Negli schedari consolari italiani, a tutto il 31 ottobre 2020, risultano registrati ben 6 milioni e 240 mila italiani espatriati, il doppio rispetto al 2005. È anche il doppio della popolazione di Roma, un decimo di quella nazionale, e questa è solo la punta dell’iceberg. Nessuno sa quanti siano emigrati non ufficialmente. È comunque un’enormità, di fronte alla quale molti si azzardano a parlare di una “ventunesima regione italiana”. Speriamo che sia solo una metafora, perché non ci piace granché l’idea di un ventunesimo consiglio regionale da mantenere. Questa nuova ondata migratoria è molto diversa da quelle che l’hanno preceduta. Gli emigranti italiani del dopoguerra (e prima) venivano prevalentemente dalle regioni meridionali, ed appartenevano tutti alla fascia di popolazione più povera sia nel senso economico che scolastico. Invece nella nuova emigrazione abbondano anche persone con elevato o elevatissimo grado d’istruzione, e molti di loro provengono anche dal nord.
Questo fenomeno nuovissimo, che viene anche detto “fuga dei cervelli”, è oggetto di diversi studi sociologici, fra cui quello prodotto dal centro di ricerche Idos, finanziato dal Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, il quale centro provvede pure a redigere un annuale Dossier Statistico di Emigrazione. Secondo Idos, dunque, le motivazioni che spingono questa nuova ondata emigratoria sarebbero diversi dalle precedenti. Se ne sono occupati, fra gli altri, il ricercatore e giornalista Leopoldo Nascia assieme a Mario Pianta (professore ordinario di politica economica presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, sede di Firenze) in un saggio sul tema. Alessandro Rosina, docente di demografia presso l’Università presso l’Università Cattolica di Milano, oltre la metà di chi si è trasferito all’estero nel 218 aveva un titolo di studio medio-alto, con un aumento del 45% rispetto ai 5 anni precedenti. Si tratta di una perdita netta che supera le 100mila unità, e riguarda tutti coloro che hanno compiuto questa scelta consapevole perché sentono giustamente il bisogno di venire valorizzati, sia per quel che riguarda la carriera, sia dal punto di vista economico. In Italia li aspetterebbero interminabili anni di lavoro precario senza possibilità né di stabilizzazione né di ascesa professionale. Il loro numero è stimato in ben 14 mila persone di grande preparazione e competenza specifica che sono andate perdute per l’Italia.
E cosa ne è di costoro, una volta cambiato paese? Ebbene, la risposta è consolante, anzi addirittura entusiasmante: nelle università, negli istituti di ricerca, nelle industrie di avanguardia e nelle diverse istituzioni pubbliche all’estero abbondano questi italiani che hanno saputo farsi strada con le loro capacità individuali, senza alcun appoggio o “raccomandazione”. Quella carriera che la Patria matrigna ha negato loro, l’hanno compiuta splendidamente all’estero. La loro presenza eccellente risalta non solo nei paesi dell’Europa Centrale e settentrionale, ma anche negli Stati Uniti e in Canada, in Argentina, in Brasile, Venezuela, in Cina e perfino in Sudafrica. Per quel che riguarda la Germania, il nostro giornale aveva incominciato ad occuparsene sistematicamente, ed in futuro speriamo di poter proseguire nelle nostre interviste con i nostri concittadini che ce l’hanno fatta.
Recentemente abbiamo fatto conoscenza con uno di loro: il professor Luciano Rezzolla, milanese, ordinario di cosmologia relativistica presso la Goethe-Universität di Francoforte e direttore del locale Istituto di Fisica Teorica, nonché Andrews Professor of Astronomy al Trinity College di Dublino, membro del comitato scientifico del progetto Event Horizon Telescopy, grazie al quale nel 2019 si è ottenuta la prima fotografia di un buco nero. Ebbene, questo superaccademico non ha mai fatto carriera in una qualsiasi università italiana. Ultimamente però ha scritto nella lingua madre un libro di divulgazione scientifica intitolato “L’irresistibile attrazione della gravità” (Rizzoli Ed.) che rende accessibile a tutti il mistero cosmico dei buchi neri, ed è senz’altro consigliato a chi voglia tenersi aggiornato su questo argomento che appassiona l’opinione pubblica, senza correre il rischio di cadere in dilettantesche approssimazioni.