Scuola a distanza – L’esperienza di Michela Spagnoli, insegnante di matematica e fisica al liceo bilingue Freiherr-vom-Stein
Dopo aver raccolto l’esperienza di docenti di materie umanistiche sulla scuola a distanza e l’homeschooling in tempo di pandemia, siamo andati a sentire una rappresentante delle materie scientifiche, Michela Spagnoli, insegnante di matematica e fisica in italiano.
Quali sono le fatiche della scuola a distanza?
Per quanto mi riguarda si tratta di uno stress personale che si somma alle difficoltà di vita. Noi siamo praticamente fuori dall’Italia e in più viviamo in una situazione di emergenza. Quindi è stressante proprio la vita quotidiana, e questo si riversa sulla vita lavorativa, aggiungendo stress personale a stress lavorativo.
Per quanto riguarda la mia esperienza in questi mesi di scuola a distanza, troverà da parte mia una posizione un po’ di parte. Sono nel settore scientifico, per me l’innovazione è fondamentale. Quando mi sono laureata in fisica, l’ho fatta attraverso le tecnologie, erano le prime cose innovative nell’ambito dell’informatica. Sono per l’innovazione. Per me quindi l’approccio tecnologico con la lezione a distanza è molto interessante. La tecnologia digitale è un mezzo potentissimo e utilissimo. Ma anche i ragazzi stessi riconoscono questa cosa.
Quando siete andati a lezione a distanza, per Lei utilizzare il portale o la videolezione, è facile e lo ha fatto con piacere?
Mi ha proprio entusiasmata e credo che siano venute fuori lezioni molto belle e quasi mi dispiace che non sia stato fatto un archivio di questo lavoro. Lo scorso anno quando abbiamo cominciato a fare homeschooling non si usava la videoconferenza, ma la lezione era strutturata con l’aiuto di video: veniva dato un input teorico, un video e poi gli esercizi da fare. La sequenza logica della lezione era uguale a quella che veniva fatta in classe.
Da gennaio avete a disponibile una piattaforma ministeriale di videoconferenze. È cambiato il suo modo di fare lezione con la videoconferenza?
Ho concordato la videolezione con le mie colleghe perché loro ritenevano indispensabile l’esercizio dell’italiano, essendo in un liceo bilingue. Ho cominciato a fare videolezioni in piccoli gruppi con interventi di trenta minuti. Significa tre interventi per ogni classe. Fare tre volte la stessa cosa non è facile ma per loro è molto utile, perché faccio un breve intervento di regole ed esempi e loro fanno l’applicazione e vedo che sta riuscendo bene, con chi si collega. E poi è molto bello perché funziona anche l‘interazione, loro mi fanno domande, mi fanno vedere che cosa stanno facendo. Se poi dovessero perdere un incontro per un disguido tecnico o per qualsiasi altro motivo, lo recuperano collegandosi alla lezione dell’altro gruppo. Non ho l’obbligo di usare la piattaforma ministeriale della scuola e non mi sono ancora convertita a usarla, ne uso un’altra che mi dà maggiore potenzialità ed è come se fosse scuola, perché disegno sul video, faccio vedere come se fossimo in classe. Lo sfrutto al massimo.
E come è stato l’impatto per i ragazzi con questo tipo di lezione a distanza, prima con materiale scritto e video e ora con la videoconferenza?
Con le videoconferenze in piccoli gruppi, sette fino a dieci scolari, c’è attenzione per tutti e tutti hanno il loro spazio di intervento anche in mezz’ora di tempo. Mi dispiace che molti non attivino il video e il microfono, non so se volutamente o meno, e questo comunque limita l’interazione. Trovo comunque che i ragazzi siano molto concentrati. Ci sono ragazzi che hanno approfittato di questi strumenti tecnologici e sono molto cresciuti. Ci si lamenta che non ci sia interazione in classe, ma personalmente ritengo che l’interazione in classe non sia sempre positiva perché c’è sempre quello che ride, che scherza, quello che fa il bulletto. Per me è stato riacquistare serenità nell’interazione alunno insegnante, perché non si è bersagliati da tante cose.
Non c’è qualcuno che rimane indietro perché si sente isolato a casa? Come si può fare con loro?
Certamente, quelli che non si sentono aiutati, che si sentono abbandonati, che non hanno il sostegno familiare, quelli dove incide molto il fattore emotivo, hanno maggiore difficoltà. Ma fortunatamente sono veramente pochi gli scolari deboli, forse due per classe. Ci sono poi un paio alunni che non si sono mai collegati, un paio, ma lì temo che ci sia una presa di posizione da parte dei genitori e riguarda tutte le materie. C’è da dire che gli scolari più deboli sono quelli che cominciano a prendere delle scuse pur di non lavorare, ma questi lo fanno anche in classe. In questo caso si contattano i genitori.
C’è qualcosa della lezione a distanza che porterà in quella in presenza. Potrà implementare in classe l’uso di queste tecnologie di cui ha avuto una buona esperienza? Questo lo vedremo in futuro. Se ne parla sia a livello federale ma anche in Italia. Da anni c’è la discussione della lezione con il tablet perché hanno visto che è un altro modo di apprendere e che però ci sono i pro e i contro.