Nelle parole di Sergio Mattarella i timori e gli auspici per il nuovo anno
Punto e daccapo. Nonostante il monito del Capo dello Stato, rimarcato con chiarezza nel discorso di fine anno, a mantenere basso il livello di astio e a rifiutare l’insulto e l’intolleranza, il 2019 è cominciato anche peggio di come era finito il 2018. Nei primi giorni del nuovo anno lo scontro tra i protagonisti della politica ha praticamente occupato la scena: sui social, nei comunicati televisivi, nella stampa e quant’altro. Poiché lo scontro riguarda questioni fondamentali della convivenza sociale, anche il nostro giornale non può esimersi dal riportarne gli aspetti salienti.
Il 2018 è finito, in Italia e in Europa, con i discorsi dei capi di Stato e di Governo alle rispettive nazioni. Quello di Sergio Mattarella è stato un discorso pacato e al tempo stesso nitido nei suoi contenuti tutti rivolti ad affermare una idea di nazione molto lontana da quella con cui Matteo Salvini, vero capo politico del governo in carica, sta progressivamente conquistando il consenso degli italiani. Il Presidente ha esordito rimarcando l’importanza del concetto di comunità che si esprime nel “condividere valori, prospettive, diritti e doveri”. Essere comunità significa partecipazione, significa “pensarsi dentro un futuro comune, da costruire insieme, essere rispettosi gli uni degli altri” ha detto Mattarella. Battersi per le proprie idee è giusto, ma nel farlo bisogna “rifiutare l’astio, l’insulto, l’intolleranza, che creano ostilità e timore”.
Sulla stessa lunghezza d’onda il plauso del presidente a tutti i cittadini, e sono milioni, che si adoperano nel campo del volontariato e della solidarietà, e il monito ad evitare “tasse sulla bontà” nei confronti “delle realtà del terzo settore no profit che rappresentano una rete preziosa di solidarietà, realtà che hanno ben chiara la pari dignità di ogni persona”. Pari dignità che è stata espressa anche negli auguri di buon anno rivolti ai “cinque milioni di immigrati che vivono, lavorano, vanno a scuola, praticano sport, nel nostro Paese”.
Parole tanto più opportune e necessarie in quanto relative ad una categoria di persone, quella degli immigrati, che, in Italia come in Europa, è al centro dello scontro politico e che sta cambiando, in Italia come in Europa, il volto e i sentimenti della società. La questione migratoria è certamente complessa e perfino epocale, ma di qui a destabilizzare gli assetti di un intero continente grande e ricco come l’Europa ce ne passa. L’analisi delle cause non può prescindere dalla constatazione della frequente strumentalizzazione che i partiti cosiddetti sovranisti e populisti fanno del fenomeno migratorio.
Proprio nel momento in cui scriviamo nelle acque del Mediterraneo alcune decine di migranti salvati da due navi della ong tedesca Sea Watch, stanno vivendo sulla propria pelle l’incapacità della politica europea di trovare un accordo sulla loro ripartizione tra gli Stati dell’Unione. Per la precisione sono 49 le persone – tra cui “quattro donne e tre bambini di uno, sei e sette anni, e quattro minori non accompagnati” – che dal 22 dicembre scorso attendono di mettere piede sulla terraferma. A dare questi dati è stata Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch Italia. Le persone salvate dalla ong tedesca provengono principalmente da Costa d’Avorio e Nigeria. Prima di riuscire a fare la traversata hanno trascorso mesi di detenzione in Libia. Ora, su quelle navi al largo di Malta, sono praticamente sotto sequestro. La parola è forte, ma ben descrive il carattere paradossale e grottesco del braccio di ferro attualmente in corso. I cui protagonisti sono molteplici. Vediamo chi sono.
In primis c’è Matteo Salvini, ministro dell’Interno e vice premier, che nega il consenso allo sbarco in un porto italiano. Poi ci sono i sindaci di alcune importanti città italiane come, ad esempio, quelli di Palermo e di Napoli. Leoluca Orlando e Luigi de Magistris hanno dato disponibilità ad aprire i porti. Quanto a Leoluca Orlando, va sottolineato il suo rifiuto di applicare alcune norme del cosiddetto decreto Sicurezza voluto da Salvini e recentemente divenuto legge dello Stato. Sulla scia di Orlando anche i presidenti di alcune regioni italiane hanno manifestato l’intenzione di rivolgersi alla Corte Costituzionale per porre quesiti in merito alla costituzionalità della legge. Toscana e Calabria lo hanno già fatto, Emilia Romagna e Piemonte potrebbero seguire a ruota.
Nel tentativo di contenere l’esuberanza di Salvini il vicepremier Luigi Di Maio ha avuto la brillante idea di proporre l’improponibile separazione dei nuclei familiari: “Italia aperta solo a donne e bambini”. Parole retoriche che riflettono il tentativo, peraltro malcelato, più di compiacere elettori e parlamentari del M5S che di trovare una vera soluzione alla situazione. La replica di Salvini – “su questa materia decido io” – ha evidenziato una volta di più le contraddizioni di un governo bicefalo presieduto da un premier, Giuseppe Conte, con bei compiti di rappresentanza, ma privo di potere decisionale.
Questo è il quadro sintetico dello scontro in atto – lo ripetiamo – nel momento in cui scriviamo e cioè domenica 6 gennaio. A latere gli appelli, espressi nella stessa giornata odierna, del medico di bordo della nave Sea Watch 3 Frank Dörner, che ha rimarcato la gravità della situazione, e quello “accorato” di Papa Francesco rivolto con risolutezza e non senza una punta di indignazione ai leader europei.
Ma torniamo al discorso del presidente Mattarella. In esso non poteva mancare il riferimento alla manovra economica varata dal Governo in fretta e furia. E in modi che hanno reso il Parlamento indegno del nome che porta. “La grande compressione dell’esame parlamentare e la mancanza di un opportuno confronto con i corpi sociali richiedono adesso un’attenta verifica dei contenuti del provvedimento”. Altrettanto inevitabile il riferimento all’Europa e in particolare alle elezioni del prossimo maggio per il rinnovo del parlamento europeo “Mi auguro che la campagna elettorale si svolga con serenità e sia l’occasione di un serio confronto sul futuro dell’Europa. La dimensione europea è quella in cui l’Italia ha scelto di investire e di giocare il proprio futuro” ha detto il Presidente.
Il 2019 sarà l’anno dell’Europa. Al di là dei conflitti e degli accordi della politica, la vicenda delle 49 persone in attesa di sbarco è espressione della crisi di valori in cui vive il vecchio continente. E’ probabile che prossime elezioni cambino gli assetti politici e che i nuovi assetti portino a un indebolimento del progetto europeo. Forse persino ad una progressiva disgregazione dell’Unione. Nel resto del mondo le grandi potenze come gli Stati Uniti, la Russia e la Cina non sembrano essere interessate ad avere una Ue forte e stabile, anzi. Il destino dell’Unione è nelle mani dei suoi cittadini e di noi italiani in particolare.
L’augurio è che gli elettori europei comprendano il messaggio contenuto nelle parole dei politici che li rappresentano e sappiano distinguere e scegliere.