissimi livelli che un “comune mortale” non potrebbe immaginare, hanno permesso e permettono questo fiume di sangue che da anni scorre, sangue che non è solo quello fisico ma anche quello morale che vede strozzati tanti imprenditori soggiacenti a queste situazioni. Oggi, pertanto, non è più tempo di tacere, è tempo di prendere una posizione perché ogni esitazione potrebbe mettere a rischio il vivere quotidiano e la democrazia che come il vivere comune non possono essere valori negoziabili.