Dilaga lo scandalo del „sofagate“
Nel mezzo della bella Istanbul c’è la Divan Yolu, la via del divano, l’arteria principale che divide il centro storico in due metà, e conduce dalle antiche mura bizantine verso la Sublime Porta, dove due soldati turchi indossanti l’antica uniforme degli giannizzeri stanno ancora di guardia. È anche la stessa via che percorsero le schiere degli invasori turchi, depredando e massacrando, all’assalto di Hagia Sophia, in quello storico 29 maggio 1453. Il divano in questione è quello che viene mostrato ai visitatori del Topkapi, in cui il sultano faceva sedere il gran visir quando lo chiamava a rapporto, mentre lui lo ascoltava solennemente assiso sul suo trono d’oro.
Nella brutta Ankara una via del divano ufficialmente non c’è, e neppure una Sublime Porta: solo qualche pasticceria e qualche hotel con questo nome. Però i cultori della tradizione osmana non hanno dimenticato le loro antiche, gloriose usanze da sbandierare in faccia agli europei, e fra costoro c’è l’attuale presidente Erdoğan. Il crak diplomatico della settimana scorsa sembra però averlo colto di sorpresa, e non sembra che fosse nelle sue intenzioni. Nell’assai meno storica data del 6 aprile 2021 si è svolta nella capitale turca una farsa diplomatica che dovrebbe piuttosto far sorridere, mentre invece ha sollevato innumerevoli reazioni indignate e polemiche.
Da diverso tempo la Turchia si trovava di nuovo in una fase di confrontazione con i paesi europei, e nelle intenzioni la visita della delegazione EU doveva essere un tentativo disperato di trovare un modus vivendi con i turchi (il che fallì all’ultimo imperatore bizantino).
Non ci poteva essere inizio peggiore. Nella sala della riunione la signora Ursula von der Leyen, nella sua qualità di capo della commissione europea, si è vista confinata su un divano a tre metri di distanza da Erdoğan che sedeva in una propria poltrona.
Entrambi i pezzi di mobiliario erano, a quel che sembra, di lussuoso e finissimo artigianato osmano, però il significato di quel gesto di scortesia non poteva sfuggire a Bruxelles, tanto più che poco prima Erdoğan aveva dichiarato l’uscita del suo paese dalla convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, il che ridava mano libera ai papà turchi di picchiare a loro piacimento le mammà turche „per il loro bene“ secondo i precetti del Corano. Ed ecco ora che la signora von der Leyen, ad onta della sua carica, veniva sbolognata su un divanetto laterale perché… era una donna, dopotutto.
All’indignazione generale di Bruxelles ha fatto eco Roma, dove Draghi ha dichiarato pubblicamente che gli dispiaceva moltissimo per l’umiliazione sofferta dalla presidente della Commissione UE, e che Erdoğan era un dittatore di cui si ha bisogno. Ad Ankara non l’hanno mandata giù, ed hanno convocato l’ambasciatore italiano per comunicargli tutte le loro rimostranze: Erdoğan è stato eletto dal popolo, mentre invece Draghi è stato nominato dall’alto, hanno fatto presente.
Il che è vero, ma è altresì vero che anche Mussolini e Hitler furono eletti democraticamente, e che Erdoğan dichiarò a suo tempo che „la democrazia è un treno da cui scendere appena arrivati alla meta“.