Prospettive ingannevoli
L’avvenimento che ha chiuso con un colpo di grancassa il 2019 è stato il risultato delle elezioni in Inghilterra con la vittoria schiacciante di Boris Johnson. Tutte le illusioni dei filoeuropei si sono dissolte ed oramai la Brexit è inevitabile, e sarà l’evento dominante l’inizio del 2020 (Trump a parte).
Cerchiamo di analizzare alcune delle molteplici conseguenze. Per analizzarle a fondo tutte occorrerebbe un comitato di esperti in varie discipline, a noi interessa solo evidenziarne alcune senza pretesa di completezza. Per prima cosa le conseguenze economiche: saranno sicuramente negative da molti punti di vista, ma lo saranno per tutti nella stessa misura.
Gli interessi economici più gravemente colpiti sono quelli dei paesi che avevano maggiori scambi con l’Inghilterra, in prima linea la Germania e l’Olanda (in seconda linea anche la Francia), mentre l’Italia ne verrebbe toccata un po’ di meno.
Ma c’è un altro punto di vista che sembra ancora più rilevante: prima del trattato di Lisbona le decisioni del comitato dei capi di governo doveva venir presa all’unanimità, col risultato che bastava che un paesino solo come Malta o Lussemburgo dicesse di no, e la decisione comunitaria era bloccata.
Il trattato di Lisbona ha introdotto la decisione a maggioranza, senza però abolire del tutto il diritto di veto. Esso resta riservato ad ogni gruppo di paesi che rappresenti, tutto assieme, il 35% della popolazione dell’UE. Con l’andare del tempo si sono venuti differenziando due gruppi di stati contrapposti: il blocco meridionale, comprendente l’Italia, la Francia, la Spagna, la Grecia ecc. che rappresentano il 38% della popolazione dell’UE ed hanno un approccio piuttosto elastico con i problemi economici; e il blocco settentrionale, comprendente la Germania, l’Olanda, l’Inghilterra e i paesi scandinavi, che hanno un approccio molto rigoroso con l’economia e rappresentano il 39% della popolazione dell’UE. Entrambi questi due blocchi contrapposti possono esercitare il veto sulle decisioni della maggioranza dei capi di governo, e di fatto costringerli a trattare con loro.
Ma con l’uscita dell’Inghilterra il blocco settentrionale si riduce al 30% dei restanti cittadini europei, mentre quello meridionale aumenta addirittura al 43%. Risultato: la Germania sarà consegnata con le mani legate alle decisioni maggioritarie, e sarà la gran perdente del Brexit. Lo sarà anche l’Olanda, e questo potrebbe potenziare in maniera decisiva le sue tendenze interne già molto forti ad uscire dalla UE. I Paesi Bassi (Netherlands) sono stati nel corso dei secoli i più legati alla Gran Bretagna sul continente, ed attualmente sono schierati in posizione attendista, ma la “Nexit” potrebbe essere il prossimo evento a sconquassare la UE. E poi c’è la Francia: l’attuale presidente Macron è fortemente di fede europeista, ma la sua base elettorale è stata gravemente erosa dai movimenti dei gilet gialli, ed il suo successore potrebbe essere verosimilmente Marine Le Pen.
La signora è una pasionaria contro l’integrazione europea, antesignana del vecchio slogan gollista di “Europa delle Patrie”. Ultimamente nega di volere una “Frexit”, però pretende in cambio radicali riforme da Bruxelles. Questo, forse, è un obiettivo politico molto più difficile da raggiungere, perché deve mettere d’accordo ben 27 paesi diversi ad accettare proprio quei cambiamenti pretesi dalla Francia e non altri. Invece la “Frexit” sarebbe una decisione unilaterale più facile da prendere, a suo tempo. Il veto posto proprio da queste due nazioni, la Francia e l’Olanda all’ingresso di nuovi membri nella UE, nel caso specifico l’Albania e la Nordmacedonia, è pure un evento nuovo nella storia dell’UE. Per la prima volta si è interrotto un processo di inclusione che sembrava “ovviamente” destinato ad inghiottire tutti i paesi europei.
LA UE ha smesso di espandersi per una propria decisione interna.
Molti considerano un grave errore averci ammesso, a suo tempo, la Bulgaria e la Romania, molti altri sono indignati per le derive autoritarie della Polonia e dell’Ungheria. L’avvicinamento dell’Ucraina alla UE è stato bloccato dall’esterno intervento di Putin che adesso potrebbe approfittarsi dell’impasse con l’Albania e la Nordmacedonia per allargare il suo influsso nella Penisola Balcanica.
Un’ultima osservazione vorremmo fare da un’altra prospettiva: l’evento-Brexit è una conferma dell’imprevedibilità della storia. Il mondo è pieno di narrazioni ciarlatanesche che prendono di prevedere in anticipo degli sviluppi storici, quasi che fossero vie indirizzate ad una meta prefissata. Per decenni ci hanno riempito la testa con l’integrazione europea come un evento storico inevitabile ed irreversibile, e adesso se ne scopre il rovescio. Non è un caso unico: chi si ricorda di quegli intellettuali marxisti che sulla base della “concezione dialettica della storia” prevedevano l’ineluttabile vittoria del comunismo? E di chi ha postulato la “Fine della Storia”? La storia non finisce mai, ed il bello è che essa è sempre aperta a eventi imprevedibili, è proprio questo che la rende così interessante.