I pregiudizi sono duri a morire, così come i luoghi comuni. Questa volta ad usarli è il più quotato settimanale tedesco, lo “Spiegel” che usa la Mafia come metro di giudizio comportamentale degli italiani. Dal giornale Il Deutsch-Italia, diretto da Alessandro Brogani.
A prima vista, sono rimasto in dubbio se sentirmi lusingato o offeso. «Der Sizialianer in uns», il siciliano in noi, leggo sul penultimo numero dello “Spiegel”, è il titolo della rubrica settimanale di Jan Fleischhauer, che non a caso si chiama “Der schwarze Kanal”, il canale nero, come dire che intende andare controcorrente. I tedeschi sono sempre troppo scrupolosi e precisi, sostiene, e hanno reagito con eccessivo masochismo allo scandalo dei gas di scarico truccati dalle loro case automobilistiche. Avremmo dovuto fare come gli italiani, si rammarica, anzi meglio, come un siciliano, una parte per il tutto, e non reagire in attesa che passasse la tempesta.
Il collega Jan non lo scrive apertamente, ma il suo pensiero è evidente: ogni siciliano è un mafioso, se non altro per la mentalità, e tutti gli italiani sono un po’ siciliani. Niente di male, a parte l’onorata società. Anche noi, e non solo noi, pensiamo che tutti i tedeschi siano come i bavaresi, il che per un anseatico come Fleischhauer, 55 anni, è già una grande offesa. Lo so bene perché da palermitano ho vissuto ad Amburgo per sei anni, e mi sono trovato benissimo.
Sinceramente non mi importa, so che contro i luoghi comuni non c’è niente da fare, ma non capisco perché si stia sempre troppo attenti al politically correct, e se critico una ministra incompetente sono subito sospettato di antifemminismo, e si possa dire quel che pare sui siciliani. Nei ristoranti hanno vietato la “cotoletta alla zingara” per non offendere i sinti e i rom, ma trionfa sempre la “pizza alla mafiosa”, menzognera se non altro perché non esiste una pizza alla sicula. Non mi offendo, evito di ordinarla perché è una schifezza inventata da pizzaioli tedeschi.
Il mestiere del bastian contrario per un giornalista è insidioso, se non hai il talento di un Montanelli, di un Fini, o di un Mario Melloni, il non dimenticato (spero) Fortebraccio che firmava sull’”Unità”, scomparso nel giugno dell’’89, e così per pochi mesi non poté assistere alla caduta del “Muro”.
Fleischhauer è stato l’unico giornalista in Germania dopo il disastro della “Costa Concordia” a fare un commento razzista, scrivendo che tutti gli italiani erano degli Schettino. Typisch italienisch essere dei vigliacchi. Ma anche lo “Spiegel” che lo pubblicò non è più quello di una volta. Perde copie e pubblicità, e soprattutto perde in autorevolezza sbandando sulla linea da seguire, tra notizie leggere e articoli seri. Nel numero precedente aveva messo in copertina un “maggiolino” capovolto, con il titolo “Ende Legende”, fine di una leggenda. La VW è più di un’auto, e il simbolo della rinascita tedesca, dopo la guerra. E quello che lo chiamano “Käfer”, scarafaggio, fu esposto all’Albert Museum a Londra come simbolo della Germania, insieme all’elmo chiodato di Bismarck.
Un simbolo della professionalità e dell’affidabilità. Jan scrive che tutti barano sui dati automobilistici, il che è vero, ma solo i tedeschi hanno reagito. I gas di scarico delle Fiat sono peggiori, lui sostiene, ma non se ne preoccupa, e neanche gli italo siculi. Un “commentista” può dire quel che vuole ma non barare sui fatti. I gas della Fiat non sono peggio, almeno a quanto leggo, e c’è una differenza: la VW usava un gadget della Bosch per manipolare le emissioni, non si limitava a una pubblicità menzognera. Ma conta poco: a barare è stato un primo della classe, e in questi casi la reazione è sempre più sdegnata. Non era sempre stato lo “Spiegel” due settimane prima a denunciare in copertina il complotto di tutte le “case” tedesche? Forse il consiglio di Jan era rivolto al suo direttore.
Ma bisogna capirlo. È nato in una famiglia borghese e di sinistra amburghese, ha sofferto per le imposizioni dei genitori sicuri di avere sempre ragione – racconta- da ragazzo e da giovane, fin quando è passato a destra. Adesso scrive libri di successo, come “Unter linken”, tra quelli di sinistra, in cui si vendica degli antichi compagni. Se trionfa Frau Angela è perché i socialdemocratici sono insopportabili.
Si cambia casacca si ha la tendenza a diventare fondamentalista. Dalla sinistra tollerante, magari anche troppo ideologica, come ricorda Jan, alla destra nazionalista. A condannarlo e la “Frankfurter Allgemeine”: «si ha diritto a cambiare idea», scrive, «alla fine Jan non è più solo, ha trovato nuovi amici. Ma a farne le spese è i lettore. A leggere il “canale nero” “Er langweilt sich zu Tode”». Si annoia a morte. E la FAZ non è un quotidiano di sinistra.